L’ospedale: pensavamo che fosse soltanto la reazione al vaccino
ROMA - Era già risultata positiva al test sulla tbc tra il 2004 e il 2005, l’infermiera del Policlinico Gemelli che il 28 luglio scorso ha scoperto di essere affetta da tubercolosi polmonare e avrebbe dato origine al contagio nel reparto di Neonatologia. I controlli dell’ospedale sarebbero stati inadeguati. Ieri la donna è stata ascoltata per oltre due ore dalprocuratore aggiunto Leonardo Frisani e dal pm Alberto Pioletti, titolari del fascicolo sulla diffusione del virus in corsia. Attraverso la struttura protetta dell’Ospedale Spallanzani, dove è ancora ricoverata, ha risposto alle domande dei magistrati ricostruendo l’iter della sua malattia. Tempi, sintomi, controlli e precauzioni assunte dal Gemelli, dove ha sempre lavorato. «Sono disperata», ha detto ai pm. Ma adesso gli inquirenti vogliono solo capire come sia stato possibile che l’infermiera, positiva alla tbc già sette anni fa, abbia continuato a lavorare nei reparti. I carabinieri del Nas stanno cercando di stabilire perché l’ospedale non abbia preso le misure necessarie per garantire l’incolumità dei pazienti. Secondo le testimonianze fornite dai vertici del Gemelli, dal direttore sanitario, al direttore di sede, fino al responsabile del personale, la positività al test, emersa tra il 2004 e il 2005, non sarebbe stata ritenuta allarmante perché attribuita soltanto al vaccino al quale la donna era stata sottoposta. E’ frequente, hanno spiegato i testimoni convocati in procura, che gli agenti utilizzati per immunizzare determinino successivamente una risposta positiva ai test. Ma la ricostruzione dei vertici del Gemelli non convince, ci sarebbero alcune discrepanze. Il sospetto è che l’ospedale non abbia di fatto messo in atto tutte le procedure di sicurezza necessarie. La donna non sarebbe poi stata sottoposta a uno screening e i protocolli, previsti in casi di questo tipo, non troverebbero riscontro documentale. Comunque le procedure messe in atto dal Gemelli sarebbero risultate inefficaci, lo dimostra la positività al test di 79 bambini. Adesso il Nas va a ritroso, per stabilire dove l’infermiera abbia incontrato il virus della tbc. Se davvero sia stato il marito a trasmetterglielo, così come sostiene il Codacons, o se, invece, possa avere avuto contatti con pazienti affetti da tubercolosi negli altri reparti dove ha prestato servizio nel tempo. Indietro fino al 2004, perché la tubercolosi potrebbe essere stata in incubazione per tutti questi anni. Ieri in procura è toccato a un altro medico del Policlinico Gemelli, a capo di un reparto dove la donna ha lavorato, rispondere alle domande dei pm. I magistrati non hanno ancora ipotizzato alcun reato, ma a questo punto sembra scontato che l’inchiesta arrivi presto a una svolta. L’ipotesi meno grave sarebbe quella di lesioni colpose, non è escluso però che la per la procura possano configurarsi anche altri reati.