L'inferno è sempre altrove. Parliamo di cave, del loro sfruttamento, della loro trasformazione in discariche? Ebbene, queste cose si fanno a Carrara, dove da secoli si estraggono i pregiati marmi e pazienza se le ditte di cavatori, oltre i blocchi, portano a valle anche le scaglie di marmo che servono a produrre il carbonato di calcio. Così il traffico è balzato da 200 a migliaia di camion che ogni giorno rendono l'aria irrespirabile ai cittadini per via delle polveri rilasciate durante la movimentazione. Queste cose si fanno a Caserta, sui colli Tifatini, dove «la zona è stata dichiarata altamente critica e la magistratura è dovuta intervenire sui mancati ripristini e i mancati controlli sulle escavazioni abusive». Queste cose si fanno in Campania, dove la camorra è riuscita ad arricchirsi negli anni Novanta proprio grazie al business dei rifiuti, da interrare in decine di cave abusive. Poi, poco alla volta, dall'inchiesta di Bernardo Jovine per «Report» di Milena Gabanelli si scopre che queste cose si fanno anche in Piemonte e in Lombardia e che l'inferno non è mai altrove.
In Piemonte le cave sono concentrate tra la provincia di Biella e quella di Vercelli, e dove, nonostante siano una zona dove avviene il ricambio delle acque della falda, si permette di scavare fino a 50 metri di profondità per estrarre ghiaia e sabbia. A Brescia molte cave sono state trasformate in discariche e la popolazione, quando si accorge della telecamera di «Report», si raduna in piazza per chiedere giustizia. A Varese è stata riaperta una cava abusiva, quella di Cantello, una collina destinata a sparire, dove sotto però c'è la riserva d'acqua dell'intera città di Varese.
Le cave rendono qualcosa come un miliardo e 753 milioni, ma agli enti locali vanno solo le briciole: 53 milioni. Le Regioni latitano e la razione settimanale di indignazione, somministrata da «Report», aumenta.
Forse la Terra è l'inferno di un altro pianeta.
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