giovedì 19 gennaio 2012

Iran e Usa: come andrà a finire?


La minaccia della chiusura dello stretto di Hormuz, oltre ad essere una risposta alla promessa di sanzioni, può anche essere legata a ragioni di speculazione sul prezzo del greggio da parte dello Stato iraniano, con lo scopo di ottenere il pareggio di bilancio. Il rischio di conflitto, in realtà, sembra più remoto di quanto si creda: grazie alla geografia del Golfo Persico, infatti, gli Stati Uniti, nelle simulazioni di guerra, risultano perdenti con ampio margine. La soluzione più percorribile, quindi, sembra quella di rendere meno cruciale lo stretto di Hormuz, costruendo appositi oleodotti più a nord (si parla di riesumare il progetto della Trans-Arabian Pipeline). Qui, entrano in gioco Libano e Siria, elementi del piano statunitense per l'approvigionamento di idrocarburi: in particolare, entra in gioco l'invasione del Libano da parte di Israele, nonché una possibile operazione in Siria. Infine, si analizza la possibilità che gli USA utilizzino la guerra come strumento di ripresa dell'economia, tramite gli introiti dell'industria bellica. In questa ottica, si esplorano un'ipotesi a lungo termine, basata sul concetto degli stati pivot di Brzezinsky, ed un'ipotesi a breve termine di azione limitata al solo Iran.
L'Iran ha calato l'asso. Dopo l'ennesimo annuncio di sanzioni internazionali, minacciate con il pretesto, non per forza veritiero, del programma di sviluppo nucleare, lo Stato degli Ayatollah ha risposto con la minaccia della chiusura dello stretto di Hormuz.
E' una dichiarazione abbastanza difficile da contestualizzare. Si fa presto, infatti, a parlare di venti di guerra. In realtà, come vedremo, le forze in gioco sono talmente grandi che una guerra avrebbe costi altissimi ed imprevedibili, nonché una probabilità non trascurabile di esiti catastrofici.
Cominciamo con l'analizzare l'economia dell'Iran. come si può immaginare, il prezzo del petrolio è fondamentale per i bilanci dello Stato degli Ayatollah. In particolare, si è visto sperimentalmente che il prezzo del petrolio sopra il quale l'Iran raggiunge tranquillamente il pareggio di bilancio è quello di 90 dollari al barile. Ogni intervento sulla produzione di greggio, oppure sul suo transito, modifica l'offerta di petrolio, a fronte di una domanda stabile: ergo, fa salire il prezzo. In realtà, per far salire il prezzo, spesso bastano solo gli annunci. L'analisi più ottimistica, quindi, afferma che l'Iran stia giocando sul prezzo del greggio per lucrarci sopra.
Fonte: http://geopoliticamente.wordpress.com/2011/12/30/nella-partita-di-hormuz-liran-cerca-il-profitto-non-la-guerra/
Assumiamo un'ottica più pessimistica, in cui quello enunciato sopra è soltanto un aspetto collaterale. Rifocalizziamoci sulla risposta alla minaccia di sanzioni, e supponiamo che l'Iran decida, in qualche modo, di chiudere lo stretto. Come reagirebbe la comunità internazionale? 
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Ue: coloni israeliani inseriti sulla lista nera


Ue: coloni israeliani inseriti sulla lista nera
GERUSALEMME - L'Unione europea prevede di inserire i coloni israeliani che si sono macchiati di comportamenti violenti nella lista nera delle persone a cui e' negato l'ingresso sul territorio della Ue. E' quanto emerge da un rapporto sulla situazione a Gerusalemme stilato dai capi della missione europea in Cisgiordania, anticipato dall'AFP, nel quale si chiede di ''convidere le informazioni sui coloni violenti a Gerusalemme est per determinare se e' giusto accordare loro la possibilita' di ingresso negli Stati membri''. Il documento di 21 pagine accusa Israele di ''minacciare sistematicamente la presenza dei palestinesi in citta' a causa della continua espansione degli insediamenti dei coloni'' e segnala l'attivita' di gruppi di coloni che si sono impadroniti di alcune proprieta' nella zona della Citta' Vecchia.

