domenica 29 gennaio 2012

DUBBIO: E SE ...


Vertigine


Creazione


Il ministro ‘tecnico’ vuole bombardare l’Afghanistan


Enrico Piovesana
Il governo ‘tecnico’ di Mario Monti si dimostra ogni giorno di più ‘politico’, perfino su questioni di supremo significato politico come la partecipazione del nostro Paese a una guerra, in violazione all’articolo 11 della Costituzione.
Proprio mentre la Nato in Afghanistanriduce il ricorso ai bombardamenti aereinel quadro di un graduale disimpegno militare diretto in vista del ritiro nel 2014, il ministro ‘tecnico’ della Difesa Giampaolo Di Paola annuncia a sorpresa di voler rimuovere completamente quei ‘caveat’, mantenuti perfino dal guerrafondaio La Russa, che finora hanno impedito ai nostri aerei di bombardare.
Ieri, nel corso di un’audizione di fronte alla commissione Difesa in seduta congiunta Camera e Senato, Di Paola ha dichiarato che in Afghanistan intende “usare ogni possibilità degli assetti presenti in teatro, senza limitazione”, consentendo anche ai nostri aerei di condurre bombardamenti “se sarà necessario”.
Nella base italiana di Herat sono schierati quattro aerei Amx Ghinli che finora, come i precedenti Tornado Ids, hanno sempre svolto soltanto missioni di ricognizione, senza bombe sotto le ali. Finora, in caso di necessità di ‘supporto aereo’ in soccorso a truppe a terra in difficoltà, sono sempre intervenuti i nostri elicotteri Mangusta A-129 con i loro missili Tow e i loro micidiali cannoni rotanti da 500 colpi al minuto.
Consentire ai nostri caccia militari schierati in Afghanistan di colpire missioni di bombardamento su obiettivi individuati dai comandi Nato, con ciò che ne consegue in termini di ‘danni collaterali’, rappresenta un salto di qualità di enorme significato politico, che non può certo essere deciso d’autorità del governo, senza passare per un voto in parlamento.
“I caveat c’erano e ci sono ancora: ogni cambiamento deve essere deciso in modo formale, davanti alle Camere, e non notificato durante un’audizione”, ha dichiarato a La Repubblica Gian Piero Scanu, capogruppo Pd nella commissione Difesa del Senato. “Non è compito del governo imporre un modello di difesa, tanto più quando sul tema è prevista l’istituzione urgente di un commissione bilaterale che darà le sue valutazioni alle Camere in sei mesi”.

Iran/ Nucleare: Turchia non aderisce alle sanzioni petrolifere europee


Iran/ Nucleare: Turchia non aderisce alle sanzioni petrolifere europee
ANKARA - La Turchia ha preso le distanze dalle sanzioni petrolifere europee contro l'Iran. Il capo della diplomazia di Ankara, Ahmet Davutoglu, intervenuto alla riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi sostenitori del terrorismo in Siria (Consiglio del Golfo Persico), tenuta ieri a Istanbul, ha osservato che il suo paese non aderirà a nessun provvedimento contro la Repubblica islamica se adottato al di fuori del Consiglio di sicurezza.

Iran/ Nucleare: Turchia non aderisce alle sanzioni petrolifere europee


Iran/ Nucleare: Turchia non aderisce alle sanzioni petrolifere europee
ANKARA - La Turchia ha preso le distanze dalle sanzioni petrolifere europee contro l'Iran. Il capo della diplomazia di Ankara, Ahmet Davutoglu, intervenuto alla riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi sostenitori del terrorismo in Siria (Consiglio del Golfo Persico), tenuta ieri a Istanbul, ha osservato che il suo paese non aderirà a nessun provvedimento contro la Repubblica islamica se adottato al di fuori del Consiglio di sicurezza.

Verona, Maroni lancia Tosi "Impossibile allearsi con il Pdl"


L'ex ministro si schiera con il sindaco della città scaligera: "Puntiamo al bis, il Carroccio sarà il primo partito al Nord". Resta aperta la questione della lista con cui presentarsi al voto. E sui contrasti interni al Carroccio dice: "Spero che si facciano presto i congressi".

