Divulgo quello che ... non tutti dicono ... / Perchè il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione. (Edmund Burke)
domenica 18 settembre 2011
Di Caterina: A Penati ho dato più di 3 milioni in 10 anni
Mills: domani Berlusconi in aula
Sel: appello Vendola, 1 ottobre tutti in piazza, ora tocca a noi
Obama lancia la tassa per i ricchi
Il presidente: Buffett Rule per risanare i conti pubblici
NEW YORK La "Buffett Rule" per risanare i conti. Il presidente Barack Obama presenterà lunedì il proprio piano per il debito e il deficit, con il quale chiederà ai ricchi americani che guadagnano più di un milione di dollari l’anno di pagare giusto, ovvero almeno la stessa percentuale di tasse che versano i contribuenti della classe media. L’introduzione di un nuovo tasso minimo di imposte - riporta il New York Times - aumenterà la pressione sui repubblicani nell’approvare tasse più alte per i ricchi. La "Buffett Rule" si rifà al guru della finanza Warren Buffett, che si è lamentato ripetutamente che i ricchi pagano una percentuale più bassa di tasse federali sul reddito rispetto ai lavoratori della classe media.
"A Paolo Berlusconi basta il 10%"
Tarantini e gli appalti di Finmeccanica: spunta anche il fratello del premier
ROMA È la storia di una scalata al cielo, quella di Gianpi Tarantini, il Bel Ami che dalla provincia barese entra nelle grazie di un presidente del Consiglio - e ormai sappiamo come - e da questi è introdotto nelle stanze che contano. «Battere il ferro finché è caldo», lo slogan suo e degli imprenditori Enrico Intini e Roberto De Santis, che lo appoggiano, dapprima increduli, poi sempre più euforici perché vedono che il sistema-Tarantini funziona. A Bari, scrive infatti la Guardia di Finanza, nasce un «comitato d’affari» che mira al colpo grosso. «Senti Guarguaglini» È l’1 dicembre 2008, Silvio Berlusconi contatta Gianpi; è in preparazione una delle tante cene. Tarantini: «Presidente, se riesce... anche a chiamare Bertolaso, così lo coinvolgeremmo». Berlusconi: «Ecco, mi sembrava che ci fosse qualcuno da chiamare... Sì, appunto... Ecco, vedi... Bertolaso!. Va bene, chiamo Bertolaso». Il giorno dopo, Tarantini riferisce ai soci: Bertolaso gli ha consigliato, per portare avanti il progetto di far entrare il Gruppo Intini nella neonata società mista tra Finmeccanica e Protezione civile SEL PROC che sarebbe opportuno far contattare Pier Francesco Guargaglini da Berlusconi. Tarantini riporta le parole del sottosegretario sul patron di Finmeccanica. «A me m’ascolta, a quello obbedisce». La sera stessa, Gianpi chiede l’ennesimo favore a Berlusconi. La convocazione Il 5 dicembre Gianpi si affretta a chiamare Berlusconi. «È rimasto contento poi?... Bertolaso, dico... ». Berlusconi: «Non ne abbiamo più parlato. Invece, ho fissato un appuntamento per martedì con Guarguaglini, per quella cosa ». Tarantini: «Benissimo. Martedì sono a Roma e quindi anche se non ci vediamo a cena e mi vuol dire qualcosa a voce, io sono lì». È chiaramente un appuntamento molto importante per il «comitato d’affari» barese. Tarantini è in ansia. L’8 dicembre chiama Roberto De Santis: «Senti domani mattina, quello lì incontra Piero (Guarguaglini, ndr.). Lo vede lui, a casa sua alle dieci... poi mi ha convocato per le quattro». Il giorno dopo, Intini a Tarantini, riferendo di una telefonata ricevuta da Marina Grossi, la moglie di Guarguaglini, nonché amministratore delegato della società del gruppo «Selex S. I.», che l’aveva convocato in sede: «Quelli non parlano proprio... Capisci?. Per telefono mai!».
Continua ...
http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/420682/
Ministri a tempo perso
Sacconi e Castelli fanno affermazioni che, in qualsisasi altro Paese, li costringerebbero a dimettersi immediatamente. Per quanto ancora ci faremo governare da gente simile?
