martedì 15 novembre 2011

Scuola, gli ultimi tagli di Tremonti meno dirigenti e istituti accorpati

Nuove norme, contentute nella legge di stabilità approvato sabato, alza i minimi degli studenti per ogni sede scolastica. Colpite 300 licei e istituti tecnici, soprattutto al Sud. Quasi 900 direttori saranno in comproprietàdi CORRADO ZUNINO

ROMA - Con la legge di stabilità licenziata sabato scorso dalla Camera, sono arrivati gli ultimi tagli alla scuola. Il ministro dimissionario Giulio Tremonti ha ottenuto, senza più alcun argine in viale Trastevere visto che Mariastella Gelmini ha iniziato a inscatolare le sue cose e sta salutando i dirigenti dell'Istruzione, la soppressione di 297 presidenze e uffici amministrativi all'interno di altrettanti istituti superiori. Gli istituti non arrivano a 400 studenti a testa, e questa è la soglia di sopravvivenza visto che sono abbarbicati in zone montane, insediati nelle isole, costruiti in aree a specificità linguistica. Dalla stagione 2012-2013 in 297 perderanno i dirigenti, resteranno le sedi. I vecchi parametri sono saltati, finora le scuole dovevano avere tra un minimo di trecento studenti e un massimo di cinquecento. Il nuovo range sale: tra 400 e 600 per restare in vita. La gran parte delle istituzioni scolastiche vittime dei tagli orizzontali tremontiani si trova al Sud: sono 140, escluse le isole. In Calabria ci sono 47 siti a perdere, in Campania 32. La Sicilia perde dirigenze e autonomia in 32 scuole, la Sardegna in 35. Quarantasei istituti sono nelle regioni centrali, 48 al Nord. Per poter continuare a funzionare queste scuole dovranno accorparsi e raggiungere le dimensioni minime. In un calcolo di "Tuttoscuola", i quasi trecento istituti dovrebbero diventare cento. Così, dopo aver toccato l'estate scorsa le scuole del primo ciclo (materne, elementari e medie non potranno scendere sotto i mille alunni, cinquecento se operano nelle isole e in comunità montane), ora il ridimensionamento tocca le superiori. In questo percorso di risparmi la legge di stabilità ha previsto, a cascata, che 887 direttori dei servizi generali e amministrativi dalla stagione 2012-2013 saranno in comproprietà, come da alcune stagioni accade ai presidi. Dirigeranno scuole diverse, non più una soltanto. Con o senza la Gelmini, la riforma della rete scolastica procede e, in parallelo, va avanti il dimagrimento dell'organico centrale. Sul territorio gli uffici dell'amministrazione scolastica, chiamati a governare un sistema mastodontico, sono ridotti ai minimi termini. In dieci anni i dirigenti tecnici (ex ispettori) sono diventati 300. Ci sono 500 docenti e dirigenti impropriamente distaccati per riempire i vuoti che si aprono ogni settimana. Ora la legge di stabilità chiede una nuova riduzione (il 40% su 500 unità) del personale docente e dirigente comandato negli uffici dell'amministrazione scolastica.

Il Giornale s’inventa che i blogger odiano Monti

Fantastico articolo sul quotidiano on line di Sallusti

Un articolo davvero fantastico, quello del Giornale su Monti che fa flop tra i blogger.L’articolo cita una fonte, Voices from the blog, e un’analisi pubblicata sul suo sito internet. Raccontandola così:

La domanda dunque è semplice: qual’è l’opinione dei blogger sui temi caldi di questi giorni, da Mario Monti, al rischio di un default che coinvolga anche l’Italia. E le risposte sono quelle che in fondo ci si poteva aspettare. Anche i blogger vedono nero sul futuro del Paese. Non c’è da meravigliarsi. All’opinione di molti fanno eco anche le parole della classe politica, con in testa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ricorda come ci attendano “giorni difficili”. Certo, c’è un cauto ottimismo, del 13,5% del campione esaminato, che ritiene la situazione non sia poi così grave, ma c’è anche un 60%, una larga maggioranza, che si divide tra previsioni “pessime” e “non buone” e sul futuro di un’Italia montiana non ripone molto speranze. Mario Monti, dati alla mano, non è quindi il salvatore che qualcuno si aspettava. Nulla da dire sulla personalità dell’uomo, che viene generalmente considerato serio, corretto e competente (39.8%). Ma a preoccupare i blogger non è la personalità del bocconiano, bensì l’utilità del suo coinvolgimento. Quasi un blogger su due sottolinea con forza l’eccessiva vicinanza di Monti agli ambienti della finanza internazionale e parla dell’ingresso in campo del tecnico come un attentato alla democrazia, che portando al premierato un “non eletto” ratifica di fatto lo stato di commissariamento del Paese. A fuoco per il 14,7% anche le tensioni che il nome di Monti ha causato nel centrosinistra e il rischio che pregiudichi il dialogo con l’opposizione.

