Un'altalena di sangue in mezzo al deserto. L'Alleanza vuole logorare i lealisti. Numerosi i morti: gli insorti non hanno ancora imparato a proteggersi. Le parti si battono intorno alle stesse località, perdendo o guadagnando pochi chilometridi BERNARDO VALLI
BENGASI - Armare o non armare i ribelli, questo è il dilemma. A Washington e a Parigi se lo pongono con la calma imposta alle grandi diplomazie. Qui, dove gli eventi si succedono travolgendo i ragionamenti razionali, il problema assume un'urgenza angosciante. Le truppe di Gheddafi hanno recuperato in poche ore quasi tutto il terreno che avevano perduto durante il week-end. Le avevo lasciate due giorni fa a 600 chilometri, in prossimità di Bin Jawad, sulla strada per Tripoli, e adesso li ritrovo alle porte di Ajdabiya, a un'ora e mezza d'automobile da Bengasi. Dove è ritornata la paura.
E' un'altalena sanguinosa. I morti ieri sono stati numerosi. Le truppe di Gheddafi hanno imparato a usare l'artiglieria mentre gli shabab non hanno ancora imparato a proteggersi. E hanno perduto per una sola scarica di katiusha 25 uomini, in prossimità del centro petrolifero di Ras Lanuf. I due schieramenti si alternano, nelle ritirate precipitose e nelle avanzate trionfanti ma effimere. Ora battono in ritirata i ribelli che due giorni fa avanzavano trionfanti, sicuri di conquistare la Sirte, la provincia natale di Gheddafi, trampolino strategico verso Tripoli. La situazione si è capovolta in un batter d'occhio.
La controffensiva dei gheddafisti ha messo in fuga i ribelli, la cui ritirata ha riportato l'inquietudine a Bengasi, dove gruppi di shabab si sono assiepati alle porte della città, come se fossero già impegnate a proteggersi da un assedio.
Continua ...
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