In questi momenti di fine impero, c’è ancora chi non si rende conto di quello che succede. Il regime catodico di mr. B. volge al termine, affossato dalle telefonate con i vari Tarantini e Lavitola a proposito delle vagonate di gentildonne da recapitare a domicilio al nanetto. Sarebbe stato meglio che quest’individuo fosse caduto per i falsi in bilancio, le corruzioni e le concussioni di questi 16 anni, ma, si sa, ognuno ha il 25 luglio che merita.
Probabilmente i miasmi del cadavere politico del governo soffocano alcuni esponenti della maggioranza, che non riescono a ragionare e a capire fino in fondo quello che dicono (non che sia una novità).
Prendiamo Sacconi. E’ il Ministro del Welfare, mica uno qualsiasi. Tralasciando il fatto che si comporta come se venisse da Marte e non c’entrasse nulla con l’attuale stato di salute dell’Italia (lui che era esponente socialista di spicco e, come tale, ha contribuito in modo sostanziale all’impennata del debito pubblico in quegli anni), il suo ruolo, in momenti di crisi come questo, è importantissimo.
Invece l’altroieri il ministro, ospite ad un convegno del Centro Studi Confindustria, ha sparato sull’esito del referendum del giugno scorso. Queste le sue testuali parole: “Altro che sorella acqua, mi auguro che troveremo il modo per mettere in discussione il referendum”. A Sacconi non importa che 27 milioni di cittadini siano andati a votare e abbiano espresso chiaramente (95% di voti favorevoli) la volontà di mantenere pubblica la gestione dell’acqua. La famosa volontà popolare, la stessa che viene sbandierata costantemente quando si tratta di ricordare che hanno vinto le elezioni, può essere messa da parte e cancellata quando va contro i desideri di lorsignori. Sacconi dovrebbe fare una sola cosa: dimettersi. Facendo affermazioni come queste ha dimostrato un assoluto spregio della Costituzione e del valore della volontà dei cittadini. Nessun rispetto. In qualsiasi altro Paese parlamentari, ministri e uomini politici in generale dovrebbero dimettersi due minuti dopo aver detto cose simili.
Voglio invece esprimere la mia completa solidarietà a Roberto Castelli, ex ministro, ora viceministro alle Infrastrutture, parlamentare dal 1992, cioè da 19 anni. L’altra sera a “Piazzapulita” (nuovo programma di informazione su La7) ha detto di essere povero perchè guadagna solo 145 mila euro all’anno. Siamo tutti vicini al povero Castelli, che sicuramente farà fatica ad arrivare alla fine del mese. Ci permettiamo di far notare all’esponente leghista che ci sono famiglie che vivono con redditi annuali di meno di un decimo del suo. E se avessero 145 mila euro (più tutti i soldi che derivano da vent’anni di vita da parlamentare e cinque da ministro) avrebbero la decenza di stare zitti.
Continua ...
CRISI: BLOCCATA MARCIA 700 'INDIGNADOS' USA SU WALL STREET
OPPOSIZIONI IN CORO: ORA BASTA "BERLUSCONI SE NE VADA"
(AGI) - Roma, 17 set. - "L'Italia, con i suoi gravi problemi, non si puo' permettere un esecutivo che governa a tempo perso. Le parole sono finite. Berlusconi si rechi al Quirinale e rassegni le dimissioni". Lo afferma per conto della segreteria del Pd Davide Zoggia, responsabile Enti locali del partito.
BERLUSCONI, NON MOLLO, NULLA DI CUI VERGOGNARMI
Sulle dimissioni di Berlusconi insiste anche l'Idv. "Bossi deve essere coerente - afferma Antonio Di Pietro - se e' vero come e' vero che il governo e' arrivato alla fine, deve staccare la spina,senno' diventa complice come Tarantini e Lavitola, cioe' ricatta il governo per ottenere qualcosa in piu'". Altrimenti, conclude l'ex pm, vuol dire che si tratta solo "dell'ennesimo ricatto della Lega Nord che per una poltrona in piu' sta svendendo la sua dignita'".
Un nuovo governo, con un nuovo premier, lo auspica pure il leader di Fli e presidente della Camera, Gianfranco Fini. A margine di una festa di Futuro e Liberta' nel comasco, Fini ha spiegato di pensare che gli italiani, e molti anche fra gli elettori del centrodestra, "abbiano capito che cosi' non si puo' andare avanti", e che per questo "anche nell'ambito della maggioranza finiscano per prevalere il buonsenso e la decisione di dare vita a un altro governo" che, per il politico, "presuppone un altro presidente del Consiglio".