ROMA - Caro-Ici sulle seconde case, mentre frena la crescita delle tasse locali. In oltre il 70% dei capoluoghi di provincia l'aliquota scelta dal Comune per l'imposta comunale sugli immobili nel 2009 è quella massima, il 7 per mille. Aliquota al top da Roma a Firenze, da Caltanissetta a Treviso. L'aliquota Ici più bassa, sempre per le case di non abitazione, c'è solo ad Aosta che ha optato per quella minima, il 4 per mille. Le aliquote Ici adottate dai comuni per il 2009 sono rintracciabili nella banca dati dell'Ifel, l'Istituto per la Finanza e l'Economia Locale, la fondazione dell'Anci che si occupa della finanza sul territorio. L'imposta comunale sugli immobili non esiste più sulla casa di abitazione, fatta eccezione per ville e appartamenti signorili, ma resta comunque la prima tassa sulla casa. Il gettito Ici vale infatti il 21%, la quota più consistente, dei 40 miliardi di euro di tasse legati alla casa, complessivamente incassati nel 2008. I comuni dunque puntano proprio sulle seconde case o su quelle date in affitto per fare cassa. Per questo il 70,9% dei capoluoghi ha un'aliquota Ici al valore massimo, il 7 per mille. E in ogni caso l'aliquota ordinaria media è al 6,7 per mille perché molti sono i comuni che hanno scelto un livello tra il 6 e il 6,9 per mille. A parte Aosta, dunque, nessuna città tassa la seconda casa con l'aliquota minima del 4 per mille.
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