WASHINGTON - La Casa Bianca ha approvato un decreto per rafforzare le sanzioni contro il governo iraniano. Il decreto firmato dal presidente americano Barack Obama prevede "il blocco di tutti i beni o le partecipazioni" di Teheran negli Stati Uniti. "Ad essere colpiti - spiegano dalla Casa Bianca - sono soprattutto la banca centrale iraniana e le principali istituzioni finanziarie del Paese". In realta' la banca centrale iraniana non ha da anni transazioni con banche Usa e le sanzioni suonano piu' come una mossa propagandistica che altro; appare probabile che Obama, con le elezioni alle porte, non voglia perdere il sostegno della lobby sionista.
ROMA-Il freddo gelido di questi giorni in Italia, rischia di provocare un' emergenza nell' approvigionamento di gas. «La situazione è sicuramente critica, perchè dalla Russia e dalla Francia sono diminuiti i flussi, ma la situazione è ben monitorata», ha detto il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera. E stamani l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni ha radio24 ha fatto sapere che a causa di una seconda ondata di freddo proveniente dalla Russia, giovedì, potrebbero verificarsi distacchi di gas per alcune aziende: "attendiamo un'altra ondata di freddo in Russia e non sappiamo che comportamento avrà Gazprom giovedì e venerdì. Ci stiamo preparando a momenti ancora difficili. Per questa ragione c'é la riunione domani al ministero dello Sviluppo, per prepararci a un'ulteriore emergenza. Nella peggiore delle ipotesi dovremo intervenire sugli interrompibili''. Intanto a Rovigo, al largo delle coste venete, è fuori uso il Rigassificatore a causa del mare grosso. L'interruzione aggrava la situazione già critica delle forniture di gas, perché fino a quando non miglioreranno le condizioni meteo nessuna nave potrà ormeggiare. Preoccupata della situazione anche il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che chiede di mettere mano alle riserve di gas, aggiungendo '' non si puo' agire solo sulle imprese'.
WASHINGTON - Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama ha detto che non ci sono prove di una minaccia diretta e immediata dell'Iran, ma che il suo governo fara' di tutto per fermare la corsa iraniana al nucleare. Secondo Obama "Israele non ha preso alcuna decisione" in merito a un possibile attacco a Teheran. "Siamo in costante contatto con il governo di Netanyahu. Spero che questa emergenza si possa risolvere per via diplomatica, anche se tutte le opzioni restano sul tavolo", ha aggiunto in una intervista alla Nbc. "Qualsiasi altra attività militare nel Golfo Persio - ha spiegato - è distruttiva e ha grandi effetti su di noi. Potrebbe condizionare il prezzo del petrolio. Abbiamo ancora truppe in Afghanistan, che confina con l'Iran, e quindi preferiamo il dialogo alla guerra", ha concluso.
MOSCA - La Russia ha difeso efinito 'isterica' la reazione reazione dei paesi occidentali al veto posto sabato al Palazzo di Vetro da Mosca e da Pechino sull'ultima bozza di risoluzione Onu contro il governo siriano. "Direi che alcuni commenti dall'Occidente sul voto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite", ha commentato il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, "sono indecenti e rasentano l'isteria". Per il capo della diplomazia russa, adottare il testo di risoluzione messo a punto da da Lega Araba ed Europa con l'appoggio Usa avrebbe significato schierarsi con una parte sola in una una guerra civile. Lavrov ha poi escluso che il Cremlino cambi la sua posizione circa il dossier siriano: "Non ve ne e' assolutamente alcun bisogno", ha assicurato. Parlando dopo un incontro con il ministro degli Esteri del Bahrein a Mosca, Lavrov ha ribadito che la Russia sta incoraggiando il presidente siriano Bashar el-Assad di attuare le riforme democratiche, e ha rifiutato di anticipare quale messaggio portera' domani a Damasco, dove e' atteso in visita insieme al responsabile dell'intelligence per l'estero, Mikhail Fradkov.
CARACAS - Se ci sarà un nuovo conflitto tra Argentina e Gran Bretagna per le isole Malvine (o Falkland) il Venezuela è pronto a combattere a fianco delle truppe argentine.
