martedì 24 gennaio 2012

Pakistan, corteo anti-Usa a Islamabad (immagini)

Pakistan, corteo anti-Usa a Islamabad (immagini)
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Stati Uniti: Onu e Guantanamo, “delusione” per mancata chiusura e impunità


Stati Uniti: Onu e Guantanamo, “delusione” per mancata chiusura e impunità
GINEVRA-“Profonda delusione” per il fatto che il governo degli Stati Uniti d’America non sia ancora riuscito a chiudere la struttura detentiva della baia di Guantanamo è stata espressa dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay. In una nota la Pillay ha espresso delusione per quello che viene definito un “radicato sistema di detenzione arbitraria” e si è detta “disturbata” dal fallimento nel garantire che i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani, compresa la tortura, commessi in quel posto siano chiamati a rispondere dei propri atti. “Sono passati dieci anni da quando il governo americano ha aperto il carcere di Guantanamo, e ne sono passati tre dal 22 gennaio 2009, quando il Presidente Obama ne ha ordinato la chiusura entro dodici mesi. Eppure, l’impianto continua ad esistere e ci sono individui che restano arbitrariamente detenuti – a tempo indeterminato – li dentro in chiara violazione del diritto internazionale ” ha detto l’Alto Commissario. “A peggiorare le cose – prosegue Navi Pillay – il nuovo National Defense Authorization Act, trasformato in legge nel dicembre del 2011, che ora codifica in modo efficace tale detenzione militare a tempo indeterminato senza accusa né processo. Questa legge viola alcuni dei principi fondamentali della giustizia e dei diritti umani, cioè il diritto a un processo equo e il diritto a non essere arbitrariamente detenuti. Nessuno dovrebbe mai essere incarcerato per anni e anni senza essere processato, condannato o rilasciato”. Pur riconoscendo il diritto-dovere degli Stati di proteggere il loro popolo, la Pillay ha ricordato agli Stati Uniti gli obblighi a cui sono chiamati a rispondere sulla base del diritto internazionale e del diritto umanitario internazionale: “bisogna garantire che le persone private della libertà possano contare su una verifica della legalità del loro arresto di fronte a un Tribunale. Dove esistono prove credibili nei confronti dei detenuti di Guantanamo, questi dovrebbero essere accusati e perseguiti. In caso contrario, devono essere rilasciati”. La Pillay ha poi ribadito con forza il dovere per il governo di Washington di indagare le denunce di tortura e maltrattamenti presentate da ex-detenuti o associazioni per la Difesa dei diritti umani e si è detta infastidita dalla mancata concessione del governo di consentire che esperti indipendenti dei diritti umani monitorassero le condizioni di detenzione all’interno di Guantanamo. In conclusione della nota diffusa ieri alla stampa, vengono riportati due articoli (il 2 e il 12) della Convenzione contro la tortura, ratificata dagli Stati Uniti nel 1994. Nell’articolo 2 si afferma: “nessuna circostanza eccezionale, sia uno stato di guerra o una minaccia di guerra, l’instabilità politica interna o qualsiasi altra emergenza pubblica, può essere invocata come giustificazione della tortura”.

Siria: Mosca ribadisce continuazione cooperazioni militari


Siria: Mosca ribadisce continuazione cooperazioni militari
MOSCA - La Russia ha tutto il diritto di mantenere una collaborazione militare e tecnologica su vasta scala con la Siria, visto che non ci sono sanzioni internazionali che la vietino.
A ribadire che Mosca non ha intenzione di ridurre i suoi rapporti con il governo di Damasco, nonostante le pressioni internazionali, e' stato il vice direttore del servizio federale russo per la Cooperazione tecnologica, Alexandr Fomin. "La Siria e' un Paese sovrano - ha spiegato - e ogni contratto che e' stato o verra' firmato e' legittimo e non viola alcun obbligo internazionale".

Libia - non abbiamo mezzi per controllare immigrazione verso Europa


Libia - non abbiamo mezzi per controllare immigrazione verso Europa
TRIPOLI - La Libia sta affrontando problemi enormi e non e' piu' in grado di controllare l'affluenza di migliaia di immigrati clandestini verso i paesi europei. Il monito viene dal ministro dell'Interno, Fawzi Abdelali, secondo il quale ''la Libia ha bisogno di molti mezzi per controllare l'immigrazione'' e ''non sara' piu' la guardia di frontiera dell'Europa''.