Ecco, basta andare alla fonte per scoprire cosa dice quella ricerca: una ricerca piena di grafici, e il primo stranamente è stato ignorato dal Giornale. Cosa diceva? Nulla d’importante: identificava di chi era, secondo i blogger, la colpa della situazione.

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http://www.giornalettismo.com/archives/168673/il-giornale-sinventa-che-i-blogger-odiano-monti/

Monti, trovata l'intesa con i partiti "Lista dei ministri quasi chiusa"

Roma, 15 nov. (Adnkronos/Ign) - "Monti ha detto di aver raggiunto un'intesa con le principali forze politiche per avere un consistente componente parlamentare che lo appoggi". Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni svela le parole del premier candidato che, nel giorno di chiusura delle consultazioni trova la soluzione al rebus e sembra ormai pronto per presentare la listi dei ministri al Quirinale. E subito dopo il presidente di Rete Imprese Italia, Ivan Malavasi, ultimo ad aver visto il premier incaricato, aggiunge: "Monti punta a costituire un governo con un orizzonte temporale che è fine legislatura, che possa guardare oltre la temporaneità. Ha detto che è quasi pronto e che punta ad un forte sostegno del Parlamento". Poi Malavasi entra nel merito delle misure di Monti: "Ci saranno sacrifici da fare -ha fatto detto Monti- ma con equità e rigore e si cercherà con le parti sociali un sostegno per le riforme".

Proprio al Colle nel pomeriggio Monti ha visto per circa un'ora e mezza Napolitano, per poi tornare a Palazzo Gisutiniani intorno alle 15.00. Un incontro, quello con il Capo dello Stato, che è servito per fare il punto. A quanto si apprende, da ambienti del Quirinale, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è intrattenuto a colazione con il Presidente del Consiglio incaricato.

Un incontro dopo una mattinata in cui Monti ha incontrato la delegazione del Partito democratico formata dal segretario Pier Luigi Bersani e dai capigruppo Anna Finocchiaro e Dario Franceschini.

"E' stato un incontro molto positivo e mi pare che la pratica sia ben avviata", ha detto Pierluigi Bersani al termine dell'incontro confermando al Professore "il pieno e convinto sostegno allo sforzo e al tentativo di Monti". "C'è stato uno scambio di idee sui temi programmatici e da parte nostra è arrivata la conferma al sostegno di un governo di autorevole caratura tecnica, non per sostenere meno ma per sostenere meglio. E consegniamo alla politica e ai gruppi parlamentari il sostegno convinto e l'organizzazione di un percorso per qualche urgente riforma". Bersani, che afferma di "non aver messo termini al governo", cita la riforma elettorale, la riduzione dei parlamentari, le riforme istituzionali, "oltre a quei provvedimenti per affrontare l'emergenza economica". "Abbiamo incoraggiato Monti a proseguire con determinazione e rapidità senza porre termini temporali al governo", ha detto Bersani.

Ma dal Pd viene subito smentita l'indiscrezione che vedeva un sì a Letta e Amato nel governo da parte di Bersani. A un certo punto infatti erano circolate voci su un presunto cedimento del Pd sul 'tandem' Gianni Letta-Giuliano Amato. Voci su cui è partita subito la smentita ufficiale. Tuttavia, c'è chi dice che le cose non sono così chiuse come sembra. Del resto, gia' nei giorni scorsi, quando si ipotizzava una 'cabina di regia' politica targata Letta-Amato più di un dirigente democratico (non della stretta cerchia del segretario Bersani, per la precisione) faceva sapere che il Pd alla fine avrebbe potuto dire si'. Insomma, ci sarebbero sensibilità diverse sulla questione tra le varie componenti del partito. Al momento, comunque, c'è la smentita ufficiale al ticket Letta-Amato. Ma la situazione, è evidente, è in piena evoluzione.
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New York, polizia sgombra il campo di Occupy Wall Street: 200 arresti

New York, 15 nov. (Adnkronos) - Dopo quasi due mesi di occupazione, la polizia newyorkese è intervenuta a Zuccotti Park per sgombrare il quartier generale di Occupy Wall Street, il movimento di protesta che da New York si è diffuso in tutta l'America e nel resto del mondo.