VERONA - Roberto Maroni, a Verona, lancia la candidatura a sindaco di Flavio Tosi e si dice sicuro della rielezione a sindaco della città scaligera del giovane esponente leghista. Poi attacca il governo e si spinge a ipotizzare un Carroccio forza egemone al Nord. "A Verona la Lega punta al bis - dice l'ex ministro dell'Interno - Tosi è stato un ottimo sindaco e sono certo che ci siano tutte le condizioni per vincere alla grande". Anche correndo senza il Pdl al fianco: "Sono convinto che possiamo farcela anche da soli". Resta aperta la questione delle liste. Con Tosi che vuole ripresentare la sua 1 e con il Carroccio che non pare d'accordo. Maroni resta vago: "E' una decisione che spetta agli organismi della Liga veneta e al consiglio nazionale. Però Flavio di per sè è in grado di avere consensi tali da poter far vincere la Lega da sola". L'ex ministro, comunque, si dice sicuro che il sindaco "ce la farà coinvolgendo varie liste, il nome della lista mi intessa poco. Quello che è importante è  che si trovi, e si troverà, un accordo all'interno della Liga veneta e della Lega nord come si è sempre fatto".  

maroni si spende per il giovane sindaco leghista, più volte entrato in rotta di collisione anche con Bossi: "Voglio esprimere solidarietà personale a un leghista vero e autentico e che forse per questo, perchè è stato trovato troppo bravo e troppo leghista, ha subito attacchi personali, anche dall'interno del movimento, che non sono tollerabili. E lo dico avendone subiti anche io recentemente 2".

Maroni, tra gli applausi, si dice certo che da Verona possa partire "la fase nuova che può portare a realizzare il nostro grande sogno, quello di 'barbari sognanti', che si chiama Padania. Da Verona, cominciamo da soli, si apre la strada perchè possiamo diventare il primo movimento per i cittadini di tutta la Padania. Un sogno che vede la Lega lanciare la sfida a tutto il sistema politico che è tornato ad essere 'romano'. L'esponente del Carroccio ricorda che "ai tempi del 'Caf' erano tutti lì assieme a Roma e Bossi mi disse: 'ho un grande sogno nel cuore di fare della Lega il partito egemone del nord'. Io lo presi un po'per matto, ma quel pazzo visionario aveva ragione. E noi oggi possiamo per davvero diventare il primo movimento di tutto il Nord".

Poi tocca ai contrasti interni al Carroccio. L'ex ministro evita l'affondo diretto ma rilancia la necessità di dare il via ai congressi nazionali che passano attraverso le assisi provinciali per nominare i delegati: "Spero che si facciano rapidamente perchè è un sano esercizio di democrazia". E anche un modo per stabilire gli equilibri interni al partito. 

Infine il consueto affondo al governo ("Sul federalismo ci ha messo due dita negli occhi e chi ha votato la manovra (ovvero anche il Pdl) ha contribuito a mettere altre due dita negli occhi alla Lega. Forse non è chiaro ma noi la spina l'abbiamo già staccata") ) e una nuova tirata di giacca al Pdl perché faccia cadere l'esecutivo Monti. 

QUESTIONE DI LIVELLI ...


ITALIA - PERIODI STORICI


ANCORA MORTI SUL LAVORO ...


Iran, embargo petrolifero: decine di raffinerie europee rischiano la chiusura


Iran, embargo petrolifero: decine di raffinerie europee rischiano la chiusura
ROMA - Piero De Simone, dell'Unione petrolifera italiana, ha dichiarato a Bloomberg che l'Italia rischia di dover chiudere cinque raffinerie a causa dell'embargo Ue ai danni del petrolio iraniano, mentre a livello europeo questo rischio riguarda settanta impianti.