Genocidio armeno: Erdogan, legge francese ‘discriminatoria e razzista’


Genocidio armeno: Erdogan, legge francese ‘discriminatoria e razzista’
ANKARA - Il premier turco Tayyip Erdogan ha bocciato, definendola "discriminatoria e razzista", la legge approvata dal Senato francese che rende illegale negare il genocidio degli armeni, compiuto un secolo fa dai turchi ottomani. Erdogan ha detto oggi, martedì, che la Turchia inasprirà le misure contro la Francia, Paese membro della Nato, "passo dopo passo". Dopo l'approvazione della legge francese ieri al Senato la Turchia ha minacciato una "rottura totale" dei rapporti diplomatici. La Camera aveva approvato il testo a dicembre, spingendo Ankara a cancellare tutti gli incontri economici, politici e militari con Parigi e a richiamare il proprio ambasciatore per consultazioni. L'ultimo passaggio sarà la ratifica da parte del presidente Nicolas Sarkozy. La Turchia sostiene che la legge sia un tentativo di Sarkozy di ottenere il consenso elettorale delle 500.000 persone di origine armena residenti in Francia alle presidenziali di aprile e maggio. La Turchia ha inoltre ricordato che anche la Francia ne sa’ qualcosa di genocidi considerato il suo passato coloniale in Algeria.

Sanzioni all’Iran: BP inganna Ue e investe in petrolio Iran


Sanzioni all’Iran: BP inganna Ue e investe in petrolio Iran
TEHERAN – Nonostante le apparenti sanzioni al petrolio iraniano ed all’industria energetica, approvate lunedì dall’Ue, che danneggiano soprattutto Italia, Spagna e Grecia, la compagnia britannica BP investe in un progetto iraniano grazie ad una “esenzione” dall’embargo accordatogli dagli Stati Uniti.Secondo la rete Press TV, la BP, non ha infatti rinunciato al progetto di Shah Deniz(nella foto), del valore di 20 miliardi di dollari e nel Mar Caspio, progetto che per il 10% appartiene all’Iran. La BP, infatti, avrebbe ottenuto dagli Usa una “esenzione” dall’embargo contro l’Iran per poter continuare a lavorare nel proficuo mercato iraniano. L’embargo approvato dall’Ue, a questo punto, appare solo una via per penalizzare l’attività di alcuni paesi come Italia, Spagna e Grecia ed invece evitare che vengano danneggiate le economie di vicini alleati degli Usa come la Gran Bretagna.

Iran, embargo su petrolio servira' solo ai politici Usa e Ue


Iran, embargo su petrolio servira' solo ai politici Usa e Ue
TEHERAN - L’embargo petrolifero varato dall’Ue contro l'Iran non avra' effetti sull’economia iraniana: ad affermarlo sono stati alcuni parlamentari iraniani."L’imposizione di sanzioni petrolifere contro l’Iran servira’ soltanto ai politici americani ed europei. Non avra' alcun effetto sull’economia iraniana", ha dichiarato all’agenzia Fars News, Ali Adyani, membro della Commissione Energia del Parlamento di Teheran, aggiungendo che l’embargo fara’ alzare i prezzi del greggio. Le misure Ue, secondo un altro deputato, Hassan Shabanpour, sono solo “propaganda, anche perche’ l’Arabia Saudita non sara' in grado di sopperire al mancato afflusso del petrolio iracheno". L'ex ministro dell’Intelligence, Ali Fallahian, ha proposto di reagire all’embargo bloccando subito le esportazioni in Europa, prima che i Ventisette trovino fornitori alternativi. La mossa metterebbe in difficolta' gli europei che hanno contratti in essere e, in base alle decisione dell’Ue, tempo sei mesi per trovare soluzioni alternative. Questa proposta, ha osservato l’ex ministro, “ostacolerebbe i piani europei di imporre sanzioni”.

