domenica 11 ottobre 2009

Una informativa salvò Di Pietro ma non Borsellino. Perché giunse in ritardo? E perché di questo episodio non s’è mai saputo nulla?

Perché Antonio Di Pietro ricevette la nota informativa dei carabinieri del Ros solo dopo che Paolo Borsellino era stato ucciso in Via D’Amelio? E perché questa circostanza, assai importante, viene furi soltanto ora e per giunta nel corso di un programma televisivo, Annozero? Se Borsellino avesse saputo di essere nel mirino della mafia, si sarebbe potuto salvare? Quando partì la nota informativa e quanto tempo occorse perché arrivasse a destinazione? Questi interrogativi, senza risposta, fanno danzare i fantasmi dell’estate del ’92 nel cielo plumbeo delle ambiguità, una una Palermo che era diventata una specie di Casablanca, fronte avanzato di una guerra combatuta dagli infiltrati piuttosto che dai nemici. Non sappiamo se Paolo Borsellino avrebbe potuto sfuggire aa Cosa Nostra, sappiamo tuttavia, per l’ammissione di Di Pietro che appena pervenuta l’informativa, la stessa notte, Di Pietro e la moglie lasciarono Palermo e fecero un volo durato 23 ore alla volta della Costarica, dopo un viaggio lungo e faticoso, compiuto in modo da fare perdere le tracce ad eventuali inseguitori. Sappiamo anche che i luoghi più familiari a Paolo Borsellino, come l’abitazione della madre, in Via D’Amelio non erano sorvegliati, nonostante il magistrato avesse l’abitudine, almeno una volta la settimana, forse più, di andare a trovare la madre. L’auto imbottita diu tritolo, anche questo è noto, rimase a lungo nei pressi dell’ingresso dello stabile senza che fosse controllata da alcuno. Sappiamo in definitiva che le misure di sicurezza prese per salvaguardare l’incolumità del magistrato erano inadeguate ai limiti dell’incoscienza. Eppure Paolo Borsellino era il depositario di tutti, proprio tutti, i segreti di Giovanni Falcone, il suo confidente ed amico di sempre, e colui che si accingeva ad assumere il ruolo di capo dell’intelligence antimafia italiana. Ma non è finita: Paolo Borsellino era venuto a conoscenza, per il tramite di Liliana Ferraro, la collaboratrice di Giovanni Falcone presso il Ministero della Giustizia, che era in corso una trattativa fra corpi dello Stato – due ufficiali dei carabinieri – e Cosa nostra all’indomani della strage di Capaci. Circostanza questa, tuttavia, che i carabinieri correggono, affermando che non si trattasse di una trattativa (ma poi tale divenne, di fatto) ma di un tentativo di trovare i colpevoli servendosi di un personaggio disposto a collaborare, l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino.
Continua ...
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronaca/66879/informativa-salv-pietro-borsellino-perch-giunse-ritardo-perch-questo-episodio-saputo-nulla.htm

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