Russi/ Lavrov: "Un attacco all’Iran sarebbe catastrofico"


MOSCA - Una catastrofe l’eventuale attacco militare occidentale all’Iran, che alimenterebbe nuove pericolose divisioni nel mondo islamico. E no anche a nuove sanzioni occidentali unilaterali contro Teheran: la Russia è pronta a opporvi il proprio veto al Consiglio di Sicurezza Onu, insieme alla Cina. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, nella sua annuale conferenza stampa, su un possibile attacco all'Iran da Usa e alleati, ha risposto: "Non ho dubbi che getterebbe benzina su un fuoco che già cova sotto la cenere, quello del confronto tra sunniti e sciiti, causando una reazione a catena che non so dove si fermerebbe". Per Mosca, le sanzioni all’Iran non hanno nulla a che fare con la lotta alla proliferazione nucleare, ma sono mirate a "soffocare l’economia della Repubblica Islamica e aggravare la situazione della popolazione".

Cina respinge accuse occidentali: mai aiutato Iran per armi nucleari‎


Cina respinge accuse occidentali: mai aiutato Iran per armi nucleari‎
PECHINO - La Cina ha respinto categoricamente l'accusa di aver aiutato l'Iran a sviluppare armi nucleari auspicando che la disputa nucleare fra Teheranl'Occidente possa seere risolta attraverso mezzi diplomatici. Ad affermarlo, il primo ministro cinese Wen Jiabao in una conferenza stampa ieri a Doha. "Il governo di Pechino effettua un'amministrazione molto rigida sull'esportazione da parte di compagnie ed enti cinesi, cosi' da evitare possibili attivita' di esportazione relative alla proliferazione nucleare". La Cina - ha proseguito - e' un Paese membro del Trattato di non proliferazione nucleare; si assume quindi l'onere internazionale di non aiutare, ne' sostenere, ne' incoraggiare qualsiasi Paese senza armi nucleari a svilupparne". Jiabao, citato dalla PressTv, ha anche difeso i rapporti del suo paese con la Repubblica islamica; "Le nostre relazioni sono conformi alle norme internazionali". La scorsa settimana, Pechino ha respinto l'invito degli Stati Uniti a far parte delle sanzioni contro l'Iran per via del suo programma nucleare.

Iran mette in guardia da ogni attacco in Hormuz


Iran mette in guardia da ogni attacco in Hormuz
ANKARA - Il ministro degli Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, ha messo in guardia sulla pericolosità di qualsiasi attacco nello stretto di Hormuz e sostenuto che le sanzioni occidentali contro il programma nucleare iraniano sono inutili. "Attaccare nello stretto di Hormuz non crea vantaggi per nessun Paese", ha detto da Ankara, dov'è in visita. "Le politiche di premi e punizioni attuate dall'America nei confronti di altri paesi non hanno efficacia sull'Iran", ha aggiunto Salehi. Parlando sempre dello stretto strategico il capo della diplomazia iraniana ha voluto sottolineare che l'Iran non ha mai voluto chiudere il vitale passaggio per le esportazioni di petrolio dal Golfo Persico ma i Paesi della regione non devono farsi “trascinare in una posizione pericolosa”. Per quanto riguarda la strategia militare dell’Iran Salehi ha ancora una volta affermato che la Repubblica islamica non ha intenzione di attaccare nessuno, compreso Israele. Parlando all'emittente turca Ntv il ministro si e’ riferito anche al sistema anti-missile della Nato in via di dislocamento anche in Turchia,  auspicando che il governo di Ankara non si faccia strumento di attacco contro i suoi vicini.

Iran restituisce RQ-170 a Usa, ma...


Iran restituisce RQ-170 a Usa, ma...
TEHERAN - Un gruppo di giovani iraniani ha deciso di prendere in giro gli Stati Uniti. Secondo Radio Payam, un gruppo di giovani di Teheran ha fabbricato con i propri fondi un modellino che e' un ottantesimo del vero RQ-170, fatto atterrare dalle forze iraniane lo scorso 4 Dicembre, dopo aver sconfinato per 250 km nel territorio iraniano.
Sul giocattolo, che riporta una scritta, "Noi umilieremo gli Usa", verra' inviato dai ragazzi di Teheran agli Usa in occasione delle celebrazioni di quest'anno dell'anniversario della vittoria della rivoluzione islamica.
Il modellino e' di 30 cm per 14 cm e costa 7 mila toman, circa 5 dollari.