Iran: inutili sanzioni Ue, chiudere Hormuz è nostro diritto


Iran: inutili sanzioni Ue, chiudere Hormuz è nostro diritto
TEHERAN - Iran minimizza le sanzioni decise dall'Unione europea sulle importazioni petrolifere dall'Iran, sostenendo che saranno inutili e che sarà molto facile trovare altri acquirenti. Oggi alcuni deputati iraniani hanno messo in guardia sulla chiusura dello Stretto di Hormuz.
Il ministro dell'intelligence iraniana, Heidar Moslehi, sull'embargo al petrolio del suo Paese ha dichiarato all'agenzia Irna che l'economia mondiale è talmente diversificata da rendere le sanzioni inefficaci e ha aggiunto che le sanzioni hanno al contrario portato benefici al Paese. Anche il direttore degli affari internazionali della National Iranian Oil Co (Nioc) e alto funzionario del ministero del Petrolio iraniano, Mohsen Qamsari, ha sminuito l'utilità delle sanzioni. "L'Iran - ha detto - può facilmente trovare altri acquirenti per il proprio petrolio". Ha aggiunto, citato dall'agenzia Mehr: "La Nioc ha adottato le misure necessarie per rimpiazzare le proprie esportazioni di petrolio per il 2012".

India: oro in cambio del petrolio iraniano per non usare il dollaro


India: oro in cambio del petrolio iraniano per non usare il dollaro
NUOVA DELHI – L’agenzia Russia Today ha riferito che le autorità indiane avrebbero intenzione di proporre all’Iran di pagare in oro il petrolio acquistato da questo paese. Russia Today che ha preso a sua volta la notizia dal sito filo-sionista DEBKAfile spiega che pure Cina, Corea del Sud e Giappone potrebbero optare per questa soluzione per ricevere sempre più fornimenti di petrolio iraniano, ora disponibile per via dell’embargo imposto dall’Ue al greggio dell’Iran, che lascia libero il 18% del greggio iraniano. Anche il Sudafrica ha annunciato di voler aumentare le importazioni dall’Iran. Russia Today riferisce inoltre che in precedenza le autorità indiane avevano riferito di voler pagare con la propria valuta, il Rupie, il petrolio iraniano ma a quanto pare l’opzione dell’oro sarebbe preferita da entrambi i paesi. Ieri il Ministro dell’Energia dell’India ha anninciato che il suo paese “comprerà tutto il petrolio reso disponibile dall’Iran” senza nascondere la crescente domanda di energia del suo paese. Il Ministro ha spiegato che le condizioni di acquisto del petrolio iraniano sono vantaggiose.

Quanti erano i lavoratori in nero sulla Costa Concordia , che adesso tutti chiamano CLANDESTINI?


Liberalizzation


Notti


Estorsione a Marrazzo, il gup: a processo Interni e Difesa, carabinieri responsabili


Accolta la richiesta del legale dell'ex governatore ricattato da 4 militari

Piero Marrazzo
di Sara Menafra
ROMA - Sul banco degli imputati e, contemporaneamente, accanto alla pubblica accusa. I ministeri degli Interni e della Difesa, nel processo per il presunto ricatto all’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, avranno entrambi i ruoli. Ieri il gup Stefano Aprile ha accolto l’istanza dell’avvocato dell’ex governatore perché i ministeri siano citati come responsabili civili del comportamento dei quattro carabinieri coinvolti nel ricatto (gli uomini dell’Arma rispondono contemportanemente alla Difesa, in quanto militari, e al Viminale perché inseriti nel Dipartimento della pubblica sicurezza). Visto però che entrambe le amministrazioni pubbliche si sono costituite parte civile sostenendo che la loro immagine è stata danneggiata dal comportamento dei dipendenti, il ruolo sarà duplice. «Quando i carabinieri hanno commesso i reati contestati indossavano la divisa e, quindi, svolgevano la funzione di pubblici ufficiali», ha spiegato il legale di Marrazzo Luca Petrucci nel corso dell’udienza del 10 gennaio, presentando l’istanza.

I carabinieri a giudizio sono in tutto quattro. Tre per il presunto ricatto: il maresciallo Nicola Testini e gli appuntati Luciano Simeone e Carlo Tagliente. Testini deve rispondere anche dell’accusa di omicidio volontario per la morte del pusher Gianguarino Cafasso, l’uomo che aveva fornito la cocaina per il governatore e che in seguito fu trovato morto per una overdose sospetta. Il carabiniere Antonio Tamburrino, invece, è accusato di aver preso in consegna e custodito il video che ritraeva l’incontro tra Marrazzo e la trans Natalì, anche lei imputata nel processo (al secolo Alexander Vidal Silva). A giudizio compaiono anche i pusher Massimo Salustri e Bruno Semprese. I reati per il presunto ricatto che nel 2009 portò alle dimissioni del governatore della regione sono, a vario titolo, associazione per delinquere, omicidio volontario, falso, concussione favoreggiamento e ricettazione.