Lo ha affermato il presidente venezuelano Hugo Chavez nell'ambito del vertice dell'alleanza Bolivariana (Alba), l'organismo regionale che riunisce Antigua e Barbados, Bolivia, Cuba, Dominica, Ecuador, Nicaragua, Saint Vincent le isole Granadine e il Venezuela.
Nel suo discorso Chavez ha osservato: "non parlo soltanto a nome del Venezuela: se l'impero britannico attaccherà l'Argentina, l'Argentina questa volta non resterà da sola". A sua volta il presidente ecuadoriano Correa non ha escluso sanzioni nei confronti della Gran Bretagna.
Il summit dell'Alba ha anche approvato un accordo che prevede che nessuna imbarcazione possa recarsi partendo dai porti dei paesi membri alle Malvine per portare rifornimenti.
La tensione tra Buenos Aires e Londra sulle isole contese è tornata a salire negli ultimi tempi, dopo che l'appello della presidentessa argentina Kirchner a riconsiderare lo 'status' delle isole è stato ignorato da Londra. A far salire i toni, poi, la decisione dell'esercito britannico di inviare in missione di addestramento sulle isole il principe William, mossa considerata un'aggressione simbolica da parte degli argentini.
Sul giornale The Jerusalem Post (1.2012) un giornalista locale, tra i cui titoli è compreso l’aver lavorato come esperto in intelligence per il Governo, ha pubblicato un articolo intitolato “L’imminente guerra contro l’Iran”. Vale la pena di riportarlo succintamente perché il lettore si faccia un’idea di ciò che si sta cucinando nei circoli israelo-americani interessati a perpetuare in Medio Oriente quell’egemonia che gli USA stanno perdendo con le loro sfortunate guerre in Iraq e Afganistan, e che Israele spreca ogni giorno con la sua ossessione sul problema palestinese.
Secondo quanto si legge nel testo citato, l’Iran inizierà le ostilità attaccando una portaerei USA nel Golfo Persico, cosa che provocherà la risposta immediata di Washington. Questa non sarebbe diretta, inizialmente, contro le installazioni nucleari dell’Iran ma contro il suo esercito, per annullare la sua capacità di rappresaglia ed evitare la chiusura dello stretto di Ormuz. Seguirebbero la distruzione delle installazioni nucleari iraniane e allo stesso tempo lo scatenarsi di un’offensiva politica di ampio raggio e piena visibilità, per incitare la popolazione a sollevarsi contro il regime islamico e ad abbatterlo, cosa che – immagina l’autore – sarebbe cosa ben accolta dalla maggioranza degli iraniani. Questo porterebbe ad una “primavera iraniana” appoggiata dagli USA che reintegrerebbe l’Iran nella comunità internazionale.
Anche se questa storiella con un finale così felice sembra una fiaba per cittadini poco accorti, non bisognerebbe scartarla del tutto. In primo luogo perché gli antecedenti storici mostrano che è possibile – e spesso auspicabile – simulare un attacco nemico per provocare il tipo di reazione che si desidera (v. post correlati). Successe a Cuba con l’affondamento del Maine che, falsamente attribuito alle autorità spagnole dell’isola, servì nel 1898 agli USA per l’iniziare la tanto desiderata guerra contro la Spagna; più recentemente, altro esempio di guerra sotterranea fu il cosiddetto “incidente del Golfo del Tonchino” che, attraverso informazioni falsificate , rese più facile nel 1964 agli USA l’attacco contro il Vietnam del Nord.
In secondo luogo conviene tener conto che esistono precedenti della capacità israeliana di reclutare membri del gruppo terrorista Jundalà, di affiliazione sunnita, come informa la rivista Foreign Policy (13.1.2012), per effettuare attentati e attacchi a Teheran quale parte della guerra occulta che il Mossad fa contro il regime iraniano.
Per questo non bisogna scartare il sospetto che, con analogo procedimento, si stia preparando un grave incidente nello Stretto di Ormuz, quale scintilla che inneschi la guerra. Guerra che Israele sa che non potrebbe vincere con le sole sue risorse se non provoca invece in modo irreversibile un intervento militare degli USA.
Ma non sarebbe necessario attaccare una di quelle enormi piazzeforti fortificate che sono le undici portaerei attive dell’Esercito degli USA, vere e proprie basi militari mobili con cui Obama, nella sua nuova strategia per il 2012, pretende di mantenere la presenza militare USA in tutto il mondo. Basterebbe un incidente più piccolo, come l’attacco suicida che Al Qaeda lanciò nell’anno 2000 contro il cacciatorpediniere Cole, ancorato nel porto di Aden, per scatenare il processo sopra descritto.