Tristi metafore


I The Cure tornano a Roma, partite prevendite per concerto del 9 luglio


ROMA – Tornano a Roma i The Cure, la leggendaria band britannica capitanata dal leader storico Robert Smith. Ovvero la voce e il volto capace di segnare una lunga epoca e di ispirare, solo per citare i due casi più eclatanti, attori del calibro di Johnny Depp e Sean Penn rispettivamente per i film Edward mani di forbice e This must be the place.

Il 9 luglio a Roma. I The Cure saranno a Roma il 9 luglio ospiti del festival “Rock in Roma”, diventato ormai un evento di richiamo in tutta Europa. All’Ippodromo delle Capannelle sono infatti attese, la prossima estate, star musicali del calibro di Radiohead (30 giugno), Lenny Kravitz (17 luglio) e Deep Purple (25 luglio). Le prevendite per assistere alla performance di Smith e compagni sono partite oggi su ticketone.it e proseguiranno nei prossimi giorni nei tradizionali punti vendita al costo di 55 euro a biglietto (posto unico + diritto di prevendita).

Tre ore di live. Nell’anno appena concluso i The Cure hanno suscitato un’eco strepitosa per la partecipazione al “Bestival” all'Isola di Wight, un concerto con oltre 30 brani in scaletta, chiudendo il 2011 con il concerto tenuto alla Royal Albert Hall a Londra, intitolato “Reflections”, nel quale la band ha suonato per intero dal vivo i primi tre album della propria carriera, “Three Imaginary Boys”, “Seventeen Seconds” e “Faith”. Così The Cure, ovvero Robert Smith (voce e chitarra), Simon Gallup (basso), Jason Cooper (batteria) e Roger O’Donnell (tastiere) per il 2012 hanno deciso di tornare “live” con un set di quasi tre ore di musica. La scaletta prevede canzoni tratte dai 14 album di inediti della loro carriera, incluse quelle che fanno parte del loro epico lavoro “Wish”, del quale quest’anno ricorre il ventennale.

Nessuna etichetta. Smith, leader dei The Cure continua a ripudiare ogni genere. “Noi non siamo categorizzabili. Suppongo che all’epoca del nostro esordio fossimo post punk, ma complessivamente non è una definizione possibile. Come puoi descrivere una band che ha fatto uscire un album come Pornography e anche Greatest Hits, dove ogni canzone è stata nella Top Ten in tutto il mondo? Io suono solo la musica dei Cure, qualsiasi essa sia”.

Sicilia, Forza d’urto e Forconi. Per saperne di più


Stella Spinelli
La Sicilia, da lunedì, è teatro di uno dei più grandi movimenti di protesta italiani dallo scoppio della crisi. La regione è paralizzata da blocchi stradali e manifestazioni, tesi a isolarla. Il vertice a Palermo non sblocca la situazione. Lombardo: “Ho chiesto un confronto con Monti. Rimuovere gli sbarramenti? Non c’è pieno controllo del movimento, ma niente atti di forza”. Richichi (Aias): “Andare a Roma? Non abbiamo i soldi per i biglietti”. Isola nel caos: supermercati semivuoti, code chilometriche nei pochissimi distributori di benzina ancora aperti. Venti presìdi nel Catanese, Paternò inespugnabile. Oltre cento camion fermi agli imbarcaderi in Calabria, sotto assedio il petrolchimico di Gela. Da dove viene e dove porterà questa rivolta ce lo spiega Umberto Santino, colui che ha fondato e che dirige il Centro siciliano di documentazione ” Giuseppe Impastato” di Palermo.