Il gup ha anche fissato le ultime tappe dell’udienza preliminare. Il 15 febbraio ci sarà la requisitoria del pubblico ministero Rodolfo Sabelli e delle parti civili mentre il 17 parleranno i difensori. Quindi arriverà la decisione anche sul patteggiamento chiesto dal terzo pusher, Emiliano Mercuri.

Blocchi dei TIR in tutta Italia, ma in strada dovrebbero esserci i cittadini


di Marco Cedolin
La rivolta dei Forconi siciliani sembra avere contaminato anche il resto d’Italia, almeno così sembrerebbe dal momento che da Nord a Sud non si contano i blocchi stradali creati dagli autotrasportatori e il traffico sta andando in tilt in larga parte della rete autostradale e delle tangenziali italiane. Così come documentato (questa volta) anche dai media mainstream che in prima pagina danno spazio all’accaduto e alle accorate parole della Cancellieri, braccio poliziesco dell’usura al governo, che si manifesta preoccupata perché a suo avviso la protesta potrebbe degenerare.
In verità i blocchi degli autotrasportatori sono figli illegittimi della rivolta dei Forconi, poiché interpretano solo parzialmente lo spirito con cui è partita la contestazione siciliana, limitandosi a protestare contro tutto ciò (prezzo dei carburanti alle stelle, nuovi aumenti dei ticket autostradali e dell’irpef) che sta mettendo in ginocchio la categoria, ma senza spaziare su temi di più ampio respiro, sovranità monetaria, ripudio dell’illegittimo governo Monti e di una classe politica imbolsita e decotta e via discorrendo, come accadeva invece nell’ambito del movimento primigenio.
Ciò nonostante gli autotrasportatori in lotta, per rivendicazioni sacrosante, rappresentano un altro pezzo dell’Italia esasperata che si muove, lotta, tenta di reagire alle “bastonate”, così come tentano di reagire i taxisti, i benzinai e molti altri. Un’Italia che si dibatte, magari scompostamente, ma dimostra di essere viva e di non voler morire in silenzio.
L’esatto contraltare dell’altra Italia, quella dei “cittadini normali”……..
che si manifestano infastiditi per i disagi  e il traffico nel caos, che guardano Monti in TV mentre spiega che toglierà loro la terra da sotto i piedi, perché tanto da domani potranno levitare (e drammaticamente ci credono), che non si poteva fare diversamente perché troppi (sempre gli altri naturalmente) erano abituati a vivere al di sopra delle proprie possibilità, che pensano il paese andasse svecchiato, senza curarsi del fatto che tassare e liberammazzare rappresenta l’antitesi di qualsiasi miracolistico gerovital, che tutte le altre categorie, tranne la loro, sono composte da furfanti che rubano un reddito o un salario e andavano “messe a posto”, che paventano derive squadriste, azzardando arditi parallelismi fra l’italica protesta degli autotrasportatori e quella che a suo tempo in Cile diede la stura al regime di Pinochet, dimenticando che da noi un “Pinochet” siede già alla presidenza del Consiglio, portatoci non dai camionisti ma dalle banche e dallo spread, che leggono i giornali politicamente corretti, giocano a fare i globalisti da salotto e credono convintamente di poter galleggiare al di sopra di qualsiasi problema, perché adesso che il salapuzio di Arcore è andato in pensione, il professore e la Ue metteranno a posto tutto, basta lasciarli lavorare.

