Radioattività, turni massacranti, letti di piombo. Parla Kazuma Yakota, uno dei 500 uomini impegnati a spegnere la centrale nucleare danneggiata dal sisma e dallo tsunami dell'11 marzo
dal nostro inviato PIETRO DEL REInfagottato nella sua ingombrante tuta di protezione bianca, l'omino Michelin con gli occhi ad asola ha la voce stanca. "No, la radioattività non mi spaventa", dice. "Ma ciò di cui avrei più bisogno è una buona notte di sonno". Kazuma Yakota, 39 anni, tossisce spesso, con tosse stizzosa, forse per via della polvere venefica che respira da un paio di settimane, da quando assieme a qualche centinaio di uomini è al lavoro nella centrale di Fukushima nel tentativo di impedire che la catastrofe nucleare in corso assuma proporzioni bibliche. "Vorrei anche che ci fornissero dei cibi caldi: non ne possiamo più delle barrette energetiche e dello scatolame". Come ogni vero eroe, Yakota non si lamenta dell'essenziale, ossia del pericolo che corre esponendosi a forti dosi di sostanze contaminanti. Chiede soltanto piccole cose, accessorie all'attività che svolge, come una cena decente e un materasso per riposarsi dopo la fatica. "Spero che le mie richieste siano ascoltate e che siano presi provvedimenti il prima possibile".
Signor Yakota, lei dirige le squadre di sicurezza dell'impianto danneggiato dal doppio cataclisma dell'11 marzo. Ma dove vi rifugiate una volta finito il turno di lavoro?
"Dormiamo in un edificio di due piani all'interno della centrale stessa, che è stato appositamente costruito lo scorso luglio per resistere alle radiazioni. È qui che abbiamo stabilito il nostro quartier generale".
Continua ...
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