Qualcuno parla di “Vespri del nuovo millennio”, qualcun altro richiama i Fasci siciliani; stando con i piedi per terra siamo di fronte a un movimento di protesta contro gli effetti di una crisi che le misure adottate dal governo Monti e le altre impreparazioni invece di alleviare contribuiranno ad aggravare. Ci sono dentro autotrasportatori, agricoltori, allevatori, pescatori, piccoli imprenditori marittimi, commercianti. La parola d’ordine è la cacciata della classe politica attuale, tutta, senza distinzioni, e gli obiettivi vanno dalla defiscalizzazione dei carburanti, all’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto siciliano che dispone che le imposte sulle imprese che hanno sede in Sicilia restino nell’isola. I manifestanti hanno alzato il cartello  “Forza d’urto”  e accanto ad essi ci sono i “Forconi”, dalla loro intesa si dice che potrebbe nascere un altro partito o quanto meno una lista per le prossime elezioni. Viene indicato come capo un personaggio  che proviene dai socialisti, poi è passato nelle fila del Movimento autonomistico di Lombardo, che adesso viene bollato come “traditore”  delle aspettative perché non ha defiscalizzato la benzina. Lo scorso dicembre ha partecipato al congresso nazionale dei neofascisti di Forza nuova, ma dice che lo ha fatto solo come esperto di agricoltura. A Palermo accanto ai manifestanti sono scesi i giovani del centro sociale “Anomalia” che dicono di condividere lo “spirito antiglobalizzazione” della protesta. Il disagio è reale, i problemi ci sono, ma mi pare una riproposizione del ribellismo, con forti stigmi del passato. Non amo parlare di antipolitica per ogni espressione che non si riconosca nelle forme tradizionali della politica, in sindacati e partiti soggetti a una crisi sempre più grave, però non vedo segni di un modo nuovo di fare politica.  Mi sembra un populismo con incrostazioni di tipo leghistico, che in Sicilia si radicano nell’antico copione separatistico.
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Acqua, l’ira di Zanotelli contro la ‘volontà tradita’ del referendum


Il governo Monti si appresta a varare un decreto legge con cui è pronto a lanciare una nuova ondata di privatizzazione dei servizi pubblici. Per quanto riguarda l’acqua, si esclude la possibilità di gestione tramite aziende pubbliche e viene vincolato il servizio idrico alle Spa e al mercato.
A difesa del bene pubblico primario, scende nuovamente in piazza padre Alex Zanotelli, voce e animoatore instancabile del Forum italiano dei movimenti per l’acqua (www.acquabenecomune.org), invitando a opporsi al decreto legge sulle liberalizzazioni e a scrivere ai parlamentari italiani affinché si oppongano a tale soluzione.
“Catricalà, sottosegretario alla Presidenza – scrive Zanotelli – ha detto che l’acqua è uno dei settori da aprire al mercato. E Passera, ministro all’economia, ha affermato: “Il referendum ha fatto saltare il meccanismo che rende obbligatoria la cessione ai privati del servizio di gestione dell’acqua, ma non ha mai impedito in sé la liberalizzazione del settore.” E ancora più spudoratamente il sottosegretario all’economia G.Polillo ha rincarato la dose: “Il referendum sull’acqua è stato un mezzo imbroglio. Sia chiaro che l’acqua è e rimane un bene pubblico. E’ il servizio di distribuzione che va liberalizzato.” E non meno clamorosa è l’affermazione del ministro dell’ambiente Clini: ”Il costo dell’acqua oggi in Italia non corrisponde al servizio reso… La gestione dell’acqua come risorsa pubblica deve corrispondere alla valorizzazione del contenuto economico della gestione”.
Così ammonisce Zanotelli che, rincarando la dose, afferma che “è il tradimento totale del referendum che prevedeva la gestione pubblica dell’acqua senza scopo di lucro. E’ il tradimento del governo dei professori. E’ il tradimento della democrazia”. L’invito è a scrivere ai parlamentari italiani, che in sede di discussione in aula manifestino la propria opposizione al decreto. Appello e lettera sono disponibili qui.
Domani, in numerose città d’Italia, sono previsti presidi di fronte alla sede delle prefettura. Il programma è disponibile qui.

Trivella facile, è rivolta "Vergogna senza pari"


Trivella facile, è rivolta "Vergogna senza pari"

Verdi e ambientalisti insorgono contro le norme contenute nella bozza che su pressione delle agenzie di rating allentano i vincoli sull'estrazione di gas e petrolio anche in aree di pregio naturalistico: "Paese svenduto alle lobby". La smentita di Clini: "Notizie prive di fondamento"

ROMA - Ambientalisti in rivolta contro il provvedimento "trivella facile" contenuto nella bozza del decreto sulle liberalizzazioni 1 che il governo discuterà domani nel corso del Consiglio dei ministri. "La norma sulle trivellazioni - denuncia il verde Angelo Bonelli - rappresenta una vergogna senza precedenti. Ci auguriamo che il governo smentisca immediatamente le norme che prevedono la libertà di trivellare per la ricerca di petrolio in Italia, perché le bozze degli articoli 20-21e 22 rappresentano la svendita del territorio italiano alle lobby del petrolio che potranno trivellare, con un trucchetto legislativo, anche nelle aree marine protette". 