Tratto da: Blocchi dei TIR in tutta Italia, ma in strada dovrebbero esserci i cittadini | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/01/24/blocchi-dei-tir-in-tutta-italia-ma-in-strada-dovrebbero-esserci-i-cittadini/#ixzz1kOahaBCB 
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 

Grecia, il governo pubblica sul web i nomi (e i debiti) dei grandi evasori fiscali


I nomi dei grandi evasori fiscali messi alla gogna sul web. E’ la decisione presa dal governo della Grecia, presa dopo un lungo dibattito nel pieno della crisi che ha travolto il paese. Ora i greci possono leggere online i nomi di 4.152 connazionali (fra privati e aziende) che debbono all’erario circa 14,8 miliardi di euro, una cifra superiore al 5% del Pil.
Per adesso, la “lista dei cattivi” resa nota ieri dal ministero delle Finanze riguarda soltanto i cittadini che debbono allo Stato oltre 150.000 euro, ma prossimamente potrebbe essere consultabile l’intero elenco degli evasori, anche per cifre minime, se l’Authority per la privacy darà il necessario consenso.
Al primo posto nella lista dei 4.152, c’è la compagnia Nikol Kasimatis di Salonicco, una società di consulenza e revisione che non avrebbe versato l’Iva per un ammontare di oltre 952.000 euro. In Grecia, a fronte di un totale di evasione fiscale valutato intorno ai 42 miliardi di euro, soltanto 5.000 contribuenti dichiarano un reddito di oltre 100.000 euro all’anno. Il governo di Atene ha dichiarato guerra all’evasione fiscale dal 2009 ma, nonostante un forte rialzo delle aliquote dell’Iva, lo scorso anno le entrate fiscali sono diminuite in seguito al persistere della recessione per il terzo anno consecutivo.

Finanziamenti: il Cipe affossa il ponte sullo stretto e sblocca i fondi per il dissesto idrogeologico


di Francesca Mancuso
Dissesto idrogeologico, in arrivo finalmente i nuovi fondi dal Cipe (Comitato interministeriale per la Programmazione economica). Ad annunciarlo è stato il Ministero dell’Ambiente che in una nota ha reso noti i progetti e le opere pubbliche che verranno portati avanti nei prossimi mesi nelle regioni del Sud Italia. E tra essi non figura il ponte sullo stretto di Messina.
I recenti fatti di cronaca, le alluvioni che hanno colpito in particolare la Liguria e il messinese, insieme ai dossier poco confortanti, hanno sicuramente fatto scattare un nuovo campanello d’allarme, e cambiando (se mai ce ne fosse stato bisogno) le priorità di intervento nel meridione. Tra esse vi è sicuramente il dissesto idrogeologico. Per questo, qualche giorno fa, il Cipe ha deliberato lo stanziamento di oltre 749 milioni di euro che consentiranno al Ministero dell’Ambiente e a Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, di attuare interventi di difesa del suolo. Ad essi andranno ad aggiungersi altri 130 milioni di euro per le Regioni del centro-nord.
Quanto. In particolare, il Cipe ha assegnato al Sud 679 milioni di euro di cui 65 milioni in quota Ministero, 262 a valere sul Fas nazionale e 352 sui Fas interregionali. A queste somme vanno aggiunti 74 milioni che già erano nella disponibilità del Ministero dell’Ambiente. Attraverso tali fondi Ministero e Regioni cofinanzieranno i 518 interventi programmati.
Come. I fondi del Cipe saranno così distribuiti: 23 milioni e 900 mila euro per i 76 interventi in Basilicata, 198 milioni e 900 mila euro per i 185 interventi in Calabria; 210 milioni e 600 mila euro per i 57 interventi in Campania; 27 milioni per gli 87 interventi in Molise, 175 milioni e 566 mila euro per gli 84 interventi in Puglia; 25 milioni e 800 mila euro per i 17 interventi in Sardegna; 12 milioni e 756 mila euro per gli 11 interventi in Sicilia. Qui, i fondi non serviranno dunque ad intraprendere la strada della costruzione del ponte sullo stretto, ma avranno lo scopo di avviare nuovi programmi per la difesa del suolo.
Finalmente un cambio di passo radicale sul fronte delle infrastrutture, dopo anni di politica a sostegno esclusivo delle grandi opere” ha commentato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. “Togliere i finanziamenti al Ponte mentre se ne sbloccano altri per la realizzazione di opere medio piccole e la manutenzione del territorio e della rete ferroviaria, che ne hanno tanto bisogno, è una decisione che risponde ai reali bisogni del Paese, in netta controtendenza rispetto alla precedente politica“.
Perché investire nella costruzione del Ponte quando ci sono delle priorità così importanti? Secondo Legambiente il prossimo passo atteso dal governo Monti è quello di chiudere “la società Ponte di Messina mettendo una volta per tutte la parola fine a un progetto insensato“.
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha risposto: “E’ importante questa ripartenza degli interventi per la difesa del suolo. I fondi recuperati consentiranno di attuare gli interventi previsti e che erano stati bloccati per mancanza di risorse. Si tratta di un primo, essenziale, passo per ricondurre la protezione del nostro territorio nell’ambito delle priorità del paese sia in termini ambientali che come volano economico”.


