mercoledì 2 novembre 2011

Silvio&Apicella, stop al CD: è panico all’estero

L’album “Il vero amore” rimandato; la notizia arriva all’estero

La crisi economica e i gravi problemi che travolgono l’Europa costringono il nostro premier a mettere da parte le proprie passioni: no, non parlo della patonza. Parlo della musica. L’uscita dell’atteso album “Il Vero Amore”, per il quale Berlusconi ha scritto i testi mentre Mariano Apicella si è occupato delle musiche, è stata rimandata in attesa di tempi migliori.

A SUON DI MUSICA - Il capolavoro musicale era atteso per lo scorso settembre, se ne attendeva addirittura la presentazione ad un party milanese di ottobre, ma ancora nulla: non sappiamo quando “Il Vero Amore” suonerà nei nostri lettori CD o nei nostri iPod. Il Cavaliere ha preferito rimandare a momenti migliori. La notizia dell’uscita rimandata ci giunge grazie all’intervista di un rinomato arrangiatore, Angelo Valsiglio, da parte di Flaviano De Luca per il periodico della Siae «Viva Verdi». Valsiglio rivela che Berlusconi è autore dei testi di tutti gli undici brani e che l’album “Il vero amore” è una produzione “davvero elegante e raffinata, con tinte brasiliane”. Atmosfere brasiliane, testi in italiano, qualche frase in dialetto napoletano, il suono di un sirtaki: un turbinio di ispirazioni. Un frammento del brano «Musica», scritto dal premier, recita: “Ascoltale queste canzoni sono per te/sentile quando hai sete di carezze/cantale quando hai fame di tenerezze/prendile queste note, rubale al nostro amore/tienile dentro il cuore/portale via con te/spogliati che c’è il mare/tutto da respirare…”. E mentre noi attendiamo di conoscere la data del futuro lancio dell’album, la notizia valica i confini nazionali e arriva all’estero.

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Gay: Gb, da dicembre ok a 'si' in chiesa

(ANSA) - LONDRA - A partire dal 5 dicembre, in Gran Bretagna le coppie gay potranno celebrare le loro nozze per rito civile nei luoghi di culto che glielo permetteranno. Non vige nessun obbligo, e non mancano le polemiche. Il sottosegretario alle parita' ha annunciato l'abrogazione di una legge che vietava alle chiese e ad altre strutture religiose di celebrare le unioni civili sotto il loro tetto. Nessun luogo di culto sara' obbligato. La Chiesa d'Inghilterra ha gia' fatto sapere di non essere pronta.

G20: domani prevertice a 4 Italia-Germania-Francia-Spagna

Cannes, 2 nov. (Adnkronos) - Prevertice a 4 tra Italia, Spagna, Francia e Germania domani a Cannes, prima dell'inizio dei lavori del summit del G20. E' quanto si apprende da fonti informate, secondo cui, prima del vertice, si vedranno il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il premier spagnolo Jose' Luis Rodriguez Zapatero, la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il presidente francese Nicolas Sarkozy.

Stasera decreto con misure urgenti Giro di consultazioni al Quirinale

Roma, 2 nov. (Adnkronos/Ign) - ''Facciamo scoppiare la rivoluzione di sicuro...''. Così il leader della Lega, Umberto Bossi, ha risposto a chi gli chiedeva cosa farà se la riforma delle pensioni dovesse essere tra le misure anticrisi. Il Senatur ha mostrato prima il dito medio e poi ha spiegato: ''Se togliamo le pensioni ai lavoratori che hanno sempre lavorato per dare i soldi a Roma'' scoppia la rivoluzione. Bossi ha anche risposto con una pernacchia a un ipotetico governo Monti.

Poi si è trincerato dietro un 'no comment' alla domanda se ritenga necessario un passo indietro di Silvio Berlusconi. A questo punto il premier deve lasciare Palazzo Chigi?, hanno insistito i cronisti. A fare ''Berlusconi non lo fa. Inutile chiedere, tanto quello non lo fa'', ha tagliato corto il Senatur.

Domani cosa porterà Berlusconi al G20 di Cannes? ''Un dl sulla famosa lettera'' di intenti già portata a Bruxelles, ha replicato il leader della Lega. Quali saranno i contenuti? ''Quelli della lettera'', ha ribadito Bossi.

Il vertice di questa mattina a palazzo Chigi sulle misure anticrisi è terminato dopo oltre cinque ore. I ministri dell'Economia Giulio Tremonti, della Semplificazione Roberto Calderoli e delle Infrastrutture Altero Matteoli hanno lasciato la sede del governo circa 20 minuti dopo il presidente del Consiglio.

