giovedì 28 luglio 2011

Ministeri al Nord, scontro tra la Lega Nord e il Colle. Bossi: "Vado a casa nella capitale, che è Milano"

Roma, 28 lug. - (Adnkronos/Ign) - "Vado a casa, nella capitale che è Milano". Il ministro per le riforme istituzionali Umberto Bossi, lasciando la sede del gruppo della Lega a Montecitorio, lancia l'ennesima sfida sui ministeri al Nord. Pur precisando che il rapporto col presidente della Repubblica "non si romperà" e che "terrà conto" dei rilievi del Colle sulle nuove sedi dei dicasteri, ci tiene a precisare, che "vogliamo spostare i ministeri - spiega - come fanno negli altri Paesi europei", ad esempio "Inghilterra e Francia". "Non farlo - aggiunge - sarebbe come dire che in Inghilterra sono scemi. Noi facciamo come negli altri Paesi - ribadisce - che fanno bene, anzi meglio di noi". E sulle relazioni con il Capo di Stato, Bossi si lascia scappare una battuta: "I rapporti si romperebbero - dice sorridendo - se gli chiedessimo di ridarci indietro i mobili che si è preso nella Villa Reale di Monza".
Dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi era arrivato oggi in Consiglio dei Ministri "un pressante invito a tenere in debito conto le osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica sulle recenti istituzioni di sedi periferiche di strutture ministeriali". Berlusconi, riferisce una nota di palazzo Chigi, ha quindi chiesto a tutti i ministri di "tenere comportamenti conseguenti".
"Il presidente Napolitano non si preoccupi" aveva detto Bossi dopo il Cdm a chi gli chiedeva della lettera inviata dal capo dello Stato al presidente del Consiglio in merito agli uffici ministeriali aperti a Monza. Li lasciamo lì, siamo convinti che il decentramento è non solo una possibilità ma anche un'opportunità per il Paese". Il Senatur ha spiegato che la missiva è stata illustrata oggi dal premier durante il Cdm, "ma non c'è stato dibattito", ha aggiunto.
E proprio oggi sul sito del Quirinale è stata diffuso il testo della lettera dove si legge che lo spostamento di alcuni ministeri al Nord, inaugurati "senza nemmeno che vi fosse un decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale", rappresentano "un'evoluzione che confliggerebbe con l'articolo 114 della Costituzione che dichiara Roma Capitale della Repubblica''. Tra l'altro, scrive il Capo dello Stato "la pur condivisibile intenzione di avvicinare l’amministrazione pubblica ai cittadini non può spingersi al punto di immaginare una ’capitale diffusa o reticolare' disseminata sul territorio nazionale, in completa obliterazione della menzionata natura di Capitale della città di Roma, sede del Governo della Repubblica".
"La risposta di Umberto Bossi al presidente Napolitano è un comportamento irresponsabile", dichiara dal canto suo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno spiegando che "è irresponsabile dal punto di vista istituzionale perché non si può rispondere con questa arroganza al Presidente della Repubblica, è irresponsabile dal punto di vista politico perché cerca di creare inutili conflitti tra la nostra città e le regioni del Nord, che non hanno mai chiesto trasferimenti di ministeri, ma semmai più autonomia e federalismo. Ed è irresponsabile dal punto di vista comunicativo,- prosegue il sindaco di Roma - perché in un momento in cui la nostra economia è sotto l'attacco della speculazione e tutti i cittadini devono fare i conti con una crisi economica e sociale pesantissima, non si può perdere tempo ed energie in polemiche inutili e pretestuose, che servono soltanto a dare argomenti a chi cerca di screditare il Governo in carica". "Dobbiamo occuparci di cose serie e importanti e non di queste follie, che peraltro si sono già dimostrate prive di conseguenze concrete visto che a Monza non c'è nulla di più di qualche scrivania dentro stanze vuote - aggiunge -. La difesa di Roma Capitale è la difesa di tutta la Nazione. Sta al Pdl e al Presidente del Consiglio prendere le distanze in maniera netta e chiara da tutto questo".