Tratto da: Finanziamenti: il Cipe affossa il ponte sullo stretto e sblocca i fondi per il dissesto idrogeologico | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/01/24/finanziamenti-il-cipe-affossa-il-ponte-sullo-stretto-e-sblocca-i-fondi-per-il-dissesto-idrogeologico/#ixzz1kOZmi8V1
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Cina allerta la marina e avverte USA: “pronti a entrare in guerra in favore Iran”


Durissimo monito della Cina agli Usa e ai suoi alleati: nel caso in cui l’Iran verra’ attaccato da Washington e qualunque altro paese, Pechino entrera’ subito in azione scegliendo l’opzione militare a favore di Teheran.L’ha detto il presidente cinese Hu Jintao citato da ‘European Union Times’, organo del Pentagono. A confermare la notizia e’ stato per primo il premier russo, Vladimir Putin, che ha menzionato le parole del capo di stato di Pechino secondo cui l’unica via per fermare l’aggressione occidentale all’Iran e’ quella militare; la Cina adottera’ misure di rappresaglia contro ogni azione ostile alla Repubblica islamica. Le forze marine della Cina sono attualmente in stato di massima allerta dietro l’ordine dello stesso Hu Jintao, il quale secondo Fars News, in un incontro con i capi dell’esercito del suo paese ha promesso di sostenere l’Iran ad ogni costo correndo persino il rischio di entrare nella terza guerra mondiale.
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Il 110 e lode non conta più. È l’università a fare la differenza


Il Governo studia nuove regole per la valutazione del merito. Accesso libero ai concorsi pubblici, il voto potrebbe non contare più mentre sarà decisiva l’università di provenienza
laurea pensieri e1327353748448 Il 110 e lode non conta più. È l’università a fare la differenzaIl 110 e lode? Presto potrebbe non contare più. Nel Curriculum interesserà invece il prestigio dell’università di provenienza. Queste alcune delle novità del piano di studi che sarà discusso venerdì prossimo in Consiglio dei Ministri relativamente al valore legale della laurea e del suo valore nei concorsi pubblici. Nuove regole per valutare il merito. Valutare la persona in base alle sue singole competenze e non al famoso “pezzo di carta”.
Università a confronto. Il Governo è pronto a presentare un provvedimento che farà molto discutere. È prevista infatti la creazione di un nuovo sistema di valutazione del valore specifico dei diplomi di laurea ossia la qualità, la serietà, il prestigio accademico dell’università che lo ha rilasciato. Le università non saranno più considerate tutte uguali e quindi anche i loro laureati saranno valutati in modo diverso. Un laureato dell’università  “La Sapienza” potrebbe essere valutato diversamente da uno dell’Università degli Studi di Bari. Un 110 preso alla “Bocconi” non considerato alla pari di quello ottenuto presso “Roma Tre”. Ciò che di fatto avviene già per la selezioni di candidati da parte di aziende del settore privato verrebbe così trasferito anche al settore pubblico. Un provvedimento che non convince anche solo dalle premesse. E immancabile, su Facebook, è spuntata la pagina “Per un’università meritocratica“.
Voto e corso di laurea non contano più. Le novità del provvedimento non finirebbero qui. Se da un lato le università di provenienza potrebbero costituire un criterio discriminante o di vantaggio nella ricerca di un’occupazione, al contrario non lo sarebbero più i voti di laurea e il corso di laurea scelto. Tradotto, questo significherebbe che ai concorsi pubblici tutti potrebbero presentare domanda di partecipazione. Basta avere il titolo. Si fa riferimento soprattutto ai concorsi per i quadri dirigenziali mentre si escludono quelli che prevedono competenze specifiche come le materie ingegneristiche. Anche per quanto concerne la votazione finale della laurea, i candidati sono su un livello di parità. Che sia un 110 e lode o un 98 non importa. Secondo il piano, il voto non costituirebbe più un elemento di punteggio. L’intento del provvedimento sarebbe infatti quello di valutare le reali capacità che il candidato è in grado di dimostrate durante il concorso a prescindere dal suo curriculum.
Regole nuove che nel settore privato sono di fatto già attuate ma che per la pubblica amministrazione costituirebbero una vera e propria rivoluzione. Confindustria è decisamente favorevole nei confronti di questa svolta che considera in linea con la politica della liberalizzazione e più giusta nei confronti delle università meritevoli. Tuttavia ritiene che si dovrebbe parallelamente intervenire per aiutare gli studenti e le loro famiglie nella scelta dell’università e della facoltà, scelta che si rivelerà determinante per il loro futuro.