Centinaia di agenti sono arrivati verso l'una di notte nell'accampamento dove, nonostante le temperature ormai invernali, dormivano circa 200 dimostranti che all'inizio hanno opposto resistenza allo sgombro scandendo lo slogan 'Di chi è il parco? E' il nostro parco'. Gli agenti hanno arrestato 200 persone. Il capo della polizia Raymond W. Kelly ha spiegato che 142 persone sono state arrestate perché si opponevano allo smantellamento delle tende ed un'altra sessantina mentre continuavano a protestare nelle strade circostanti. Tra i fermati anche un consigliere comunale, arrestato mentre cercava di entrare nel parco mentre era in corso l'operazione della polizia.

La situazione a Zuccotti Park era diventata "intollerabile" e costituiva un rischio "per la sicurezza e la salute pubblica", ha spiegato Michael Bloomberg, sindaco di New York, difendendo in una conferenza stampa lo sgombro. "L'inazione non era più un'opzione", ha detto ancora Bloomberg, sottolineando come si fossero già verificati degli incidenti per quanto riguarda la sicurezza. E come il campo fosse diventato non più solo "un posto dove protestare, ma anche per violare la legge". Riconoscendo che la maggioranza dei dimostranti è sempre stata pacifica, il sindaco ha infatti puntato il dito contro una minoranza, riferendo di violazioni della legge e reclami da parte dei residenti registrati nelle ultime settimane. Riguardo poi alla polemica sul diritto di opinione, Bloomberg ha ripetuto che "il primo emendamento non protegge il diritto di occupare con tende spazi pubblici" e ripetuto che, una volta ripulito, il parco resterà, anche per volere dei suoi proprietari privati, "aperto a chiunque voglia esprimere le proprie idee e protestare, che è una cosa diversa da prendere il controllo della situazione".
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Chi di conflitto di interessi ferisce...

Tra i suoi estimatori, sicuramente sono in molti a dire che B. si sia dimesso per il bene sommo del Paese, ma la verità potrebbe essere molto più banale e semplice: il proprio patrimonio e il bene della propria tasca. L'era del Cavaliere - il grande imprenditore prestato alla politica - si era aperta, tra tanti clamori, all'insegna del conflitto di interessi, quella del sig. “Berluschi”, l'uomo del drive-in, si conclude nella stessa maniera, questa volta senza che i medesimi clamori turbino la sua uscita.

“Lui era un Cesare, ne avremo mai un altro?”. Più o meno dovrebbero essere queste le parole che echeggiano nelle testoline degli elettori più incalliti di “nostr'omo della Provvidenza”. Nella testa dell'ex princeps, invece, oltre al problema della perdita del soglio repubblicano, il pensiero volge al suo patrimonio. A sostegno di ciò il fatto che la fortuna sembra averlo abbandonato da qualche tempo.

Dopo aver consolidato il proprio potere economico e le proprie fortune intascando 118 milioni di dividendi nel 2010, con l'ultimo capitolo della vicenda Mondadori, ossia la sentenza emessa dalla Corte d'Appello il 9 luglio scorso, “Arcorman” ha dovuto sborsare ben 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti. Una botta tra capo e collo al suo patrimonio liquido!

L'ultima parte della crisi poi ha contribuito non poco a erodere le enormi fortune “azionarie” della famiglia Berlusconi, incidendo notevolmente, oltre che sull'ammontare dei dividendi, anche sul valore stesso e intrinseco delle azioni quotate nelle borse di mezzo mondo, non solo di Mediaset medesima, che ha visto scendere ben oltre il 50% il valore delle proprie azioni dall'inizio del 2011, ma anche le altre partecipazioni azionarie nell'arcipelago delle aziende del Bel paese. Nell'ultima settimana poi Mediaset ha visto volatilizzarsi una capitalizzazione di 410 milioni di euro.

