La religione è una forza in espansione nel risveglio del mondo arabo. I paesioccidentali devono mantenere i nervi saldi e confidare nella democrazia. Lo dice l’Economist.
Nasce una generazione di nuovi idealisti, ispirati dalla democrazia, uniti da Facebook e desiderosi di aprirsi al mondo. Sono loro che stanno mandando via i tiranni vecchie e corrotti. InTunisia e in Egitto le cose sono andate per il loro verso, mentre in Libia, Siria e Yemen i dittatori restano ancorati al potere, con diversi gradi di possibilità di avere successo nell’impresa. Lo dice l’Economist che, nel numero in uscita sabato, propone una riflessione sul mondo arabo, che con piacere vi riportiamo. Osserva anche come ciò spaventi gli osservatori internazionali. Soprattutto gli americani, che dall’11 settembre 2001 guardano con grande sospetto il mondo arabo.
VICINI ALL’OCCIDENTE - All’inizio queste rivoluzioni sembravano non trarre particolare forza da istanze religiose, ma ora, sia tra gli arabi che tra gli occidentali si fa strada un nuovo timore, e cioè che le rivoluzioni siano in qualche modo veicolate dall’Islamismo e che i fondamentalisti cerchino di instaurare regimi simile a quello che in Pakistan negli scorsi quattro anni ha prodotto 30.000 morti. In Libia la situazione è quanto mai incerta, poiché c’è una certa parità di numeri tra liberali e fondamentalisti, per cui, sconfitto Gheddafi, restano molti dubbi sull’esito politico della rivoluzione. Anche l’Egitto si trova in una situazione analoga, e il referendum costituzionale tenutosi la settimana scorsa ha dato ragione ai Fratelli Mussulmani. Il regime di Mubarak, così come quello del siriano Assad, ora in grandissima difficoltà, sono stati a lungo vicini all’Occidente, troppo vicini perché non ci sia ora un desiderio di rivincita. O almeno è ciò che teme l’Occidente.
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http://www.giornalettismo.com/archives/119873/quanto-pesa-lislam-sulla-rivoluzione-araba/
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