Perquisizione delle Fiamme Gialle nella sede milanese di Fitch


Dopo il raid negli uffici di Standard & Poor's 1 è la volta del numero tre del rating mondiale. La procura di Trani ha inviato i finanzieri nella sede dell'agenzia che di recente ha minacciato un declassamento dell'Italia

MILANO - I militari della Guardia di Finanza di Bari, per ordine della procura della Repubblica di Trani, stanno compiendo accertamenti e verifiche nella sede di Milano della società di rating Fitch. Ad accompagnarli c'è anche Michele Ruggiero, il pm titolare dell'inchiesta sulle presunte manipolazioni del mercato da parte delle agenzia di rating che, al termine della perquisizione ha fatto ritorno nella sede di Standard & Poor's. La società di rating Fitch è indagata per 'market abuse'. Secondo l'ipotesi accusatoria, Fitch ha violato le regole rivelando a più riprese l'imminente declassamento del rating dell'Italia e, con questi annunci, ha abusato di informazioni privilegiate. Gli annunci "sono fuori dalle regole", sottolinea una fonte inquirente tranese. 

Di recente il responsabile delle relazioni esterne di Fitch, Alessandro Settepani, a margine di un'audizione presso la commissione Finanze della Camera, aveva dichiarato che ci sono "buone possibilita" che Fitch declassi l'Italia. Per Fitch, l'Italia è in "rating watch negative" e "la posizione non è ancora cambiata". L'agenzia dovrà "decidere entro la fine di gennaio". Il rating watch negative è stata una decisione "presa circa un mese fa".

La scorsa settimana, in un programma televisivo, David Tiley analista capo del rating sul debito sovrano dell'agenzia rispondendo a una domanda se anche Fitch declasserà l'Italia ha risposto "temo di sì. Dopo il vertice dell'Ue a dicembre abbiamo pensato che non era stato fatto abbastanza per affrontare la crisi europea. Noi siamo convinti che l'Italia, così come altri paesi, tipo la Spagna, siano ad elevato rischio finanziario. Stiamo rivedendo il rating, c'è il timore di un declassamento più avanti nel corso del mese".

La procura della Repubblica di Trani da tempo ha in corso un'inchiesta 2nei riguardi di Standard & Poor's e Moody's accusate di aver manipolato il mercato con "giudizi falsi, infondati o comunque imprudenti" sul sistema economico-finanziario e bancario italiano. Gli inquirenti hanno esteso gli accertamenti al recente downgrade di due gradini del debito sovrano dell'Italia deciso da S&p venerdì scorso. Nell'inchiesta vi sono già sei indagati: tre analisti "con funzioni apicali" di S&P (Eilen Zhang, Frank Gill e Moritz Kraemer), uno di Moody's e i responsabili legali per l'Italia delle due agenzie.

E oggi S&P ha divulgato una nota in cui sostiene di non aver divulgato "alcuna delle proprie recenti decisioni di rating sul debito sovrano dei paesi europei prima della pubblicazione ufficiale del 13 gennaio. S&P è soggetta alla disciplina dell'Unione Europea, ai sensi della quale  l'azione di rating deve essere notificata agli emittenti con un preavviso di 12 ore .  Durante le 12 ore  vige un obbligo di assoluta riservatezza, a cui noi ci atteniamo  in maniera molto rigorosa".  