Da quando il caimano ha iniziato a perdere consensi, la sua caduta è stata anche soprattutto finanziaria, e, in primis, da quando la stampa internazionale ha iniziato ad attaccarlo e ad incolparlo della situazione di caduta di credibilità di tutta la zona euro per colpa della sua presidenza ai vertici dell'italico Stato, anche le sue ricchezze, dipendenti dagli andamenti degli indici, si sono materialmente legate alla sua uscita dalla politica italiana.

Paradossalmente, tra un gran parlare e un gran darsi da fare di coppieri cianciosi e pappagalli arzilli del Pdl, che con paroloni cercano di spiegare chi in un modo chi in altro l'uscita del grande statista, pare chepotrebbero esser stati proprio i destini dei cospicui patrimoni di famiglia a convincere l'ormai ex premier a retrocedere dalla scena.

Per una manciata di giorni di potere, tra cosiddetti traditori e traditi, il prezzo da pagare, questa volta, è sembrato davvero molto alto. Certo, non solo la dignità di una delle colonne della Ue, o che la colpa di una catastrofe monetaria e finanziaria mondiale venisse proprio ascritta al Bel Paese, oppure l'esser sulla bocca della comunità internazionale come un qualunque paesello africano retto da un dittatorello megalomane, o che la gente comune divenisse sempre più povera per colpa di uno dei governi più incapaci della storia d'Italia, rumores currunt che siano state proprio le cospicue fortune di “Cesare” a farlo volgere verso la strada della pesante e grave decisione. Il rischio era troppo alto che i mercati rischiassero ancora di scendere e far valere le azione dei gioielli e gioiellini di famiglia un emerito tubo.

La citazione shakespeariana all'inizio del qui presente tradisce le aspettative di una parte della nazione nei confronti di un uomo giudicato fin troppo magnanimo, generoso e altruista, tanto da voler negligere i propri affari e mettersi come Cincinnato al servizio dello Stato. La storia ha fin qui ampiamente dimostrato che tali alte aspettative furono a suo tempo mal riposte quanto ormai tradite; ora la chiave di risoluzione del problema – così come la morale della storia - giace proprio nel fatto concreto e improcrastinabile se i suoi più alti, quanto anche i più bassi, estimatori abbiano capito l'imperdonabile errore, cosa ardua.

Da ciò si capirà se il berlusconismo - indipendentemente se B. uscirà dalla politica o meno - avrà plasmato in modo duraturo e nefasto con fatti e azioni la coscienza di un popolo tanto da compromettere non tanto il presente quanto il futuro prossimo e remoto di intere generazioni.

Il bluff di Berlusconi

La politica è una parola nobile, significa cura della polis, dell’interesse collettivo. Ora è diventata un paravento dietro il quale si nascondono bassezze, affari e miserie umane.

E così oggi, elezioni anticipate e governo tecnico non sono il frutto di scelte politiche. Dietro queste scelte non c’è la nobiltà della politica, ma la miseria del danaro, della lotta per la conservazione delle indennità e dei privilegi parlamentari. Dietro la cortina fumogena dell’avversione al governo tecnico e della preferenza per il ricorso alle urne di fazioni del PDL, si nasconde l’interesse di Berlusconi per i suoi processi e per le sue aziende, per gli affari suoi e dei suoi amici.

Con le elezioni anticipate si perdono indennità e pensioni, si segna la fine dei privilegi; con il governo tecnico si conservano. Dietro l’appoggio al governo Monti c’è l’interesse di molti parlamentari di maggioranza e di opposizione a scongiurare un nuova legislatura e quindi la perdita dei privilegi. Deputati e senatori del PDL, sono usciti allo scoperto e hanno espresso, per bocca di Scajola, la loro contrarietà alle elezioni anticipate.

E d’altra parte i titoli Mediaset sono in caduta rovinosa. Lasciare il Paese senza un governo affidabile significa la rovina delle aziende del Cavaliere. Tutto ciò ha costretto Berlusconi ad accettare il governo tecnico. Ma il cavaliere non può lasciare a Monti briglie sciolte, ha i suoi interessi da difendere e quelli dei suoi amici. Deve affrontare ancora molti processi e poi c’è Mediaset da sostenere, la Rai da controllare.