Scuola, immissioni in ruolo e supplenze guerra tra precari per il caos graduatorie


Romani contro campani, veneti contro siciliani, in pratica tutti contro tutti: i docenti italiani sono sul piede di guerra. Da una parte le assunzioni, con il ministero che deve scegliere da quali liste attingere, dall'altra le sostituzioni, con i prof romani che si rivolgono alla Lega. Con appelli al Colle e il rischio che si finisca in tribunale. Ecco le questioni sul tappetodi SALVO INTRAVAIA 

ROMA - È bagarre sulle immissioni in ruolo della scuola: i precari siciliani temono di essere discriminati dal governo e si appellano al presidente della Repubblica, mentre il Pd veneto presenta una mozione per "congelare" le graduatorie dell'anno passato. E a Roma scoppia una guerra tra poveri 1, con i supplenti capitolini che si rivolgono addirittura al leghista Pittoni per essere tutelati.
Uno scontro che potrebbe non essere l'ultimo: fra pochissimi giorni, il ministero dell'Istruzione emanerà il decreto sulle immissioni in ruolo. Secondo quanto ha dichiarato in più di un'occasione il ministro Mariastella Gelmini, verranno assegnate a tempo indeterminato 2 30 mila cattedre e 37 mila posti di personale Ata, tra amministrativi, tecnici e ausiliari. Non si sa ancora, però, con quali modalità. Ed è proprio questo l'argomento che tiene banco in questi giorni. Dalle vecchie o dalle nuove graduatorie? O, ancora, con una modalità mista?  Comunque vadano le cose, ci saranno migliaia di supplenti delusi.

Il caos graduatorie. La riapertura delle graduatorie ai trasferimenti di provincia, dettata da una recente sentenza della Corte costituzionale, ha messo supplenti contro supplenti. Secondo le stime di viale Trastevere, sono 31 mila i precari meridionali che lo scorso maggio hanno deciso di fare armi e bagagli e andare al Nord, occupando in parecchi casi i primi posti nelle graduatorie. E siccome metà delle assunzioni si faranno proprio da queste graduatorie, la frittata è servita.

I supplenti settentrionali, dopo avere fatto scelte di vita che definiscono "difficili", si sentono defraudati. Quelli meridionali si sentono discriminati da eventuali colpi di coda dell'ultimo momento che possano sbarrare loro la strada verso il posto sicuro. E si aggiungono alla protesta anche i meridionali che, nel 2007, decisero di rimanere al Nord e che adesso si vedono minacciati dai conterranei corsi a raggiungerli. Una situazione inestricabile, che ha risvolti politici, dalla quale il ministero non sa come uscire. Già qualche mese fa un gruppo bipartisan di 61 deputati si oppose al governo sulla questione delle graduatorie.
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http://www.repubblica.it/scuola/2011/07/28/news/polemiche_immissioni_in_ruolo-19636175/

GIUSTIZIA: ANM, PROCESSO LUNGO AVRA' EFFETTI DEVASTANTI

+++Si profila paralisi dei dibattimenti dei processi penali in corso+++.

(ASCA) - Roma, 28 lug - ''Le modifiche al codice di procedura penalein materia di ammissione delle prove in dibattimento, sulle quali il Governo ha posto la questione di fiducia, avranno effetti devastanti sul funzionamento dei processi penali, determinando di fatto la paralisi di tutti i dibattimenti attualmente pendenti''.

Lo afferma una nota della Giunta esecutiva centrale dell'Anm sul cosiddetto 'processo lungo'.