E ha aggiunto: "Ugualmente è priva di fondamento l'affermazione che alcune delle informazioni fornite da S&P a supporto delle proprie decisioni sul rating siano inesatte, così come prive di fondamento sono le osservazioni che gli azionisti della società che controlla S&P abbiano accesso a dati, opinioni o analisi sul rating non ancora resi pubblici". Per l'agenzia Usa,  S&P non "avrebbe un disegno politico o economico sull'Italia o sull'Eurozona". 

Presidi, ora rischia di saltare il concorso voluto dalla Gelmini


Potrebbe avere uno stop definitivo dopo la sentenza dell'11 gennaio del Consiglio di Stato. Nel quizzone per 34mila candidati vennero scoperte numerose risposte sbagliate che il Ministero fu poi costretto a riconoscere come erratedi SALVO INTRAVAIARischia di saltare definitivamente il travagliato concorso a preside, lanciato dalla Gelmini pochi mesi prima di lasciare viale Trastevere. Una eventualità che prolungherebbe lo stato di precarietà dell'intero sistema scolastico italiano alle prese con un vuoto di dirigenti scolastici mai visto prima. Il Consiglio di Stato, con due diverse ordinanze dell'11 gennaio scorso, lascia intravedere un giudizio di merito sulla procedura concorsuale che per l'Anief (l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione) porterebbe al suo annullamento. La selezione è nata male e rischia di finire peggio.

Il concorso è stato bandito nel mese di luglio del 2011 ed è stato subito cavalcato dal precedente governo come uno dei momenti più importanti per migliorare la qualità del sistema di istruzione pubblica. Per eccedere agli scritti, i 34 mila candidati che si sono presentati dovevano superare un quizzone di 100 domande a risposta multipla, rispondendo ad almeno 80 quiz. Il primo settembre successivo il ministero dell'Istruzione pubblica una batteria di 5 mila test dai quali sarebbero state sorteggiate le 100 fatidiche domande della selezione.

Ma immediatamente gli addetti ai lavori si accorgono che diverse delle 5 mila domande sono errate, mal poste o poco chiare. Viale Trastevere dapprima minimizza, promettendo di espungere le eventuali domande sbagliate. Ma a ridosso della prova scritta, svoltasi a ottobre, è costretto ad eliminare quasi mille delle 5 mila domande su cui si sono esercitati i prof desiderosi di sedere sullo scranno più alto della scuola. E pubblica l'elenco degli esperti che hanno redatto domande e risposte. Ma tra i rimanenti 4 mila quiz, parecchi giurano che ancora quelli errati sono moltissimi. 

E da più parti cominciano ad arrivare richieste di rinvio del concorso. Ma ad ottobre la preselezione si svolge ugualmente. Ai i 34 mila aspiranti presidi viene consegnato un librone con tutti i quiz e un foglio con le 100 domande da andare pescare sfogliando a tempo di record il librone. E le polemiche sulla gestione dell'intero concorso continuano, anche perché i candidati la mattina della prova sono costretti ad aspettare 5/6 ore per una prova di 100 minuti. A superare la soglia degli 80 punti sono in 9.112. Ma gli esclusi non ci stanno e partono i ricorsi. 

Il Tar Lazio e il Consiglio di stato respingono la richiesta di un gruppo di esclusi di partecipare agli scritti con riserva, ma motiva in questo modo la sua decisione: "i motivi dedotti (dai legali dell'Anief, n. d. r.) investono profili di legittimità dell'intera fase di selezione basata su quiz a risposta multipla, con la conseguenza che essi, qualora dovessero risultare fondati in sede di decisione nel merito, determinerebbero l'effetto demolitorio dell'intera procedura, con obbligo di rinnovazione della stessa e coinvolgimento di tutti i partecipanti al concorso". 

E nelle ordinanze dell'11 gennaio, con le quali i giudici di Palazzo Spada ammettono agli scritti un gruppo di ricorrenti che aveva risposto correttamente ad un numero di domande compreso fra 75 e 79, il Consiglio di stato anticipa che "ad un primo esame, l'appello cautelare in epigrafe appare meritevole di parziale accoglimento laddove ha rilevato  -  per un verso  -  il carattere obiettivamente erroneo di alcuni dei quiz somministrati e  -  per altro verso  -  l'alta probabilità che, in assenza degli errori in questione, gli appellanti avrebbero potuto accedere al prosieguo delle prove concorsuali". Una affermazione che, letta assieme a quella precedente, sembra già una sentenza definitiva.