mercoledì 4 maggio 2011

E il presidente disse "L'abbiamo preso"

di VITTORIO ZUCCONI
Nel film che rivedremo per i decenni a venire, il presidente, il protagonista di questo "Kill Bin", indossa un giubbottino di cotone blu, come un qualsiasi americano nella domenica del baseball. Un americano tranquillo, pronto per tagliare l'erba nel prato o per lanciare l'operazione militare a diecimila chilometri di distanza che potrebbe distruggere la sua vita politica per sempre o uccidere il nemico pubblico numero uno dell'America. Sono passate due ore da quando ha pronunciato nel mattino le quattro parole fatali: "It's a go". Si va.
"Contatto visivo" rimbomba la voce di Leon Panetta, il direttore della Cia, dagli altoparlanti della Situation Room nei sotterranei della West Wing, in quell'ala ovest della Casa Bianca che ci sembra di avere visitato di persona mille volte, perché sempre l'America somiglia ai propri film e i film raccontano l'America. Panetta è il telecronista, il dj, il Virgilio di questa tragedia che scuoterà il mondo.
Panetta è collegato dal settimo piano del palazzo della Cia, un chilometro in linea d'aria sull'altra riva del fiume Potomac. Sugli schermi davanti agli occhi sbarrati di Obama, del suo vice Joe Biden, del ministro della Difesa Bob Gates, del generale Marshall Webb in uniforme e crosta di nastrini che smanetta al suo Pc portatile, di Hillary Clinton in giacca sportiva che si copre la bocca con la mano, nel gesto di una madre che vede il proprio figlio attraversare la strada nel traffico e dietro di lei, piccolina sullo sfondo fra tanti maschi, l'unica altra donna, Audrey Thomasson, capo dell'ufficio antiterrorismo. "Visual", confermano i tecnici della Casa Bianca e un triangolo di diecimila chilometri, fra la Cia, la Situation Room e il fortino di Bin Laden in Pakistan si chiude attraverso le web cam, le minicamere agganciate agli elmetti dei commando della Marina rimbalzando dai satelliti spia.
Continua ...

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