lunedì 1 agosto 2011

"Pozzi per l'estrazione di petrolio nel Canale di Sicilia": nuova minaccia ambientale per la nostra regione?

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(Matteo Scirè) Dopo il piano rifiuti della Regione siciliana voluto da Cuffaro, che prevedeva la costruzione di quattro megainceneritori, e il piano nucleare dell’attuale governo nazionale, che prevedeva la costruzione di una centrale nucleare, sull’Isola incombe un’altra minaccia ambientale: la realizzazione di 12 nuovi pozzi per l’estrazione di petrolio nel Canale di Sicilia.

È questo il numero delle autorizzazioni date per la ricerca di idrocarburi in Sicilia, riportato dal Rapporto di Legambiente “Un mare di trivelle”. L’Isola, come del resto molti altre parti del Paese, è diventata meta di una nuova corsa all’oro nero da parte delle grandi multinazionali del petrolio, grazie alle più che vantaggiose condizioni economiche stabilite dalla legge italiana. Basti pensare che il canone di concessione annuale è di 5 euro per Km2, una cifra davvero ridicola. Ma ancor più ridicola è la percentuale della royalty nel nostro Paese, ovvero l’indennizzo che le compagnie devono versare ai territori, pari al 4%, contro l’85% della Libia e l’80% della Norvegia, solo per citarne alcune. E non finisce qui, perché sono esenti dal pagamento della royalty i primi 300 barili estratti ogni anno e per ogni giacimento. Lo stesso dicasi per l’estrazione del gas, per cui la percentuale della royalty sale di appena 3 punti, al 7%, da cui sono esenti i primi 170 milioni di piedi cubi estratti per ogni anno e per ogni giacimento.
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