"Nell'articolo 21 inoltre - ricorda ancora il presidente del Sole che ride - viene ridotta la distanza per trivellare da 12 a 5 miglia; all'articolo 22 comma 1 si introduce una norma che prevede che l'attività di prospezione e coltivazioni di idrocarburi sia libera: siamo alla follia e dichiaro l'indignazione dei Verdi per una norma voluta dal ministro dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico".

"Con queste norme aberranti - aggiunge Bonelli - avrebbero il via libera attività di trivellazioni nei nostri mari e in Basilicata a partire dalle aree marine protette e aree sensibili dal punto di vista ambientale. Pensiamo alle isole Egadi, a Pantelleria, alle Tremiti, allo stretto di Sicilia: basti pensare che società come la Np, Northern Petroleum, Audax, Eni, Edison, Shell, hanno presentato negli anni scorsi solo nel mare prospiciente la Sicilia richieste per oltre 1.000 kmq".

In campo contro la possibilità che il provvedimento diventi legge anche Legambiente. "La Costa Concordia spiaggiata rischia di immergersi e inondare l'Arcipelago Toscano 2 di carburante. La situazione è grave e il rischio inquinamento è concreto". "Eppure - sostiene l'associazione - nel pieno dell'emergenza, scopriamo che la bozza delle liberalizzazioni proposte dal governo prevede tre articoli mirati a concedere la possibilità di trivellare gas e petrolio in aree preziosissime del nostro Paese con un limite di distanza ridotto dalle 12 alle 5 miglia dalla costa. 3 Ma non solo: si prevede di aumentare gli investimenti in infrastrutture estrattive; si abbassano drasticamente i limiti per la trivellazione in mare e si liberalizza la ricerca di nuovi giacimenti. Fatto salvo per i limiti ambientali, che però non frenano il disastro in caso di sversamento".

Nella bozza la necessità di introdurre questo alleggerimento ai vincoli è spiegata con il desiderio di "ottenere una buona valutazione da Standard & Poor's e far alzare il rating". Un aspetto, quest'ultimo, contro cui punta l'indice anche la parlamentare radicale Elisabetta Zamparutti. "Il governo - afferma - deve spiegare il costo ambientale delle misure che intende introdurre, a partire dalla riduzione, da 12 a 5 miglia dalla costa, del limite delle attività di ricerca e prospezione di idrocarburi. Non bastano le motivazioni economiche contenute nella relazione, meno che mai il riferimento ai parametri delle Agenzie di rating che considerano l'attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi un elemento di solidità economica". "Questo modo di ragionare  -  prosegue -  è inaccettabile in un mondo e in un Paese in cui il debito ecologico assume dimensioni gravi quanto quelle del debito pubblico". Dura anche la presa di posizione del deputato del Pd Ermete Realacci: "Mi sembra che le agenzie di rating stiano già facendo abbastanza danni. Il via libera alle trivellazioni facili contenuto nelle pieghe del decreto liberalizzazioni è una vera e propria follia. Se poi, come sembra, tale decisione sia stata indotta al fine di alzare la valutazione dell’Italia da parte delle agenzie di rating, la follia raddoppia".
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Legge elettorale,il web si mobilita "Ridateci un diritto fondamentale"


Decine di migliaia di post in Rete, gruppi su Fb e associazioni in campo. Tutti uniti per dire no al Procellum e chiedere che i cittadini possano scegliere i loro rappresentantidi CARMINE SAVIANO


UNA domanda di partecipazione diffusa. Che si fa strada in rete, tra i cittadini. Stanchi di essere "espropriati di un diritto fondamentale": poter scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni. Dopo la bocciatura dei referendum abrogativi del Porcellum, il dibattito sulla necessità di cambiare la legge elettorale vigente non si ferma. Associazioni, comitati, gruppi sul web. Un fronte comune. Per sbloccare il sistema. "Non è mai troppo tardi: bisogna cancellare al più presto questa vergogna". E tra i militanti dei partiti del centrosinistra, cresce la domanda per avere primarie "con cui scegliere i candidati alla Camera e al Senato". La richiesta è netta: un salto di qualità della democrazia italiana.