Il premier si è quindi recato a Palazzo Grazioli dove ha incontrato i deputati (ex Fli) Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Giuseppe Scalia. Presente alla riunione anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano. "Il presidente del Consiglio è determinato ad andare avanti" ha detto Ronchi lasciando Palazzo Grazioli.

E in effetti il premier è determinato a non mollare. A chi ha avuto modo di sentirlo nelle ultime ore, il Cavaliere avrebbe ribadito che non si farà da parte, perché non c'è nessuna alternativa alla sua maggioranza. Niente esecutivi tecnici, né larghe intese, dunque, ma solo la volontà di rispettare gli impegni presi con l'Europa e con gli elettori. Chi ha voglia di sfiduciarmi, lo faccia pure in Parlamento, e si assuma le sue responsabilità, sarebbe stato il ragionamento del premier.

Questo pomeriggio è iniziato come previsto l'ufficio di presidenza del Popolo della libertà dedicato alla situazione politica e ai provvedimenti anticrisi allo studio dell'esecutivo, assente Tremonti impegnato nella seduta della Commissione Bilancio di Palazzo Madama. Al termine della riunione il segretario Alfano e i capigruppo di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, si recheranno al Quirinale per essere ricevuti dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio al Colle è stato ricevuto anche il ministro Tremonti.
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"Perché Napolitano non scioglie le Camere?" Grillo critica il Quirinale: "Nella sostanza non muove un dito"

Il leader del Movimento Cinque Stelle ha il morale a terra: "Le campane stanno già suonando a martello per l'Italia". E domanda al presidente della Repubblica perché non fa uso dell'art.88 della Costituzione.

Roma, 2 novembre 2001 - "Napolitano dissuade, monita, invita, ma in sostanza non muove un dito per cambiare la situazione. Resta a guardare, come le stelle nel romanzo di Cronin, aspettando l'ineluttabile".Lo scrive sul suo blog Beppe Grillo. Grillo ricorda che "l'articolo 88 della Costituzione gli consente di sciogliere le Camere. Una minaccia che gli permetterebbe di dare l'incarico a un governo di salute pubblica con l'unico obiettivo di salvare il salvabile. Nessuno crede che userà mai l'articolo 88, neppure con la pistola puntata del fallimento della Nazione. Perché? Una domanda alla quale non riesco a rispondere" si confessa impotente il comico genovese, leader del Movimento a Cinque Stelle. Che poi si chiede provocatoriamente? "A cosa serve un presidente della Repubblica?".

DEFAULT IN AVVICINAMENTO - Per Grillo "il default sta acquistando velocità (...), le campane stanno già suonando a martello per l'Italia. Se nulla cambia, l'anno che verrà i nostri titoli a media e lunga scadenza per 200 miliardi rimarranno invenduti e il Paese salterà". Poi l'amara conclusione: con questo parlamento anticostituzionale, non eletto da nessuno, ma nominato da alcuni segretari di partito "moriremo tutti, noi prima di loro".

Crisi mercati, Consiglio dei ministri straordinario Le opposizioni: "Berlusconi a casa". Il Quirinale convoca Pd e Udc

Nel giorno dei Defunti, premier al lavoro in vista dell'appuntamento di stasera. Napolitano si porta avanti e chiama Bersani e Casini. Di Pietro: "La lettera Bce non è Vangelo". Vendola: "No alla retorica dell'austerità".

Roma, 2 novembre 2011 - Nel giorno della commemorazione dei Defunti, sono tutti in grande agitazione. A partire dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, prima di essere schiacciato dalla lapide del debito pubblico, prova a rialzare le sue quotazioni in picchiata. Gran fervore mattutino tra Palazzo Grazioli e Palazzo Chigi. I ministri con portafoglio (vuoto) arrivano alla spicciolata per l'ennesimo gran consulto. Sono visite a competenze e geometrie variabili, un classico di questo periodo. Sacconi, Brunetta e Romani, per ruolo e funzioni, sono i più assidui. Spesso, come oggi, appare Matteoli (Trasporti) che con La Russa rappresenta l'area ex An di governo. E poi non può mancare il leghista di guardia e di turno, generalmente Calderoli (con Bossi che si riserva il ruolo di star per le occasioni straordinarie). Poi c'è il convitato meno apprezzato ma indispensabile: Giulio Tremonti, con chiavistello della cassaforte appeso alla cintura. Una compagnia di lavoro accigliata e tenebrosa, come si conviene alla ricorrenza: sembra quasi che non sia il premier a chiamare i ministri, ma siano loro a presentarsi per senso del dovere, come si passa in ospedale a trovare un congiunto ammaccato.

