martedì 15 novembre 2011

Chi di conflitto di interessi ferisce...

Tra i suoi estimatori, sicuramente sono in molti a dire che B. si sia dimesso per il bene sommo del Paese, ma la verità potrebbe essere molto più banale e semplice: il proprio patrimonio e il bene della propria tasca. L'era del Cavaliere - il grande imprenditore prestato alla politica - si era aperta, tra tanti clamori, all'insegna del conflitto di interessi, quella del sig. “Berluschi”, l'uomo del drive-in, si conclude nella stessa maniera, questa volta senza che i medesimi clamori turbino la sua uscita.

“Lui era un Cesare, ne avremo mai un altro?”. Più o meno dovrebbero essere queste le parole che echeggiano nelle testoline degli elettori più incalliti di “nostr'omo della Provvidenza”. Nella testa dell'ex princeps, invece, oltre al problema della perdita del soglio repubblicano, il pensiero volge al suo patrimonio. A sostegno di ciò il fatto che la fortuna sembra averlo abbandonato da qualche tempo.

Dopo aver consolidato il proprio potere economico e le proprie fortune intascando 118 milioni di dividendi nel 2010, con l'ultimo capitolo della vicenda Mondadori, ossia la sentenza emessa dalla Corte d'Appello il 9 luglio scorso, “Arcorman” ha dovuto sborsare ben 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti. Una botta tra capo e collo al suo patrimonio liquido!

L'ultima parte della crisi poi ha contribuito non poco a erodere le enormi fortune “azionarie” della famiglia Berlusconi, incidendo notevolmente, oltre che sull'ammontare dei dividendi, anche sul valore stesso e intrinseco delle azioni quotate nelle borse di mezzo mondo, non solo di Mediaset medesima, che ha visto scendere ben oltre il 50% il valore delle proprie azioni dall'inizio del 2011, ma anche le altre partecipazioni azionarie nell'arcipelago delle aziende del Bel paese. Nell'ultima settimana poi Mediaset ha visto volatilizzarsi una capitalizzazione di 410 milioni di euro.

Da quando il caimano ha iniziato a perdere consensi, la sua caduta è stata anche soprattutto finanziaria, e, in primis, da quando la stampa internazionale ha iniziato ad attaccarlo e ad incolparlo della situazione di caduta di credibilità di tutta la zona euro per colpa della sua presidenza ai vertici dell'italico Stato, anche le sue ricchezze, dipendenti dagli andamenti degli indici, si sono materialmente legate alla sua uscita dalla politica italiana.

Paradossalmente, tra un gran parlare e un gran darsi da fare di coppieri cianciosi e pappagalli arzilli del Pdl, che con paroloni cercano di spiegare chi in un modo chi in altro l'uscita del grande statista, pare chepotrebbero esser stati proprio i destini dei cospicui patrimoni di famiglia a convincere l'ormai ex premier a retrocedere dalla scena.

Per una manciata di giorni di potere, tra cosiddetti traditori e traditi, il prezzo da pagare, questa volta, è sembrato davvero molto alto. Certo, non solo la dignità di una delle colonne della Ue, o che la colpa di una catastrofe monetaria e finanziaria mondiale venisse proprio ascritta al Bel Paese, oppure l'esser sulla bocca della comunità internazionale come un qualunque paesello africano retto da un dittatorello megalomane, o che la gente comune divenisse sempre più povera per colpa di uno dei governi più incapaci della storia d'Italia, rumores currunt che siano state proprio le cospicue fortune di “Cesare” a farlo volgere verso la strada della pesante e grave decisione. Il rischio era troppo alto che i mercati rischiassero ancora di scendere e far valere le azione dei gioielli e gioiellini di famiglia un emerito tubo.

La citazione shakespeariana all'inizio del qui presente tradisce le aspettative di una parte della nazione nei confronti di un uomo giudicato fin troppo magnanimo, generoso e altruista, tanto da voler negligere i propri affari e mettersi come Cincinnato al servizio dello Stato. La storia ha fin qui ampiamente dimostrato che tali alte aspettative furono a suo tempo mal riposte quanto ormai tradite; ora la chiave di risoluzione del problema – così come la morale della storia - giace proprio nel fatto concreto e improcrastinabile se i suoi più alti, quanto anche i più bassi, estimatori abbiano capito l'imperdonabile errore, cosa ardua.

Da ciò si capirà se il berlusconismo - indipendentemente se B. uscirà dalla politica o meno - avrà plasmato in modo duraturo e nefasto con fatti e azioni la coscienza di un popolo tanto da compromettere non tanto il presente quanto il futuro prossimo e remoto di intere generazioni.

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