Per questo deve in qualche modo condizionare l’attività del nuovo governo,a cominciare dalla scelta deiministri, ai provvedimenti che riguardano le comunicazioni e la Giustizia. Per fare questo, deve far pesare i voti del suo partito. E allora enfatizza la minaccia di alcuni del PDL di non votare il governo tecnico. E al professore che ha bisogno di una maggioranza larga per assumere provvedimenti lacrime e sangue, il cavaliere lancia un messaggio: "I voti del PDL non sono scontati, per averli è necessario il mio appoggio; questo appoggio non è gratis".

Ma tutto questo è uno stupido bluff. Berlusconi non può condizionare nessuno, deve necessariamente sostenere il governo tecnico. Gran parte del suo partito, per conservare indennità e acquisire le pensioni, voterà comunque Monti a prescindere dalla volontà del cavaliere. Il ricorso immediato alle urne significa sconfitta certa per Berlusconi e Berlusconi non ha manie suicide.

D’altra parte è suo interesse votare Monti, perché senza di lui i titoli di Mediaset saranno travolti dalla nella bufera del mercato. Se il PDL non vota Monti, si spacca tra quelli pro governo tecnico e quelli contrari, e ciò non è interesse né di Berlusconi né dei fautori del ricorso alle urne.

Multe, indagini e perquisizioni Il momento nero di Deutsche Bank

Il colosso bancario tedesco dovrà pagare 145 milioni di dollari alle autorità di controllo dei mercati finanziari Usa. Il ceo Josef Ackermann è sospettato di aver testimoniato il falso nel processo sulla bancarotta di Leo Kirch

dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
  • BERLINO – Gravi problemi su due fronti per Deutsche Bank, il maggiore istituto di credito tedesco. La Banca è stata condannata dalle autorità americane a pagare una multa di 145 milioni di dollari, perché riconosciuta colpevole di aver condotto troppe operazioni a cuor leggero con titoli a rischio nel periodo precedente e attorno alla crisi finanziaria-economica del 2008-2009. E intanto il suo ceo uscente, lo svizzero Josef ‘Joe’ Ackermann, finora considerato l’uomo più potente e influente nell’economia tedesca e un ascoltato consigliere ufficioso della cancelliera Angela Merkel, ha dovuto rinunciare a passare (alla prevista, imminente scadenza del mandato) alla guida del Consiglio di sorveglianza. Motivo: è indagato dalla magistratura per sospetto di falsa testimonianza in relazione alle vicende giudiziarie che hanno opposto anni fa Deutsche Bank a Leo Kirch, il magnate dei media tedeschi recentemente scomparso. Sul fronte Usa, il pagamento (pari a 106 milioni di euro), è stato concordato con la National credit union administration, l’autorità di regolamento e controllo dei mercati finanziari, e risparmia a Deutsche Bank ulteriori guai. Anche un altro istituto, Citigroup, allora concorrente di Deutsche sul mercato nordamericano, si è dovuto impegnare a pagare, per circa di 20,5 milioni di dollari. Entrambe le banche sono state chiamate in causa per aver minimizzato i rischi di titoli immobiliari, i cosiddetti mortgage-backedsecurities, e di aver in tal modo peggiorato la crisi prima e dopo il fallimento di Lehman Brothers, a danno sia dei loro clienti sia dell’economia. In Germania, la situazione non è migliore. Ieri gli inquirenti hanno perquisito gli uffici di Ackermann ai piani alti delle nere torri gemelle, la sede centrale di Deutsche Bank a Francoforte. Il sospetto è che Ackermann, e forse anche il suo predecessore Rolf Breuer, abbiano mentito in tribunale al processo sulla bancarotta del gruppo Kirch, evidentemente per proteggere la banca dalle conseguenze del fallimento del big player mediatico. I cui legali accusarono la banca di aver provocato la bancarotta del gruppo, persino con dichiarazioni pubbliche nelle quali avanzavano il sospetto di insolvenza di Leo Kirch. La conseguenza è stata immediata: Ackermann, che dopo l’imminente fine del suo mandato sperava nel consueto coronamento della carriera passando a guidare lo Aufsichtsrat, cioè il consiglio di sorveglianza, dovrà cedere il passo a qualcun altro. Con ogni probabilità, a Paul Achleitner, ex dirigente di Goldman Sachs e responsabile finanziario di Allianz.