In rete. Sui social network i post che vanno in questa direzione sono migliaia. Tra le prime iniziative, quella lanciata da Valigia blu e Quink: "Io voto chi mi fa scegliere" 1. I messaggi sono rivolti ai partiti affinché "mettano al primo punto della loro agenda la riforma della legge elettorale". Poi la richiesta di primarie: "Vanno fatte perché è l'articolo 49 della Costituzione a imporre il metodo democratico per concorrere a determinare la politica nazionale". 
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http://www.repubblica.it/politica/2012/01/19/news/legge_elettorale_il_web_si_mobilita_ridateci_un_diritto_fondamentale-28417898/

Costa Concordia, spunta la donna del comandante


Era ospite di un altro ufficiale, invitata nella plancia di comando
“Ma capitano non te lo volevo dire / ma c’è in mezzo al mare una donna bianca / così enorme, alla luce delle stelle / che di guardarla uno non si stanca”: Effe De Gregori la cantava già qualche anno fa, e adesso diventerà il giallo aggiuntivo del Concordia, probabilmente insieme al complotto demo-pluto-pippo-e-paperino che già impazza in tutte le sale da ricovero coatto del web. Paolo Colonnello ci delinea sulla Stampa i contorni della donna bianca:
Neha parlato il comandante Francesco Schettino nell’interrogatorio dell’altro ieri davanti al gip, raccontando che proprio mentre eseguiva la manovra che lo portò ad impattare contro gli scogli delle Scole a 150 metri dalla riva del Giglio, all’ingresso della planciacomandosorrideva una giovane moldava. Si trattava dell’ospite di un altro ufficiale, invitata in plancia ad assistere allo spettacolo notturno dalle vetrate imponenti del quadrato di comando. Una donna che adesso gli investigatori stanno attivamente cercando, visto che il nome della signora, che Schettino ha messo a verbale, non risulta nell’elenco ufficiale dei passeggeri. Un dettaglio per nulla secondario dato che di ospiti «in nero», ovvero non registrati ufficialmente, secondo gli investigatori potrebbero essercene stati diversi. E questo potrebbe anche spiegare l’incredibile confusione dei primi giorni sul numero esatto dei dispersi, uno degli innumerevoli punti irrisolti di questa storia.
Perché la donna non sarebbe stata ‘conteggiata’:
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Finisce un’era: Kodak dichiara fallimento


Il gigante della fotografia chiede di accedere all’amministrazione controllata
Bancarotta controllata dallo Stato: il famoso Chapter 11, la parte della legge fallimentare degli Stati Uniti che permette alle aziende che vi accedono di passare un periodo di pesante ristrutturazione. Eastman Kodak, la società fotografica più nota al mondo, dichiara fallimento. La notizia rimbalza su tutti i media del mondo, come il Wall Street Journal che ne parla con un lungo pezzo. “La società non ha il denaro necessario per affrontare un pesante risanamento”, e dunque l’unica strada è il fallimento.
UN PIANO FALLITO – “L’icona della fotografia soccombe alle nuove tecnologie, alla mancanza di liquidita’ e all’incapacita’ di vendere i propri brevetti”, scrivono le agenzie in Italia. Dalla Citigroup la società ha ottenuto i fondi necessari per camminare ancora qualche mese mentre vengono messe in posa le procedure di bancarotta. Da qualche tempo la Kodak aveva abbandonato il suo core business, ovvero la produzione e la vendita di pellicole fotografiche: “La svolta finale per arrivare a trasformare la compagnia in una realtà che vende stampanti si è rivelata troppo costosa a causa del calo di pellicole e crediti molto pesanti verso i pensionati”, scrive il Wsj. Tutta da discutere la responsabilità di Antonio Perez, che viene dalla Hewlett Packard, divisione stampanti, e che ha pensato la virata verso il business delle printer: “Che fine faranno i 19mila posti di lavoro?”, si chiede il Wsj, ribadendo che molto rischiano anche i pensionati Kodak, “perché l’azienda sta cercando un modo per fuggire ai propri doveri pensionistici e contributivi davanti al tribunale fallimentare”. La strategia di Perez era quella di “concentrarsi sul mercato delle stampanti per i consumatori e il settore commerciale. Pensava”, spiega ancora Wsj, “per il settore utenti, di invertire l’approccio del leader di mercato Hp scommettendo che il cliente avrebbe pagato più per le stampanti se avesse avuto garantita la ricarica dalla Kodak. Ma il mercato era saturo”, dice la bibbia di Wall Street, “e la Kodak ha pagato cara la promozione di un piano del genere”.
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