''Con le nuove disposizioni, infatti, verrebbe eliminata la possibilita' per il giudice di escludere l'ammissione di prove manifestamente superflue o irrilevanti, mentre potranno essere escluse solo quelle 'non pertinenti''' spiega la nota che aggiunge: ''Chiunque comprende che in questo modo il difensore dell'imputato potrebbe chiedere e ottenere l'ammissione di un numero indefinito di testimoni sulla medesima circostanza, purche' non manifestamente 'non pertinente'. Ad esempio, l'imputato che volesse dimostrare come prova d'alibi la sua presenza in una citta' diversa da quella nella quale e' avvenuto il fatto potrebbe chiedere e ottenere la citazione come testimoni di tutti gli abitanti di quella citta', senza alcuna possibilita' per il giudice di escludere uno o piu' testimoni. O ancora l'imputato in un processo per uxoricidio potrebbe chiedere e ottenere l'ammissione come testimoni di tutti i suoi amici, parenti e conoscenti sull'esistenza del vincolo coniugale tra lui e la vittima, prova certamente pertinente, ma altrettanto certamente manifestamente superflua. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi''.

''Si tratta con tutta evidenza -sostiene la nota della Anm- dell'ennesima legge finalizzata a interferire su procedimenti giudiziari in corso, anche a costo di paralizzare la macchina giudiziaria e di esporre al ridicolo l'intero sistema.

I magistrati italiani hanno il dovere di denunciare che con queste norme non sara' piu' possibile celebrare alcun processo in Italia e che gli imputati, anche di fatti gravissimi, saranno prima inevitabilmente scarcerati per la decorrenza dei termini di custodiacautelare e poi prosciolti per prescrizione''.

Magliette contro il Papa: la cattedrale finisce nel preservativo



Anche in Germania monta la protesta in vista della visita di Benedetto XVI
Tra meno di due mesi Benedetto XVI compirà il primo viaggio pastorale del suo papato in Germania, ed il fronte che si oppone al suo arrivo si è mobilitato a pieno regime. Nelle tre città che saranno visitate dal Papa tedesco, Friburgo in Brisgovia, Erfurt e Berlino, si sono formati numerosi comitati, composti da associazioni LGBT, partiti, sindacati e movimenti laici che si oppongono all’omofobia e alle politiche discriminatorie di genere promosse dal Vaticano. “Vogliamo far sapere che c’è una Germania che non è contenta dell’arrivo di Ratzinger”, rimarcano i promotori.
MAGLIETTA ANTI PAPA – A Friburgo in Brisgovia, una delle più grandi città del Baden-Württemberg è stata formata l’associazione “Friburgo senza il Papa”. Il loro obiettivo è impedire che il nome di Jospeh Raztinger venga inserito nel libro degli ospiti del loro Comune. Per raggiungere questo scopo sono state promossi numerosi incontri ed iniziative fino all’arrivo di Benedetto XVI a metà settembre. Durante la visita il comitato anti Vaticano spera di esaurire la maglietta stampata per l’occasione. Sullo sfondo bianco della T Shirt c’è scritto il nome dell’associazione, Friburgo senza il Papa, mentre a fianco si vede un enorme condom viola che ricopre il simbolo della città, la famosa cattedrale, una delle Chiese cattoliche più belle e rinomate di tutta la Germania. Uno dei promotori dell’associazione anti Papa, Albrecht Ziervogel , sottolinea come Benedetto XVI sia uno dei principali responsabili a livello mondiale della discriminazione subita dalle donne, dagli omosessuali e dalle lesbiche. Il comitato inoltre sottolinea con sdegno come la visita del Papa costerà alle casse pubbliche più di 5 milioni di euro, mentre in questo momento i sussidi di disoccupazione vengono ridotti.
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Processo lungo, la nuova legge ad personam