    I "paletti" del Pdl a Monti fanno volare lo spread oltre i 500 punti

    I 'paletti' del Pdl a Monti fanno volare lo spread oltre i 500 punti
    MILANO - Viene valutato sempre più a rischio, la costituzione del governo Monti, sui mercati internazionali. E' evidente che senza il Pdl, nè il Pd nè il Terzo Polo sono disposti a sostenere un governo che dovrebbe assorbire qualche transfugo del partito di Silvio Berlusconi per avere una maggioranza risicatissima. Ma dal canto suo, il Pdl sta ponendo troppe condizioni: niente leggi che riguardino le aziende del premier, niente patrimoniale, niente politici nel governo, governo a termine... In pratica è una gabbia intorno a Mario Monti, una gabbia nella quale ilsenatore a vita non potrebbe fare praticamente nulla. E quindi ecco che i mercati voltano le spalle all'Italia: ieri, i Btp a cinque anni hanno avuto richieste pari a solo 1,5 volte l'offerta (percentuale bassissima; per fare un paragone, i titoli tedeschi a 10 anni, di cui ieri c'era l'offerta, hanno avvuto richieste pari a 5 volte l'offerta).. Ed oggi all'apertura delle Borse si continua così: l'indice Ftse Mib ha iniziato con un -1% e lo spread (cioè il differenziale tra i titoli di stato italiani a 10 anni e quelli tedeschi con la medesima scadenza) è volato oltre i 500 punti, portando i tassi di interesse sui Btp italiani nuovamente vicini al 7%

    Viterbo, detenuto muore dopo aver denunciato pestaggio

    Roma, 15 nov. (Adnkronos) - Avrebbe denunciato, al pronto soccorso di un ospedale di Roma, di essere stato pestato dagli agenti della polizia che lo avevano arrestato. Tre giorni dopo il fermo, e' morto, per cause da accertare, in un letto del reparto per detenuti dell'ospedale ''Belcolle'' di Viterbo. Il nuovo caso di morte sospetta nelle carceri e' stato denunciato dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni che afferma: "Invito la magistratura a fare al piu' presto chiarezza sulle circostanze che hanno portato a questo decesso, anche per sgomberare al piu' presto ogni nube e per evitare l'atroce sensazione di trovarsi davanti ad un nuovo caso Cucchi".

    "La vittima - fa sapere una nota del Garante dei detenuti del Lazio - si chiama Cristian De Cupis, romano di 36 anni, residente nel quartiere Garbatella. Secondo le informazioni in possesso del Garante l'uomo, affetto da diverse problematiche di carattere sanitario, viene arrestato il 9 novembre alla stazione Termini per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Condotto al pronto soccorso dell'ospedale 'Santo Spirito' l'uomo, che aveva delle escoriazioni alla fronte, avrebbe riferito ai medici di essere stato percosso dagli agenti che lo hanno arrestato e, per questo, avrebbe anche sporto denuncia".

    "Il 10 novembre, De Cupis viene trasferito, in ambulanza e scortato dalla polizia, nella struttura protetta dell'ospedale 'Belcolle' di Viterbo dove viene sottoposto a tutti gli esami di rito, compresa una Tac - spiega una nota del Garante dei detenuti del Lazio - Il giorno seguente sarebbe stato anche convalidato l'arresto e disposti gli arresti domiciliari non appena finito il ricovero. La mattina del 12 novembre, pero', De Cupis muore. I familiari sarebbero stati avvertiti dell'arresto solo dopo l'avvenuto decesso".

    "A chi lo ha incontrato nei giorni del ricovero l'uomo era parso a tratti agitato e a tratti lucido, comunque non in condizioni che potessero far immaginare una morte repentina - prosegue la nota - A conferma di cio', la circostanza che l'uomo, solo due giorni prima dell'arresto, si era rivolto ad una struttura di orientamento per detenuti per cercare un lavoro. La salma e' stata posta a disposizione dell'autorita' giudiziaria e questa mattina si e' svolta l'autopsia".