Iran, delegazione Aiea e' giunta a Teheran


Iran, delegazione Aiea e' giunta a Teheran
TEHERAN - Il capo degli ispettori dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, Herman Nackaerts e il suo team sono arrivati stamane ​​a Teheranper una visita di tre giorni e per affrontare quelle che l'Aiea definisce "delle questioni in sospeso" sul programma nucleare iraniano. La delegazionedell'Aiea, composta da sei membri tra funzionari ed esperti dell'agenzia, e'arrivata nelle prime ore di oggi, domenica, all'aeroporto Imam Khomeini International"Stiamo cercando di risolvere tutte le questioni aperte", ha dettoNackaerts ai giornalisti all'aeroporto di Vienna prima di partire per Teheran.”Ci rallegriamo di poter aprire un dialogo che ha tardato tanto”, ha detto ancora il capo degli ispettori. La delegazione dell'Aiea, stando all'agenzia IRNA, comprende anche il numero due dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Rafael Grossi. Durante la loro permanenza in Iran, gli ispettori dell'agenzia si incontreranno con responsabili iraniani e - ha spiegato ancora l'IRNA - visiteranno probabilmente il sito di Fordow, nel sudovest, sede del secondo impianto d'arricchimento d'uranio dell'Iran.

L'ambasciatore iraniano presso l'Aiea, Ali Asghar Soltanieh, ha detto che l'obiettivo principale della visita e' quello di"confermare quanto siano infondate le accuse occidetnali contro l'Iran" e 
"dimostrare la trasparenza e la legalita' delle nostre attivita' nucleari".

Nel novembre del 2011, l'Aiea ha pubblicato un rapporto accusando l'Iran di condurre l'attivita' legate allo sviluppo di armi nucleari entro il 2003 sostenendo che queste attivita' "possono essere ancora in corso". Tuttavia, l'Iran insiste che il suo programma nucleare e' stato ideato per la produzione di elettricita' e radioisotopi 
medicali necessari per il trattamento di pazienti affetti da cancro.

Iran, in quanto firmatario del Trattato di non proliferazione 
nucleare (Tpn) nonche' membro dell'Aiea, considera come il suo diritto  sviluppare la tecnologia nucleare per scopi pacifici.

La stampa italiana crolla. C’è la crisi, bellezza


“Il Foglio” torna alle sue quattro pagine, mentre i giornalisti del “Corriere” attaccano duramente il management che vuole vendere lo storico palazzo di via Solferino. Lo scenario dei quotidiani italiani è da incubo. Ma forse non tutto il male viene per nuocere
Ci sono quotidiani che, aperti a luglio, a gennaio muoiono; nemmeno sei mesi di vita. Si tratta di “Sardegna 24”, un giornale finanziato prima dalla famiglia Soru (proprietario di Tiscali ed ex governatore sardo), poi dal direttore Giovanni Maria Bellu, che però ora vuole riprovarci. C’è il giornale di Giuliano Ferrara, di cui non si conoscono con certezza nemmeno le vendite, che ritorna ad essere un vero e proprio “foglio”, nel senso del pezzo di carta unico a quattro facciate. Un’altra crisi irrisolvibile, soprattutto nel momento in cui il governo blocca il finanziamento pubblico alla testata (unitamente a “Libero” e al “Riformista”).
IL CORRIERONE ARRANCA. E i colossi come stanno? Male, grazie, a giudicare dall’incazzatura dei giornalisti del più importante e glorioso quotidiano italiano, “Il Corriere della sera”, che venerdì hanno pubblicato una nota di protesta in cui accusano pesantemente le scelte editoriali passate, puntando il dito contro l’amministratore delegato Antonello Perricone, reo di aver deciso, nel 2007, un investimento molto esoso, l’acquisizione della casa editrice spagnola “Recoletos”, per una spesa di 1,1 miliardi di euro. Quella spesa enorme si è rivelata fallimentare (gli analisi stimano il valore attuale dell’impresa spagnola pari a circa la metà del costo storico) al punto da costringere il management a prospettare una svalutazione di bilancio o una ricapitalizzazione. Gli azionisti (fra i quali Medobanca, Della Valle, la famiglia Berlusconi e il nuovo proprietario del San Raffaele Giuseppe Rotelli), naturalmente, non hanno tutto questo desiderio di mettere mano al portafoglio ed ecco dunque prospettata l’idea di vendere lo storico palazzo di via Solferino, dove c’è la redazione del “Corriere”, quella della “Gazzetta dello sport” e i poligrafici.
IDEE DEL SECOLO SCORSO. Ma la protesta dei giornalisti non fa fare alla redazione una bellissima figura. Nella loro dura nota di protesta, immaginano un quotidiano dove ancora il redattore deve stare accanto al tipografo, come ai bei tempi delle righe di piombo, appena uscite dalla linotype, da aggiornare in fretta. Lo spostamento di parte delle redazioni e dei poligrafici in periferia comporterebbe, secondo i giornalisti, la produzione di un “giornale bionico”, dove i redattori comunicano a distanza con i poligrafici, abbassando la qualità del giornale. Idee veramente del secolo scorso, in un mondo in cui la rete ha annullato le distanze fisiche e, soprattutto, il modello stesso della struttura produttiva, soprattutto in un prodotto comunicativo come può essere un quotidiano.
Continua ...