Opposizione ed Anm condannano il provvedimento sul quale il governo ha appena posto la questione di fiducia
Per il senatore di Fli Giuseppe Valditara il governo vuol semplicemente “compiacere interessi particolari di indagati eccellenti”. Per la capogruppo delPd Palazzo Madama Anna Finocchiaro l’esecutivo ha “la necessità di salvare” Berlusconi “da uno dei suoi tanti processi”. Per Massimo Donadi, deputato Idv, la maggioranza “pensa solo a salvare il Presidente del Consiglio dai suoi problemi giudiziari”. Francesco Rutelli (Api) parla di “ennesimo provvedimento ad personam”. Tutto mentre il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini invita il premier e i suoi ad impegnarsi per risollevare l’economia. E qualcuno (come Luigi Zanda, senatore Pd) grida al “regime”.
DI PIETRO: “FAVORE ALLA MAFIA” – Sono duri commenti e reazioni dell’opposizione alla fiducia posta dal governo al Senato alla proposta di legge parlamentare sul processo lungo. Gli esponenti della minoranza parlamentare denunciano come, pur di scudare il Cavaliere da inchieste e sentenze, Pdl Lega Nord evitino di fronteggiare la crisi economica e la sfiducia dei mercati internazionali rispetto al nostro paese palesata da crollo della Borsa ed aumento dello spread tra titoli italiani e bond tedeschi. Secondo Antonio Di Pietro il testo arrivato inParlamento tutela la criminalità organizzata: “Queste norme permettono a Berlusconi di aggiustare i suoi processi e impediscono alla giustizia italiana di funzionare. Non a caso, viene colpita la norma varata all’indomani della strage di Capaci, con la quale veniva fatta salva l’acquisizione delle sentenze definitive, di modo che, anche nei processi di mafia, si potrà riaprire all’infinito la lista dei testimoni. Di fronte a tale scelleratezza non resta che la mobilitazione di massa: costi quel che costi. E’ ormai improcrastinabile salvaguardare la democrazia e lo Stato di diritto”.
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“La Bindi prendeva soldi da Andreotti”



Il senatore Tedesco “svela” un “retroscena” ridicolo
‘Il Partito Democratico? Premetto che ormai e’ una vicenda estranea ai miei interessi politici perche’ ho ormai preso le distanze dopo alcune reazioni assolutamente smodate’. Lo dice il senatore Alberto Tedesco in un’intervista a Radio Ies.
SOLDI DA ANDREOTTI - Nella stessa trasmissione Tedesco spara a zero su Rosy Bindi: ‘La Bindi parla di carcere da sette mesi, ma la stagione del ’92 che l’ha resa protagonista non tornera’ piu’. Rosy Bindi ricevette, come reso noto in un libro di Pomicino mai smentito, un finanziamento di 50 milioni dalla corrente andreottiana, nonche’ dell’appoggio di Andreotti che la fecero salire al Parlamento europeo. Era il 1989. Prima era una sconosciuta. Nonostante cio’ non si fece nessuno scrupolo nel condannare Andreotti, anche prima della conclusione del procedimento’. AggiungeTedesco: ‘Bindi al posto di Bersani? Sicuramente nel Pd c’e’ un movimento intestino giustizialista che vorrebbe fare un po’ di pulizia. Vale per Boccia, Bindi… un po’ per tutti. Oggi che si parla di modifica della legge elettorale, iniziano ad avere paura perche’ con qualcuno, anche se non sara’ Tedesco, ti dovrai confrontare’.
LA VICENDA – La vicenda, così come la racconta Tedesco, non presenta alcun contorno di illiceità. Se è vero che la corrente andreottiana ha dato 50 milioni alla Bindi per spenderli in campagna elettorale, il tutto (soprattutto all’epoca delle vicende) non costituisce finanziamento illecito, visto che non si afferma da nessuna parte che sia stato erogato al di fuori delle regole. In più, la corrente andreottiana (brrr…che corrente!), con tutto che era formata da svariati personaggi in odore di illegalità anche all’epoca, non era un’azienda. Invece Tedesco, secondo il Gip, è accusato di corruzione, concussione, abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Scriveva all’epoca Repubblica: “Al centro dell’inchiesta coordinata da Desirée Digeronimo ci sarebbero cliniche private o centri di riabilitazione che avrebbero erogato un numero eccessivo di prestazioni e affidamenti irregolari di appalti per la fornitura di prodotti ospedalieri”. A prescindere dalla validità delle accuse, si tratta di dindi pubblici e non dei soldi rimediati da Vitalone, Sbardella e Cirino Pomicino.

