Dalla seconda metà degli anni Ottanta diversi lavori si sono posti l’obiettivo di elaborare serie storiche di lungo periodo del debito pubblico italiano. Tuttavia è solo nel decennio successivo, con riferimento ai requisiti necessari alla partecipazione all’Unione monetaria, che tali elaborati abbandonano la finalità di mera ricerca per assumere il ruolo di strumenti di pianificazione delle politiche di bilancio. Il presente contributo si basa in larga parte sullo studio Francese-Pace (2008), disponibile sul sito della Banca d'Italia e aggiornato con cadenza mensile. Tale ricostruzione evidenzia un valore del passivo in media superiore con riferimento sia al valore nominale del debito sia alla sua incidenza sul prodotto.
L’Italia è stata ed è un paese con un debito pubblico elevato: su 147 osservazioni l’incidenza del debito delle Amministrazioni pubbliche sul PIL è stata superiore al 100% in 53 casi e il 60% in 108. Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, caratterizzato dal miracolo economico e da un peso del debito in media ben al di sotto del 35%, rappresenta un’eccezione.
La ricostruzione del debito pubblico italiano comincia dal 1861, quando dopo l’unificazione del Paesevenne istituito il Gran libro del debito pubblico dove vennero fatte confluire le passività degli Stati che avevano formato lo Stato unitario. Sono così evidenziabili quattro fasi di accumulo del debito: la prima lungo tutta la seconda parte del XIX secolo, con un massimo assoluto a cavallo degli anniNovanta (121,8% nel 1994); la seconda e la terza (i cui massimi sono rispettivamente collocabili nel 1920 e nel 1943) connesse con le due guerre mondiali; la quarta avviata dopo il minimo registrato nelbiennio 1963-64 e che ha toccato il suo culmine negli anni Ottanta, quando l’incidenza del debito pubblico si riportò su livelli analoghi a quelli di fine Ottocento.
Saltano subito all'occhio i due episodi di repentino aggiustamento seguiti ai conflitti mondiali, in controtendenza con la massima d'esperienza secondo cui la partecipazione ad operazioni belliche comporta normalmente un'impennata dell'indebitamento. La scomposizione del debito fra interno ed estero aiuta a spiegare le dinamiche sottostanti a questa apparente contraddizione. Negli anni che seguirono la Prima Guerra Mondiale, la consistente riduzione del debito estero prebellico fu in gran parte dovuta al condono degli ingenti prestiti vantati da Stati Uniti e Regno Unito, potenze vincitrici. Nel caso della Seconda, invece, il crollo del debito osservato sul finire degli anni Quaranta avvenne in conseguenza dell’elevatissima inflazione, in un periodo in cui il passivo era quasi integralmente interno e dunque valutato in lire.
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