ORE DI PAURA - Ammaccato è soprattutto il Paese, che vive una delle peggiori crisi della sua storia. Crisi economica e di rappresentanza. Fuori da Montecitorio un presidio del popolo viola domanda a gran voce il referendum sulla misure richieste dalla Ue, sul genere di quello - suicida - promosso nella notte dalla Grecia. Sono passate da poco le 14, quando il premier lascia Palazzo Chigi. Dentro, a discutere delle misure per il Cdm straordinario della sera restano Tremonti, Calderoli e Matteoli (chissà perché solo loro). In mezzo a questo delirio il premier, temendo altre defezioni alla Camera dopo quella di Roberto Antonione, trova il tempo di incontrare e rassicurare Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Giuseppe Scalia, gli ex fliniani poi tornati all'ovile, poi di nuovo incompresi e riottosi. E chissà se placati dopo il caffé con pasticcino a Palazzo Grazioli.

GIORNATA CONVULSA - Alle 18 - informano le agenzie di stampa - Ufficio di presidenza del Pdl per fare il punto sulla situazione della crisi internazionale e dei suoi risvolti politici. A seguire, intorno alle 20 (ma l'orario è da confermare) Consiglio dei Ministri straordinario. Perché l'Italia non deragli, servono tempismo e misura.E Silvio Berlusconi, per non distrarsi, rinuncia al binario della Stazione Termini dov'era atteso all'arrivo del treno del Milite Ignoto nel Novantennale della traslazione da Aquileia all'Altare della Patria. Chissà come la prenderà il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

LARGHE INTESE? - Il presidente della Repubblica, attaccato da Beppe Grillo, sta sul pezzo con attenzione. E ritenendo doveroso non farsi trovare impreparato nel caso la crisi subisse un ulteriore avvitamento, nel pomeriggio comincerà i sondaggi con tutte le forze politiche incontrando, separatamente, sia il segretario del Pd, Pierluigi Bersani (che alle 15 ha riunito i vertici del partito nella sede di largo Nazareno), sia il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini.

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Iraq, la presenza degli Usa nella regione minaccia tutti

Iraq, la presenza degli Usa nella regione minaccia tutti

BAGHDAD – Lo spostamento delle truppe Usa dall'Iraq al Kuwait costituisce una minaccia non solo per 'Iraq ma per altri paesi della regione.

Ad affermarlo e’ Mohamed al-Khafaji, deputato del movimento iracheno al-Sadr che ha messo in guardia dal nuovo piano di Washington di rafforzare la sua presenza militare nella regione nonostante l’annuncio di di Barack Obama del completo ritiro dei militari degli Usa dall’Iraq entro la fine del 2011. "La presenza delle forze americane in Medio Oriente, mina la stabilita’ e la sicurezza regionale", ha detto citato dalla PressTv.

Infatti il disimpegno americano dall’Iraq sara’ bilanciato da una rinnovata presenza militare americana in altri paesi alleati del Golfo Persico, come ha scritto di recente il New York Times. Secondo il giornale l’amministrazione Obama sta appunto valutando la possibilita’ di inviare nuove truppe in paesi come il Kuwait e navi da guerra nelle acque internazionali della regione.

Al-Khafaji ha espresso "dubbi" circa il "ritiro completo" delle forze americane dall’Iraq; “Gli Stati Uniti non sono intenzionati ad abbandonare l’Iraq”, ha precisato. Infatti la Casa Bianca cerca di convincere il governo iracheno a mantenere nel paese oltre il 31 dicembre prossimo un contingente fino a venti mila soldati, sotto forma di addestratori e consiglieri militari. Nel frattempo l’amministrazione Obama cerca di rafforzare la sua presenza militare in altri paesi arabi del Golfo Persico come Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi, Kuwait, Oman e Qatar.

Attacco contro Iran o Siria sara' la fine per Usa e Israele

Attacco contro Iran o Siria sara' la fine per Usa e Israele

TEHERAN - “Puniremo l'entita' sionista in maniera sorprendente” per ogni tipo di “errore”. Lo ha promesso il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, il generale Hassan Firouz Abadi, rispondendo alle voci, smentite nei giorni scorsi, di un possibile attacco israeliano contro l’Iran.