La Rai si arrende: Report si farà



L’azienda darà copertura legale alla trasmissione di Milena Gabanelli
La trasmissione condotta da Milena GabanelliReport, andrà regolarmente in onda. La Rai, da quanto si apprende, darà copertura legale ai giornalisti che produrranno inchieste per il programma in onda su Raitre. La decisione mette la parola fine ad un braccio di ferro durato mesi. Nelle ultime settimane infatti per Report si era avvicinato lo spettro della chiusura. Il nodo da sciogliere nella trattativa tra autori e azienda televisiva era rappresentato dalla tutela legale dei giornalisti. Le distanze tra il neo direttore generale Lorenza Lei e autori sembra ora superato. Il via libera è arrivato dalla riunione del consiglio di amministrazione Rai tenutasi oggi. La notizia è stata comunicata da Sergio Zavoli, presidente della Vigilanza Rai, nel corso della riunione della commissione. Il consiglio ha accettato la clausola temporanea della “manleva” proposta dalla Gabanelli, cioè con l’impegno da parte della Rai di rispondere di eventuali cause per danni ma solo a certe condizioni. Il consiglio di amministrazione Rai di ieri, chiamato ad esprimersi sulla questione Report, si era concluso con un nulla di fatto.
VOTO SOFFERTO IN CDA - L’agenzia di stampa Agi ricostruisce il voto sottolineando come il “semaforo verde” sia arrivato “con un voto sofferto”, “nel senso che al momento del voto il consigliere Gorla è uscito, e alla conta il risultato è stato di quattro sì e quattro no, ma il voto del presidente vale doppio in caso di parità e quindi ecco il via libera alla tutela legale per la Gabanelli e la sua squadra di Report”. Spiega l’Agi:
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Gb: uccide ex fidanzata per scommessa

(ANSA) - LONDRA - Rebecca Aylward, una 15enne del Galles, è stata uccisa con una serie di violente sassate alla testa dall'ex fidanzato, Joshua Davies, spinto ad ucciderla da un amico che per scherzo gli aveva detto che gli avrebbe comprato una colazione se avesse avuto il coraggio di farlo. Davies, 16 anni, ha in seguito portato l'amico sul posto per mostrargli il cadavere. Il ragazzino ha poi cercato di nascondere le sue tracce su Facebook fingendo di essere a casa mentre il delitto veniva commesso.

Prodi, sconvolto dalla Deutsche Bank

(ANSA) - ROMA - La decisione di Deutsche Bank di 'scaricare' 7 miliardi di euro di titoli italiani ''mi ha sconvolto, vuol dire che e' la fine di ogni legame di solidarieta'''. E' quanto ha affermato l'ex premier Romano Prodi. Una scelta del genere, ha sottolineato, ''significa obbligare tutti a giocare in difesa'' e quando viene presa dalla Germania, una guida storicamente ''saggia'', ''sono turbato: dobbiamo avere il senso dell'allarme, senza dare colpa alla globalizzazione''.

La Corte di giustizia dà torto a Mediaset: «Gli incentivi ai decoder aiuti di Stato»


La corte di giustizia Ue ribadisce la sentenza sui decoder per il digitaele terrestre

Dovrà restituire circa 220 milioni di euro e i vantaggi economici derivanti dall'aumento di share.