    "Attendiamo l'esito degli esami autoptici per capire cosa e' successo - ha aggiunto Marroni - ma, comunque ho deciso di inviare una nota al ministero della Giustizia e a quello dell'Interno sollecitando le verifiche del caso. Questa vicenda presenta dei lati non ancora chiariti, che necessitano di un approfondimento e, soprattutto, di chiarezza. Quella chiarezza che meritano i famigliari di quest'uomo e le centinaia di operatori della sicurezza che svolgono con correttezza e abnegazione il proprio lavoro".

    Indignati, polizia sgombra campo Occupy Wall Street a NY: 70 persone arrestate

    New York, 15 nov. (Adnkronos) - Dopo quasi due mesi di occupazione, la polizia newyorkese è intervenuta a Zuccotti Park per sgombrare il quartier generale di Occupy Wall Street, il movimento di protesta che da New York si è diffuso in tutta l'America e nel resto del mondo.

    Centinaia di agenti sono arrivati verso l'una di notte nell'accampamento dove, nonostante le temperature ormai invernali, dormivano circa 200 dimostranti che all'inizio hanno opposto resistenza allo sgombro scandendo lo slogan 'Di chi è il parco? E' il nostro parco'. Gli agenti hanno arrestato una settantina di persone che si sono opposte agli agenti che hanno smontato le tende, con l'obiettivo di "ripulire" l'intera area prima del mattino. Per un paio di ore un centinaio di dimostranti si sono anche asserragliati nell'area dove erano state montate le tende usate per le cucine del campo istituito il 17 settembre scorso.

    E' stato verso le tre del mattino che gli agenti, guidati dallo stesso capo della polizia newyorkese Raymond Kelly, sono riusciti a superare le ultime resistenze degli indignati che a braccia incrociate continuavano a gridare "nessuna ritirata, nessuna resa", "questa è la nostra casa", "barricate". Dall'ufficio del sindaco Michael Bloomberg è stato diffuso un messaggio su Twitter, poco dopo l'inizio dello sgombro, in cui si affermava che "gli occupanti del parco saranno temporaneamente sgombrati per poter rimuovere le tende, i dimostranti potranno ritornare dopo che il parco sarà pulito". Un messaggio simile a quello contenuto dei volantini distribuiti dagli agenti a nome dei proprietari privati del parco, la Brookfield Proprieties.

    Nel frattempo un giudice newyorkese ha ordinato uno stop temporaneo delle operazioni di sgombro di Zuccotti Park, in attesa per l'udienza fissata per le 11,30 - le 17,30 in Italia - per valutare il ricorso presentato da Occupy Wall Street. Per il momento, secondo quanto si legge sul sito del New York Time, il giudice Lucy Billing ha proibito alle autorità cittadine e alla Brookifield Proprieties, che è il proprietario del parco occupato dal 17 settembre, "impedire ai dimostranti di rientrare nel parco con tende ed altre loro proprietà utilizzate in precedenza". La decisione del giudice è arrivata mentre i dimostranti sgombrati nella notte si sono radunati nella vicina Foley Square.

    La scorsa notte la polizia ha sgomberato 'Occupy Oakland' nell'omonima città californiana, arrestando 33 persone, mentre sabato sera gli agenti hanno messo fine all'accampamento di protesta a Portland nell'Oregon, con 50 arresti. Un migliaio di dimostranti sono però ritornati nella notte nella Frank Ogawa Plaza, appena 12 ore dopo . Una mossa, che ha preceduto di poco l'azione della polizia newyorkese a Zuccotti Park, con cui le autorità della città che si affaccia sulla baia di San Francisco intendono da ora in poi far rispettare il divieto di accampamento nella piazza di fronte alla City Hall dove comunque, durante il giorno, verrà rispettato il diritto dei dimostranti di radunarsi. "Molte persone che hanno iniziato l'accampamento vogliono vedere la protesta muoversi a un altro livello", ha detto uno dei dimostranti sottolineando che in questo momento non c'è nessuna ragione per cercare di istituire un nuovo accampamento.

    Governo: Monti arriva a Palazzo Giustiniani, al via incontro con parti sociali

    Roma, 15 nov. - (Adnkronos) - E' appena arrivato a Palazzo Giustiniani il presidente incaricato Mario Monti che si appresta a incontrare, come previsto, le parti sociali. Pochi minuti fa sono arrivati i tre leader sindacali Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl), Luigi Angeletti (Uil), la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.