giovedì 11 settembre 2008

AFGHANISTAN: SETTE ANNI DOPO LA CACCIATA DEI TALEBANI

In Afghanistan, il vertiginoso aumento del livello di scontro registrato negli ultimi mesi sta mettendo a dura prova le forze della coalizione internazionale. Dalla fine dello scorso anno le milizie talebane hanno cambiato strategia e alla guerra aperta hanno preferito il terrorismo usato dalla guerriglia irachena: più snervante, più efficace e meno rischioso. La scelta é dovuta soprattutto alla schiacciante supremazia dimostrata in precedenza dalle Forze della Nato e dai paesi che partecipano alla missione, ai mezzi a disposizione, alla loro potenza di fuoco e alla capacità operativa. Tutti fattori che avrebbero portato le milizie ad evitare il combattimento diretto in favore di una strategia basata su azioni clamorose, sull’uso massiccio di ordigni esplosivi improvvisati (più comunemente conosciuti come IED o Improvised Explosive Device), di bombe piazzate sul ciglio delle strade, di attacchi suicidi e rapide sortite. I successi ottenuti dalla guerriglia stanno determinato la reazione delle truppe della coalizione, che in questo modo si espone al rischio di errori tattici ed operativi; si conta un elevato numero di perdite e una crescente percentuale di “danni collaterali”, leggasi vittime civili che pagano con la vita tragici errori di valutazione. A sette anni dalla cacciata del regime talebano la popolazione afgana inizia a considerare le truppe straniere come una sorta di esercito di occupazione, un esercito da combattere cosi come furono combattuti i sovietici negli anni Ottanta.
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