MILANO - Altra tegola su Mediaset, alle prese anche con la crisi di Endemol. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha ribadito che Mediaset dovrà rimborsare lo Stato per gli aiuti erogati negli anni scorsi per l'acquisto dei decoder. La Corte ha quindi respinto il ricorso presentato dall'azienda televisiva dopo la sentenza dell'anno scorso. E ha perciò confermato che i contributi italiani per l'acquisto dei decoder digitali terrestri nel 2004 e 2005 «costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune. Le emittenti radiotelevisive che hanno beneficiato indirettamente degli aiuti di Stato sono tenute a rimborsare le somme corrispondenti ai vantaggi in tal modo ottenuti». Mediaset dovrà rimborsare non solo i 220 milioni di euro del contributo dello Stato, ma anche i vantaggi economici conseguenti all'aumento dello share causato dall'operazione.
LA SENTENZA UE - Con la legge finanziaria del 2004 - si ricorda nel dispositivo - l'Italia ha concesso un contributo pubblico di 150 euro ad ogni utente del servizio di radiodiffusione che acquistasse o noleggiasse un apparecchio per la ricezione, in chiaro, dei segnali televisivi digitali terrestri. Il limite di spesa del contributo è stato fissato a 110 milioni. La legge finanziaria del 2005 ha reiterato tale provvedimento nello stesso limite di spesa di 110 milioni, riducendo tuttavia il contributo per ogni singolo decoder digitale a 70 euro. Il consumatore che avesse però scelto un apparecchio che consentisse esclusivamente la ricezione di segnali satellitari non poteva ottenere il contributo: contro i contributi le emittenti televisive Centro Europa 7 e Sky Italia hanno inoltrato esposti alla Commissione. Con la decisione del 2007, Bruxelles osservava, in effetti, che detti contributi costituivano aiuti di Stato a favore delle emittenti digitali terrestri che offrivano servizi televisivi a pagamento nonché degli operatori via cavo fornitori di servizi televisivi digitali a pagamento, ordinando il recupero degli aiuti. Mediaset ha allora presentato un ricorso ma, nel giugno del 2010, il Tribunale lo ha respinto, confermando che il contributo costituiva un vantaggio economico a favore delle emittenti terrestri. Giovedì anche la successiva impugnazione di Mediaset è stata respinta. Ora «spetterà al giudice nazionale fissare l'importo dell'aiuto da recuperare sulla base delle indicazioni delle modalità di calcolo fornite dalla Commissione».

Avvocato ex moglie chiede arresto Pato

(ANSA) - RIO DE JANEIRO - L'avvocato di Stephany Brito, ex moglie di Alexandre Pato, ha chiesto l'arresto dell'attaccante del Milan per aver sospeso il pagamento degli alimenti dovuti dopo il divorzio. In Brasile il coniuge che non paga gli alimenti sanciti dalla giustizia al momento del divorzio rischia davvero la galera. "La verita' e' che Pato non ha mai pagato un centesimo dopo la separazione", ha affermato Gisele Pazini, avvocato della Brito, attrice di telenovelas.

Melania: pm, confermare arresto marito

(ANSA) - TERAMO - La Procura della Repubblica di Teramo chiedera' al Gip di confermare l'arresto di Salvatore Parolisi ritenendolo l'assassino della moglie, Melania Rea, scomparsa il 18 aprile a Folignano (Ascoli Piceno) e ritrovata morta il 20 aprile nel bosco delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto (Teramo). Parolisi e' gia' in carcere per decisione del gip di Ascoli Piceno, il quale - con la stessa ordinanza di custodia cautelare - si' e' dichiarato incompetente per territorio.

Terremoto a L'Aquila, nove indagati per i lavori di ricostruzione della questura

I soccorsi del dopo terremoto
L'Aquila, 28 lug. - (Adnkronos) - Nell'ambito dell'inchiesta su presunte irregolarità nell'affidamento dei lavori di ricostruzione della questura del capoluogo, la Procura della Repubblica dell'Aquila ha emesso nove avvisi di garanzia. Il reato ipotizzato è quello di abuso d'ufficio. A far scattare l'inchiesta sarebbe stata la forte lievitazione dei prezzi passati da 3 a 18 milioni di euro.
Destinatari del provvedimento sono Giuliano Genitti, Lorenzo De Feo, ingegnere, Carlo Clementi, dirigente attualmente in servizio all'Aquila; Giovanni Guglielmi, ex provveditore. Con loro quattro esponenti interni ed esterni del comitato tecnico amministrativo tutti provenienti da Roma. Indagato risulta anche il legale rappresentante della ditta Inteco Spa, che aveva ricevuto inizialmente l'affidamento diretto dei lavori, poi ritirato.
Per via dell'urgenza i lavori erano stati assegnati dal provveditorato interregionale alle opere pubbliche Lazio-Abruzzo-Sardegna con affidamento diretto alla ditta Inteco spa, ma dopo i rilievi della Corte dei conti il nuovo provveditore alle opere pubbliche, Donato Carlea, ha ritirato l'affidamento per indire una nuova gara d'appalto vinta dall'associazione temporanea d'imprese (Ati) Nidaco-Califel.

