Archiviato come un tema non più centrale, non occupa più gli interventi dei politici all'opposizione alla ricerca di alleanze con Pdl. Quindi meglio tacere
Archivio Ansa, quattro mesi di governo Berlusconi. Maggio: 36 dichiarazioni dall'opposizione sul conflitto d'interessi del premier (19 Di Pietro & C., 11 Pd, 4 Sinistre, 2 Udc). Giugno: il conflitto d'interessi è citato 16 volte (7 Idv, 7 Pd, 1 Pdci, 1 Udc). Luglio: sarà il caldo, ma nel mese del lodo Alfano le citazioni scendono a 7 (4 Pd, 2 Di Pietro, 1 Diliberto). Agosto, appena 5: 3 Idv, 2 Pd. Una è di Veltroni, ma per costrizione: il 4 agosto, presentando la fantomatica tv Youdem, a domanda risponde: "Non serve questa occasione per rilanciare un tema che va affrontato come regola del gioco democratico e non come un coltello da brandire contro qualcuno". Il perché è noto: il conflitto d'interessi ha stufato, meglio cose più concrete. Già, ma intanto i conflitti d'interessi impediscono di parlar chiaro anche su quelle. Tipo la berluscordata Alitalia, che è tutta un conflitto d'interessi. Si attende la vibrante denuncia del ministro-ombra all'Industria. Ma arrivano solo balbettii e pigolii, perché il ministro-ombra è Matteo Colaninno, figlio del capo della berluscordata. Dimettersi, manco a parlarne. Poi c'è la giustizia: difficile trovare qualcosa di più concreto della necessità di processi più rapidi, indagini più efficienti, pene più certe. Il governo parla d'altro: separazione delle carriere, reati scelti dal Parlamento, più politici (ancora!) nel Csm, niente intercettazioni sulla criminalità diffusa (e dunque su quella dei colletti bianchi). Tutta roba che non abbrevia di un minuto i processi.
Continua ...
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