Per il generale “anche se la possibilita' di un’azione del genere e' bassa, noi consideriamo questa minaccia molto seriamente e siamo in piena allerta. Gli Stati Uniti sono consapevoli – ha aggiunto Firouz Abadi – che un attacco militare sionista sull’Iran li danneggerebbe in maniera grave ... Siamo in grado di colpire Israele in modo sorprendente". Due giorni prima il ministro israeliano della Guerra, Ehud Barak, aveva smentito che, in accordo con il primo ministro Benjamin Netanyahu, stesse lavorando a un'azione contro l’Iran. E per quanto riguarda gli ultimi sviluppi in Siria il generale ha detto: "Negli ultimi 30 anni la Siria e' stata sempre nella prima fila della battaglia contro Israele ... Il governo siriano come l'Iran islamico non ha mai riconosciuto l'entita' sionista ... Il governo siriano e' completamente diverso dai regimi in Arabia Saudita, Libia, Tunisia e Egitto ... Un eventuale attacco contro la Siria provochera' la dura e ferma reazione di tutta la comunita' islamica ... Sara' la fine per gli Usa e il regime sionista".

La Russa contro Amendola «Smentisca i fischi o è uno str...»

Il ministro Ignazio a Russa sul red carper di Roma

ROMA - Il ministro della Difesa Ignazio La Russa attacca duramente l'attore Claudio Amendola. Secondo le immagini e alcune testimonianze avrebbe sollecitato ieri sera alcuni dei presenti al Festival del cinema di Roma ad «alzare il volume dei fischi» rivolti a lui. Amendola avrebbe avuto un ruolo da protagonista nella dura contestazione che lo ha accolto ieri il suo arrivo sul red carpet dell'Auditorium per il Roma Film Fest. «O Amendola chiede scusa, o smentisce o è proprio uno stronzo», è la conclusione che trae La Russa con chi gli ha chiesto della vicenda. «Quando ho letto le agenzie non ci credevo. Ai quattro o cinque fischi - fino a quel momento, infatti, molti altri applaudivano e salutavano - si è aggiunto un gruppetto aizzato da Claudio Amendola che, nell'occasione, ha dimostrato di essere un guitto». la Russa aggiunge: «Ho visto anche le immagini e ho ascoltato testimonianze: chissà se quelli che aizzava all'insulto, divenuto ormai per i nostri oppositori un obbligo, sono a conoscenza di quanto guadagna Amendola per ogni apparizione su Mediaset. Soldi di Berlusconi, naturalmente». E allora, «o chiede scusa o smentisce o è proprio uno stronzo...», conclude La Russa.

Fukushima, è ancora allarme tracce di una nuova fissione nucleare

Tecnici al lavoro nella centrale di Fukushima

ROMA - Segnali di una possibile fissione nucleare sono stati rilevati nel reattore due della centrale giapponese di Fukushima: i tecnici del gestore dell'impianto, la Tepco, hanno iniziato a iniettare acido borico per evitare una possibile reazione a catena. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa giapponese Kyodo. Prelievi di gas effettuati all'interno del reattore ieri hanno indicato la possibile presenza di xenon radioattivo, un gas che viene liberato in presenza di una fissione nucleare. Nessuna variazione di temperatura, pressione o livelli di radiazioni è stata invece riscontrata nel reattore dell'impianto, colpito dallo tsunami successivo al terremoto dello scorso 11 marzo. Il reattore 2 della centrale giapponese di Fukushima non si è riacceso. La reazione di fissione nucleare rilevata nelle ultime ore dalla società che lo gestisce, la Tepco, è un fenomeno parziale, «che può verificarsi in particolari condizione di densità e distribuzione geometrica del combustibile rimasto all'interno del reattore» spiega Emilio Santoro, dell'Enea. A mettere in allerta è stata l'emissione di Xenon 133 e Xenon 135, un gas velenoso che viene prodotto in condizioni normali durante le reazioni di fissione. «Poichè questo gas decade in tempi molto rapidi, è impossibile che i livelli rilevati adesso siano quelli rilasciati nell'incidente del marzo scorso». È quindi probabile che sia legato ad una reazione partita spontaneamente con il combustibile residuo rimasto nel reattore in fase di messa in sicurezza. Per questo motivo si è deciso, a scopo cautelativo, di iniettare acido di boro all'interno del circuito di raffreddamento. In questo modo sarà possibile 'spegnerè la reazione che molto probabilmente è ripartita e che non riguarda l'intero sistema.

IL CASO Milano, Moratti e Albertini in Tribunale I due ex sindaci spiegano l'affare derivati

Secondo l'ex sindaco le ormai introvabili carte sulla presunta convenienza economica dei contratti sottoscritti da Palazzo Marino sono state fatte sparire. Per il suo successore, il Comune è stato truffato

MILANO - I documenti dell'amministrazione comunale che dovevano riportare la convenienza economica dei contratti derivati stipulati dalle banche con Palazzo Marino sono stati distrutti. E' la convinzione espressa dall'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, che ha deposto stamani nel processo in cui sono imputate quattro banche (Ubs, Jp Morgan, Depfa e Deutsche Bank). "E' impossibile che persone competenti come i dirigenti comunali che si dovevano occupare dei derivati - afferma Albertini - non abbiano fatto quello che dovevano fare per norma di legge e cioè dichiarare la convenienza economica dei contratti. Se non si trovano i documenti vuol dire che sono stati distrutti. Oggi il pm ha avuto una notizia di reato e dovrebbe fare un'altra indagine per capire che fine abbiano fatto questi documenti. Il fatto che questa indagine non sia stata ancora fatta è una lacuna epocale". Gli istituti di credito sono accusati di avere commesso una truffa aggravata ai danni del Comune per circa 100 milioni di euro. Dopo Albertini, è stata la volta del suo successore a Palazzo Marino, Letizia Moratti. "Il Comune di Milano ha ritenuto di essere stato truffato dalle banche e per questo il sindaco si è rivolto a degli avvocati". Alla domanda "ritenevate di essere stati truffati dalle banche", Letizia Moratti ha risposto: "pensavamo che potesse esserci stata questa fattispecie", spiegando che per questo motivo si è rivolta a degli avvocati che hanno intentato una causa civile di risarcimento danni nei confronti degli istituti con cui Palazzo Marino aveva sottoscritto i contratti su derivati.

Si può mollare l’Euro?

C’è un fantasma che si aggira per la Grecia, indisturbato. E’ qualcosa che molti pensano, ma che nessuno confessa ad alta voce; che nessuno vuole dire, o ammettere. E’ la sfiducia verso l’euro, verso la moneta unica e, dunque, verso l’Europa; verso il destino unito del vecchio continente in questi periodi di crisi. L’economia ellenica sta facendo uno dei botti più rumorosi che si ricordino, e si sta delineando un futuro nefasto: la Grecia potrebbe davvero uscire dall’Unione Monetaria europea. E dunque dall’duro.

TORNARE ALLA DRACMA – C’è chi pensa che sarebbe una strage, un dramma. E c’è chi pensa che sarebbe salutare: mollare l’euro, salutare l’Europa e tornare alla cara, vecchia dracma. Come se l’Italia, di colpo, tornasse alla lira (soluzione peraltro paventata anche da noi nei mesi scorsi, all’inizio di questa turbolenza finanziaria). C’è un crescente movimento, in Grecia (loracconta il New York Times), di intellettuali, pensatori ed esperti che da qualche settimana sta teorizzando, calcolando e cercando di immaginare lo scenario che verrebbe a crearsi se davvero la Grecia uscisse dall’euro: e i risultati delle proiezioni, pur discordanti e tutti da confermare, restituiscono uno scenario non così proibitivo come si penserebbe. Insomma, secondo alcuni, se la Grecia uscisse dall’euro non sarebbe poi male. “I difensori della dracma affermano che le maggiori paure sono gonfiate. Certo, ci sarebbe panico e disordine inizialmente”, dice il Times: “Ma, come il caso argentino, dove dopo il crollo del dollaro le esportazioni sono partite a razzo grazie ad una valuta più economica, la possibilità di controllare la dracma finirebbe per risultare a favore della Grecia”. Di certo la Grecia verrebbe cacciata dal club dei grandi e ci vorrebbero “anni” per ritornare “nel mercato finanziario mondiale”.

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Tumori, arriva il farmaco multi-cancro

Parte la maxisperimentazione

Sta per partire a Londra uno studio clinico di fase I per testare un farmaco multi-cancro, l’L-NNA che agisce su diversi tumori solidi, al seno, all’intestino e ai polmoni.

ANTI-ANGIOGENICO – Si tratta di un farmaco anti-angiogenico: agisce sui vasi sanguigni che portano ossigeno e nutrienti al tumore, costringendoli, in modo da ridurre la possibilita’ di crescita del cancro. ‘Tutti i tumori contano sulla fornitura di ossigeno e nutrienti vitali attraverso i vasi sanguigni – afferma Peter Hoskin, dal Mount Vernon Cancer Centre di Londra, dove avra’ luogo lo studio – senza un apporto di sangue, un tumore non puo’ crescere oltre le dimensioni di una testa di spillo’.

LA SPERIMENTAZIONE – La sperimentazione sara’ condotta su 25-40 pazienti, partira’ ad aprile del 2012 e terminera’ a febbraio del 2014. Tutti i volontari riceveranno una sola dose di L-NNA, e saranno sottoposti ad una serie di test (analisi del sangue, Tac, controllo della pressione ed elettrocardiogramma) per monitorare l’azione dell’L-NNA e gli eventuali effetti collaterali. Le reazioni previste potrebbero riguardare un aumento della pressione del dangue, una ridotta funzionalita’ renale e la crescita del rischio di insufficienza cardiaca.(ANSA).

Haaretz: "Israele si prepara ad attaccare l'Iran". RaiNews chiama un giornalista israeliano a fare propaganda

Haaretz: 'Israele si prepara ad attaccare l'Iran'
GERUSALEMME (ISRAELE) - Sconcertante titolo del quotidiano israeliano Haaretz: il premier Netanyahu ha avuto una riunione con il MInistro della Difesa Barak per decidere un attacco contro l'Iran e contro le sue centrali nucleari. Un attacco che potrebbe essere condotto attraverso il lancio di un missile a testata nucleare. L'incontro non è stato confermato da fonti ufficiali, ma il quotidiano si mostra sicuro della sua fonte. Divertente il siparietto che è andato in onda su Rainews: è stato invitato a commentare la notizia (e altre notizie su Israele) il giornalista Yossi Bar, corrispondente della radio nazionale israeliana. Il quale non ha fatto altro che dire che un attacco contro l'Iran è giustificato perchè l'Iran "evidentemente è molto vicina ad avere la bomba atomica" e quindi è' un pericolo e via elencando la solita propaganda tipica dell'estremismo sionista. Ma chissà come mai, si sono dimenticati (e su quella rete se ne dimenticano sempre) di informare su alcuni dati reali. Per esempio, che chiunque in Iran ordini di sparare missili, anche se a testata ordinaria, su obiettivi che non siano esclusivamente militari o se il missile uccide un civile, questa persona viene condannata a morte, per aver violato ben due fatwa (nella religione islamica è un precetto contingente invilabile stabilito da un esponente religioso; chi lo viola, rischia di essere ucciso). Infatti, fu lo stesso Khomeini durante la guerra tra Iran ed Iraq a stabilire con una fatwa il divieto di usare armi nucleari, chimiche o batteriologiche, a meno che non si fosse assolutamente certi di colpire solo le forze militari nemiche. E una seconda, poco tempo dopo, che vietava anche l'uso di missili a testata esplosiva, senza la certezza di cui sopra. E poichè una fatwa può essere annullata solo da un religioso di pari o maggiore importanza di chi l'ha emessa, se non resuscitano Khomeini o Maometto, appare difficile che le fatwa possano essere revocate. E neanche il Presidente iraniano sfugge alle fatwa

Ma che cosa succede se un Paese va in default? Dalla Grecia all'Italia, ecco i rischi per gli Stati

Chiunque può fare default, cioè fallire. Può essere insolvente un individuo, ma anche una famiglia, oppure un'azienda, un ospedale, una banca, un Comune e pure uno Stato. I conti sono in rosso (le spese superano le entrate) e non si riesce più a pagare i creditori. Ovviamente cambia la scala degli effetti. Se a essere sopraffatto dai debiti è un singolo cittadino, lascerà da saldare l'affitto, le rate dell'auto, il finanziamento della banca... Se fallisce un'azienda, il peso ricadrà su dipendenti e fornitori. Se un Comune, interviene lo Stato centrale e i servizi ai cittadini proseguono (magari ridimensionati). Ma se è uno Stato a fare default, significa che non è più in grado di fronteggiare gli impegni economici assunti: dal rimborso alla scadenza prevista del denaro preso in prestito per finanziarsi attraverso l'emissione di titoli di Stato, agli stipendi da pagare ai dipendenti pubblici.

Il fallimento dell'Argentina nel 2001 è un ricordo ancora vivo nei risparmiatori italiani che avevano nel proprio portafoglio i tango bond: divennero carta straccia. Ma è vivo soprattutto nella classe media argentina che si trovò sul lastrico. Certo, Buenos Aires è ancora lì, però popolazione e risparmiatori hanno pagato a caro prezzo le scelte economiche e politiche - sbagliate - della Casa Rosada. Ma com'è possibile che uno Stato dell'Eurozona faccia default? In effetti nel 1992 il Trattato di Maastricht introdusse il tetto del 3% del Pil per il deficit e del 60% del Pil per il debito pubblico come condizioni da realizzare entro il 1997 per i Paesi che volessero entrare nell'euro. Poi venne anche il Patto di stabilità, ovvero l'accordo che imponeva il controllo delle proprie politiche di bilancio per mantenere fissi i parametri di Maastricht e che introduceva anche le sanzioni. Gli Stati, chi più chi meno, non hanno rispettato i parametri. La Grecia è arrivata a truccare i conti. L'Italia ha semplicemente un deficit pari al 3,9% del Pil e un debito del 120,6% sul Pil.

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http://www.corriere.it/economia/11_novembre_02/ma-che-cosa-succede-se-un-paese-va-in-default-francesca-basso_c104b5c2-052a-11e1-bcb9-6319b650d0c8.shtml

Il Cavaliere pensa a «misure choc». Tra le ipotesi, patrimoniale e prelievo forzoso

ROMA - L'unica certezza di Berlusconi è che «al Quirinale non c'è un capo dello Stato intento a ordire trappole». Tuttavia la fiducia che ancora gli accorda Napolitano è a tempo, e di tempo il Cavaliere non ne ha più. Indebolito dalle piazze finanziarie internazionali, accerchiato dalle manovre nei palazzi romani, e senza un accordo nel vertice d'emergenza convocato in serata, il premier ha trascorso la giornata meditando il varo di «misure choc» per salvare il Paese e il suo governo, entrambi a rischio default. Non c'è dubbio che gli «interventi straordinari» sui quali sta ragionando «mi fanno venire l'orticaria solo a pronunciarli». Dalla patrimoniale al prelievo forzoso, da un piano di dismissioni doloroso fino a una lunga teoria di condoni, Berlusconi valuta i provvedimenti da porre come sacchetti di sabbia sull'argine del fiume che ha già iniziato a tracimare.

«Mi hanno detto di fare come Amato», spiega il Cavaliere, che evoca così un'altra stagione economica drammatica, quella del '92, e le misure draconiane che vennero allora adottate per salvare la lira: guarda caso una patrimoniale sulla casa, un prelievo sui conti correnti e i depositi bancari, il blocco per un anno dei contratti del pubblico impiego e il blocco delle pensioni di anzianità. Tanto basta per far spuntare sul volto del premier una smorfia di disgusto mista a disappunto, perché ognuno di questi provvedimenti sarebbe «contrario ai miei capisaldi», al credo che ha divulgato per venti anni e che in parte ha già dovuto abbandonare con la manovra estiva.

Mentre i Btp continuano a cedere terreno sui listini, Berlusconi spiega alla Merkel che «farò quanto è necessario per difendere fino in fondo la credibilità dell'Italia», e con essa anche ciò che resta della sua credibilità nel consesso mondiale. Nel corso del colloquio il premier ribadisce che «il mio governo intende rispettare gli impegni», ma intanto si chiede e chiede «cosa posso fare più di quanto ho fatto». La risposta della cancelliera tedesca non si fa attendere, è un suggerimento che somiglia tanto a una perentoria richiesta: far validare intanto da un voto del Parlamento le linee guida del piano di risanamento presentato in Europa, una sorta di imprimatur preventivo in attesa dell'approvazione dei provvedimenti. La piena ha superato ampiamente i livelli di guardia quando Berlusconi accenna a Napolitano le «misure choc», prospettate ancora come ipotesi, segno della confusione che regna nella maggioranza e che viene indirettamente confermata dall'assenza di Bossi al vertice serale di Palazzo Chigi. E se è vero che la conversazione con il presidente della Repubblica convince il premier che «al Quirinale non si ordiscono trappole», è altrettanto vero che il Colle è risoluto nel chiedere atti di governo che tolgano l'Italia dal mirino della speculazione finanziaria. Il punto però non è stabilire quale sia il mezzo con cui varare i provvedimenti, poco importa se si tratti di decreti e di emendamenti da inserire nella legge di Stabilità: il nodo è il contenuto.

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Crisi: Casini Rutelli e Bocchino al Colle da Napolitano

Roma, 2 nov. (Adnkronos) - Una delegazione del Terzo polo guidata dal leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, il vicepresidente di Fli, Italo Bocchino e dal leader di Api, Francesco Rutelli, si e' recata nel pomeriggio al Colle per incontrare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Usa: truppe dall’Iraq al Golfo Persico?

Usa: truppe dall’Iraq al Golfo Persico?
di Michele Paris Il ritiro delle truppe americane dall’Iraq entro la fine dell’anno dovrebbe preannunciare, secondo le parole del presidente Obama, un disimpegno di Washington in Medio Oriente e un futuro di pace nella regione. Gli obiettivi strategici degli USA, tuttavia, non prevedono per il futuro nessun abbandono di quest’area cruciale del globo né, tantomeno, una riduzione del rischio di nuovi e sanguinosi conflitti.

L’annuncio di Barack Obama del completo ritiro dei militari americani dal paese mediorientale invaso nel 2003 entro la fine dell’anno è giunta il 21 ottobre scorso ed è stata propagandata come il mantenimento della promessa elettorale di porre fine ad una guerra profondamente impopolare. La retorica del presidente nasconde però a malapena una realtà ben diversa.

Innanzitutto, la fine dell’occupazione dell’Iraq era già stata negoziata nel 2008 da George W. Bush con il governo di Baghdad e, soprattutto, l’amministrazione democratica ha cercato disperatamente di convincere il premier Maliki a mantenere nel paese oltre il 31 dicembre prossimo un contingente americano fino a venti mila soldati, sotto forma di addestratori e consiglieri militari. I tentativi americani sono cessati solo quando è stata accertata l’impossibilità di raccogliere il consenso necessario nel Parlamento iracheno per una decisione che avrebbe perpetuato la presenza di un contingente militare che in quasi nove anni di occupazione ha causato oltre un milione di morti e la totale devastazione del paese.

Nonostante il fallimento degli Stati Uniti nel modificare il cosiddetto “Status of Forces Agreement” (SOFA) con Baghdad, Washington non ha alcuna intenzione di abbandonare l’Iraq. A più di cinque mila contractor privati (mercenari) che invaderanno il paese sotto il controllo del Dipartimento di Stato si devono aggiungere infatti circa 16 mila civili alle dipendenze del governo americano, molti dei quali impiegati nell’ambasciata USA della capitale, la più grande del pianeta.

In ogni caso, il relativo disimpegno dall’Iraq sarà bilanciato da una rinnovata presenza militare americana in altri paesi alleati del Golfo Persico, come ha messo in luce un articolo pubblicato domenica scorsa dal New York Times. Citando diplomatici e alti ufficiali militari, il quotidiano newyorchese rivela come l’amministrazione Obama sta appunto valutando la possibilità di inviare nuove truppe in paesi come il Kuwait e navi da guerra nelle acque internazionali della regione. Il tutto con lo scopo primario di aumentare le pressioni sull’Iran e stabilire basi d’appoggio per un’eventuale aggressione militare...

Fonte: http://www.altrenotizie.org/

Russia non permetterà una nuova "tragedia libica" in Siria

Russia non permetterà una nuova
ABU DHABI - La Russia non ammetterà il ripetersi dello scenario libico in Siria. Lo ha dichiarato il titolare del Ministero degli Esteri della Federazione Russa Serghei Lavrov. La posizione di Mosca è ispirata alla necessità di dialogo tra le autorità e l’opposizione di questo Paese. La risoluzione dell’Onu sulla Libia è stata gravemente violata il che ha arrecato un grave danno alla reputazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni .

È diventata operativa la base radar Usa in Turchia

È diventata operativa la base radar Usa in Turchia
ISTANBUL - Una base militare radar degli Stati Uniti è diventata operativa nella città sud-orientale turca di Sirnak, vicino al confine dell'Iraq, lo ha riferito la Press TV. Secondo quanto hanno riferito le fonti turche ci è voluto un anno per costruire questa base radar, che è totalmente sotto controllo degli Usa. La base radar è situata su una collina nel quartiere Gurvil di Sirnak, e il suo centro di controllo si trova presso la base aerea di Incirlik nel sud della Turchia. La base radar potrebbe essere utilizzata per controllare i droni degli Stati Uniti e monitorare lo spazio aereo del nord dell'Iraq. Il radar ha una portata media di 2.000 chilometri.