"Siete dei cretini", nuovo scontro tra Brunetta e alcuni contestatori (VIDEO)

Roma, 29 lug. (Ign) - Ancora uno scontro tra il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta e un gruppo di contestatori. Invitato lunedì scorso a Viterbo a 'Medioera', il festival della cultura digitale di Viterbo, il ministro è stato fischiato dal pubblico mentre veniva intervistato dal direttore del quotidiano 'Il Tempo' Mario Sechi.
"Ma non vi rendete conto di quanto siete disperati e disgraziati? Ogni urlo che fate dimostra la vostra cretineria. Ho il consenso di 60 milioni di italiani e posso tollerare qualche cretino", ha detto il ministro al gruppo di contestatori.
Guarda il video:

Giustizia: Buttiglione, con 'processo lungo' Berlusconi affossa possibilità nuovo Guardasigilli di aprire dialogo con la magistratura

Roma, 28 lug. (Adnkronos) - Berlusconi nomina Nitto Palma mentre arriva il 'processo lungo', "è un modo di affossare la possibilità del nuovo Guardasigilli di aprire un dialogo con la magistratura". E' quanto sostiene il presidente Udc Rocco Buttiglione che sulla disputa sui ministeri al nord aggiunge: "Il federalismo è un'altra cosa".

Mora: Fede indagato per bancarotta su fallimento societa' ex agente vip

Milano, 28 lug. - (Adnkronos) - Emilio Fede e' indagato per concorso in bancarotta nell'ambito dell'inchiesta sul fallimento della LM Managment di Lele Mora, gia' dichiarata fallita dal Tribunale. Nei giorni scorsi, dopo aver ricevuto un invito a comparire, il direttore del Tg4 e' stato ascoltato dai magistrati milanesi titolari dell'inchiesta.

Giustizia, fiducia su allunga-processi.

Roma, 28 lug. (Adnkronos) - Il governo ha deciso di porre la fiducia sul cosiddetto testo di legge allunga-processi in discussione al Senato. Nel corso della seduta il ministro per i Rapporti con il parlamento, Elio Vito, ha chiesto la parola per dare l'annuncio della scelta operata dal governo. Successivamente la presidente di turno Rosi Mauro ha sospeso la seduta per informare il presidente Renato Schifani, che si trovava a un convegno sull'emergenza carceri a Palazzo Giustiniani, convocando nel contempo la conferenza dei capigruppo.
Dichiarazioni di voto domani alle 9 e poi, a partire dalle 10, la prima chiama per il voto sono le modalità di svolgimento della fiducia stabilite dalla conferenza dei capigruppo a Palazzo Madama.
"Se il governo si assume la grave responsabilità di mettere la fiducia su un provvedimento di natura parlamentare come quello sul processo lungo, è necessario che il neoministro della Giustizia Nitto Palma venga subito in Senato a spiegare il perché. Una decisione del genere, assolutamente ingiustificata non si spiega se non con la necessità di salvare il presidente del Consiglio da uno dei suoi tanti processi. E' una cosa inaccettabile. E tutto questo avviene nel silenzio più totale e nel totale asservimento della Lega ai bisogni del Presidente del Consiglio, Berlusconi", afferma la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. Che continua: "In una situazione del Paese gravissima, testimoniata anche oggi dalle notizie sulla Borsa in cui servirebbe un clima politico positivo e costruttivo, ci troviamo invece di fronte a un governo e una maggioranza di irresponsabili che, per gli interessi di un premier disperato, ancora una volta umiliano il Parlamento, la Giustizia, il nostro Paese".
''Il giorno dopo che le parti sociali hanno chiesto un cambio di passo per affrontare la crisi il governo ha risposto mettendo la fiducia al Senato sul ddl allunga-processi, che serve solo al presidente del Consiglio.Mi chiedo se questo sia il primo atto da ministro della Giustizia di Nitto Palma...'', dice il capogruppo del Pd Dario Franceschini, in Aula alla Camera.
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