Germania. Infermiera licenziata: "E' perché ho la sclerosi multipla"


BERLINO – Chi l'ha licenziata in tronco e senza una spiegazione, dice che lo ha fatto perche' Stephanie, 21 anni, non ha superato 'il periodo di prova'. La giovane infermiera pero' ha trovato la lettera di licenziamento nella cassetta della posta qualche giorno dopo aver ricevuto una diagnosi di sclerosi multipla.
''Sono stata licenziata per la malattia e questo mi distrugge'', racconta al tabloid berlinese BZ, che oggi titola sul caso ''Diagnosi: sclerosi multipla. Reazione: licenziamento''.
Stephanie vive a Berlino, nel quartiere di Neukoelln. E racconta il doppio trauma piovuto in una vita fino a qualche giorno fa serena. L'orrenda diagnosi le e' arrivata il 4 gennaio. Dopo essere andata in ospedale per un improvviso dolore agli occhi. Cinque giorni dopo, Stephanie e' stata dimessa. E tornata a casa, in preda allo shock, il 10 gennaio, nella posta, ha trovato pure la lettera di licenziamento.
L'infermiera si era sfogata con un collega al telefono, raccontando di aver scoperto di essere malata: ''L'avevo pregato di non raccontare nulla a nessuno'', si rammarica adesso. Ma qualcosa deve essere trapelato, e' la sua conclusione a questo punto. Sul lavoro non ha mai avuto problemi. Anche in passato, in precedenti esperienze, racconta, nessuno si e' mai lamentato di lei. Al contrario, viene ritenuta ''brava''.
Diversa la versione della casa di cura per la quale lavorava fino a pochi giorni fa: ''Il licenziamento non ha nulla a che vedere con la malattia. Non ha superato il periodo di prova''. Perche' non le e' stato comunicato prima? ''Su questo non devo spiegazioni'', ha risposto la direttrice a una telefonata del tabloid.
Ora Stephanie, oltre alla elaborazione della sua malattia, ha anche un altro problema: ''Devo trovare velocemente lavoro, o non potro' pagare l'affitto''. In Germania sono 130 mila i pazienti affetti da sclerosi multipla.

Morto l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro


ROMA – L’ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, e’ morto nella notte a Roma. E’ quanto viene confermato da fonti parlamentari. Nato a Novara il 9 settembre 1918, Scalfaro e’ stato presidente della Repubblica dal 1992 al 1999. e’ stato ininterrottamente deputato durante tutta la storia repubblicana, dal primo parlamento del 1948 ad oggi come senatore a vita vicino al Partito Democratico.
Scalfaro ha ricoperto le più importanti cariche dello Stato: non solo presidente della Repubblica, ma anche presidente della Camera dei deputati e del Senato.  La sua presidenza alla Repubblica fu segnata dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta. Scalfaro gestì il passaggio alla seconda repubblica e affrontò gli anni di Tangentopoli.
“Non ci sto” è la sua frase storica, pronunciata il 3 novembre 1993, per difendersi dalle accuse, quando era ministro dell’Interno, di aver gestito dei fondi a suo uso personale. Un “gioco al massacro”  per lo scandalo Sisde, che l’ex presidente ritenne un modo di infangare il suo mandato al Quirinale da parte della vecchia classe della politica, che era stata decimata nell’inchiesta di Mani Pulite.
Appresa la notizia della morte di Oscar Luigi Scalfaro, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si e’ avviato presso l’abitazione del suo predecessore al Quirinale per rendergli l’estremo saluto. Il capo dello Stato e’ accompagnato dal segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra.