Divulgo quello che ... non tutti dicono ... / Perchè il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione. (Edmund Burke)
martedì 15 novembre 2011
Il Giornale s’inventa che i blogger odiano Monti
Fantastico articolo sul quotidiano on line di Sallusti
Un articolo davvero fantastico, quello del Giornale su Monti che fa flop tra i blogger.L’articolo cita una fonte, Voices from the blog, e un’analisi pubblicata sul suo sito internet. Raccontandola così:
La domanda dunque è semplice: qual’è l’opinione dei blogger sui temi caldi di questi giorni, da Mario Monti, al rischio di un default che coinvolga anche l’Italia. E le risposte sono quelle che in fondo ci si poteva aspettare. Anche i blogger vedono nero sul futuro del Paese. Non c’è da meravigliarsi. All’opinione di molti fanno eco anche le parole della classe politica, con in testa il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ricorda come ci attendano “giorni difficili”. Certo, c’è un cauto ottimismo, del 13,5% del campione esaminato, che ritiene la situazione non sia poi così grave, ma c’è anche un 60%, una larga maggioranza, che si divide tra previsioni “pessime” e “non buone” e sul futuro di un’Italia montiana non ripone molto speranze. Mario Monti, dati alla mano, non è quindi il salvatore che qualcuno si aspettava. Nulla da dire sulla personalità dell’uomo, che viene generalmente considerato serio, corretto e competente (39.8%). Ma a preoccupare i blogger non è la personalità del bocconiano, bensì l’utilità del suo coinvolgimento. Quasi un blogger su due sottolinea con forza l’eccessiva vicinanza di Monti agli ambienti della finanza internazionale e parla dell’ingresso in campo del tecnico come un attentato alla democrazia, che portando al premierato un “non eletto” ratifica di fatto lo stato di commissariamento del Paese. A fuoco per il 14,7% anche le tensioni che il nome di Monti ha causato nel centrosinistra e il rischio che pregiudichi il dialogo con l’opposizione.
Ecco, basta andare alla fonte per scoprire cosa dice quella ricerca: una ricerca piena di grafici, e il primo stranamente è stato ignorato dal Giornale. Cosa diceva? Nulla d’importante: identificava di chi era, secondo i blogger, la colpa della situazione.
Continua ...
http://www.giornalettismo.com/archives/168673/il-giornale-sinventa-che-i-blogger-odiano-monti/
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Chi di conflitto di interessi ferisce...
Tra i suoi estimatori, sicuramente sono in molti a dire che B. si sia dimesso per il bene sommo del Paese, ma la verità potrebbe essere molto più banale e semplice: il proprio patrimonio e il bene della propria tasca. L'era del Cavaliere - il grande imprenditore prestato alla politica - si era aperta, tra tanti clamori, all'insegna del conflitto di interessi, quella del sig. “Berluschi”, l'uomo del drive-in, si conclude nella stessa maniera, questa volta senza che i medesimi clamori turbino la sua uscita.
“Lui era un Cesare, ne avremo mai un altro?”. Più o meno dovrebbero essere queste le parole che echeggiano nelle testoline degli elettori più incalliti di “nostr'omo della Provvidenza”. Nella testa dell'ex princeps, invece, oltre al problema della perdita del soglio repubblicano, il pensiero volge al suo patrimonio. A sostegno di ciò il fatto che la fortuna sembra averlo abbandonato da qualche tempo.
Dopo aver consolidato il proprio potere economico e le proprie fortune intascando 118 milioni di dividendi nel 2010, con l'ultimo capitolo della vicenda Mondadori, ossia la sentenza emessa dalla Corte d'Appello il 9 luglio scorso, “Arcorman” ha dovuto sborsare ben 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti. Una botta tra capo e collo al suo patrimonio liquido!
L'ultima parte della crisi poi ha contribuito non poco a erodere le enormi fortune “azionarie” della famiglia Berlusconi, incidendo notevolmente, oltre che sull'ammontare dei dividendi, anche sul valore stesso e intrinseco delle azioni quotate nelle borse di mezzo mondo, non solo di Mediaset medesima, che ha visto scendere ben oltre il 50% il valore delle proprie azioni dall'inizio del 2011, ma anche le altre partecipazioni azionarie nell'arcipelago delle aziende del Bel paese. Nell'ultima settimana poi Mediaset ha visto volatilizzarsi una capitalizzazione di 410 milioni di euro.
Da quando il caimano ha iniziato a perdere consensi, la sua caduta è stata anche soprattutto finanziaria, e, in primis, da quando la stampa internazionale ha iniziato ad attaccarlo e ad incolparlo della situazione di caduta di credibilità di tutta la zona euro per colpa della sua presidenza ai vertici dell'italico Stato, anche le sue ricchezze, dipendenti dagli andamenti degli indici, si sono materialmente legate alla sua uscita dalla politica italiana.
Paradossalmente, tra un gran parlare e un gran darsi da fare di coppieri cianciosi e pappagalli arzilli del Pdl, che con paroloni cercano di spiegare chi in un modo chi in altro l'uscita del grande statista, pare chepotrebbero esser stati proprio i destini dei cospicui patrimoni di famiglia a convincere l'ormai ex premier a retrocedere dalla scena.
Per una manciata di giorni di potere, tra cosiddetti traditori e traditi, il prezzo da pagare, questa volta, è sembrato davvero molto alto. Certo, non solo la dignità di una delle colonne della Ue, o che la colpa di una catastrofe monetaria e finanziaria mondiale venisse proprio ascritta al Bel Paese, oppure l'esser sulla bocca della comunità internazionale come un qualunque paesello africano retto da un dittatorello megalomane, o che la gente comune divenisse sempre più povera per colpa di uno dei governi più incapaci della storia d'Italia, rumores currunt che siano state proprio le cospicue fortune di “Cesare” a farlo volgere verso la strada della pesante e grave decisione. Il rischio era troppo alto che i mercati rischiassero ancora di scendere e far valere le azione dei gioielli e gioiellini di famiglia un emerito tubo.
La citazione shakespeariana all'inizio del qui presente tradisce le aspettative di una parte della nazione nei confronti di un uomo giudicato fin troppo magnanimo, generoso e altruista, tanto da voler negligere i propri affari e mettersi come Cincinnato al servizio dello Stato. La storia ha fin qui ampiamente dimostrato che tali alte aspettative furono a suo tempo mal riposte quanto ormai tradite; ora la chiave di risoluzione del problema – così come la morale della storia - giace proprio nel fatto concreto e improcrastinabile se i suoi più alti, quanto anche i più bassi, estimatori abbiano capito l'imperdonabile errore, cosa ardua.
Da ciò si capirà se il berlusconismo - indipendentemente se B. uscirà dalla politica o meno - avrà plasmato in modo duraturo e nefasto con fatti e azioni la coscienza di un popolo tanto da compromettere non tanto il presente quanto il futuro prossimo e remoto di intere generazioni.
Il bluff di Berlusconi
La politica è una parola nobile, significa cura della polis, dell’interesse collettivo. Ora è diventata un paravento dietro il quale si nascondono bassezze, affari e miserie umane.
E così oggi, elezioni anticipate e governo tecnico non sono il frutto di scelte politiche. Dietro queste scelte non c’è la nobiltà della politica, ma la miseria del danaro, della lotta per la conservazione delle indennità e dei privilegi parlamentari. Dietro la cortina fumogena dell’avversione al governo tecnico e della preferenza per il ricorso alle urne di fazioni del PDL, si nasconde l’interesse di Berlusconi per i suoi processi e per le sue aziende, per gli affari suoi e dei suoi amici.
Con le elezioni anticipate si perdono indennità e pensioni, si segna la fine dei privilegi; con il governo tecnico si conservano. Dietro l’appoggio al governo Monti c’è l’interesse di molti parlamentari di maggioranza e di opposizione a scongiurare un nuova legislatura e quindi la perdita dei privilegi. Deputati e senatori del PDL, sono usciti allo scoperto e hanno espresso, per bocca di Scajola, la loro contrarietà alle elezioni anticipate.
E d’altra parte i titoli Mediaset sono in caduta rovinosa. Lasciare il Paese senza un governo affidabile significa la rovina delle aziende del Cavaliere. Tutto ciò ha costretto Berlusconi ad accettare il governo tecnico. Ma il cavaliere non può lasciare a Monti briglie sciolte, ha i suoi interessi da difendere e quelli dei suoi amici. Deve affrontare ancora molti processi e poi c’è Mediaset da sostenere, la Rai da controllare.
Per questo deve in qualche modo condizionare l’attività del nuovo governo,a cominciare dalla scelta deiministri, ai provvedimenti che riguardano le comunicazioni e la Giustizia. Per fare questo, deve far pesare i voti del suo partito. E allora enfatizza la minaccia di alcuni del PDL di non votare il governo tecnico. E al professore che ha bisogno di una maggioranza larga per assumere provvedimenti lacrime e sangue, il cavaliere lancia un messaggio: "I voti del PDL non sono scontati, per averli è necessario il mio appoggio; questo appoggio non è gratis".
Ma tutto questo è uno stupido bluff. Berlusconi non può condizionare nessuno, deve necessariamente sostenere il governo tecnico. Gran parte del suo partito, per conservare indennità e acquisire le pensioni, voterà comunque Monti a prescindere dalla volontà del cavaliere. Il ricorso immediato alle urne significa sconfitta certa per Berlusconi e Berlusconi non ha manie suicide.
D’altra parte è suo interesse votare Monti, perché senza di lui i titoli di Mediaset saranno travolti dalla nella bufera del mercato. Se il PDL non vota Monti, si spacca tra quelli pro governo tecnico e quelli contrari, e ciò non è interesse né di Berlusconi né dei fautori del ricorso alle urne.