Alcuni importanti funzionari di Washington, interrogati sull’ondata di attentati contro iraniani coinvolti nel programma nucleare, hanno riconosciuto la cooperazione degli USA con i servizi israeliani di intelligence all’interno dell’Iran per ottenere informazioni, ma hanno recisamente negato la loro implicazione negli attentati: “Non commettiamo assassinii politici” ha affermato un responsabile dell’intelligence statunitense. Ciò nonostante, nel maggio 2011, uno dei responsabili dell’operazione che eliminò Osama Bin Laden nel suo rifugio pachistano, dichiarò alla agenzia Reuters che si era trattato di un’operazione di assassinio(Kill operation).
Quando si stanno preparando le guerre, la menzogna politica è un’arma in più da utilizzarsi oculatamente, ma che obbliga i dirigenti politici a fare attenzione alle loro dichiarazioni pubbliche, per non cadere in umilianti contraddizioni.
Quando Hitler invase la Polonia secondo un piano lungamente preparato, si inventò un falso pretesto affermando che erano stati i polacchi ad aver attaccato per primi un’installazione di frontiera tedesca e venne così montata un’operazione di inganno. In seguito non servì a niente perché gli alleati avevano già deciso di rispondere con la guerra all’aggressione nazista, ma l’atto riflesso di ingannare prima di attaccare sembra una legge di guerra che presenta poche eccezioni.
E’ necessario tener conto di questo nel valutare e analizzare le notizie che si diffondono attorno all’esplosivo triangolo formato oggi da Israele, USA e Iran.
(*) Ex militare di Bilbao, scrittore e analista del Centro di Ricerche per la Pace.
Di seguito, un videoclip ci parla della patologica e ormai assodata bugiarderia della NATO, e del popolo iraniano, da tempo inquadrato suo malgrado nel mirino dei bombaroli legalizzati. Il video – in lingua inglese, ma di semplice comprensione, è stato realizzato dal sito mosaik.se.e ripubbicato su YT dal canale Awakened Media
Molti hanno parlato del trattato di Maastricht o del Trattato di Lisbona e di altri trattati, ma pochi hanno LETTO cosa c’è scritto davvero perchè non hanno seguito le disamine del parlamento Europeo e le modifiche ad essi apportate (in peggio per le libertà individuali).
In tanti sono pronti a scommettere sulla capacità dell’uomo di sconfiggere ogni minaccia che mina la libertà e la democrazia dei popoli, ma contrariamente a quanto la maggioranza crede (per fede umanistica cieca) in Verità è proprio esattamente il contrario! L’uomo VUOLE IL DOMINIO DELL’UOMO con tutte le sue ingiuste e indicibili conseguenze, ma poi se ne lamenta ipocritamente.. e allora ognuno si goda quello in cui CREDE come religione umanistica e se ne prenda pure le conseguenze.
IL NWO E’ ARRIVATO SULLE TESTE DEGLI IPOCRITI DORMIENTI
E’ entrata già in azione la nuova forza dell’ordine globale.. “L’EGF che gode di una totale immunità, come: l’inviolabilità dei loro locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le loro comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni da loro fatti a proprietà o persone possono essere denunciati ma non saranno indennizzati (art. 28); i gendarmi della forza dell’Odine Mondiale Nuovo non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei paesi ospitanti (art. 29).”
Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto.
Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica DEFINITIVAMENTE il TRATTATO DI VELSEN già sottoscritto dall’ex Ministro della Difesa Parisi nel 2007. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente “l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato.”
Pechino ha di fatto proibito alle compagnie cinesi di pagare l'imposta sugli atterraggi negli aeroporti del Vecchio continente. E da Bruxelles non giungono segnali distensivi: "Non facciamo marcia indietro, la legge sarà applicata a tutti i vettori"
MILANO - La Commissione europea non ha alcuna intenzione di fare "marcia indietro" sulla nuova tassa sulle emissioni aeree: lo ha detto oggi un portavoce di Bruxelles commentando alcune notizie di stampa secondo cui la Cina avrebbe vietato alle compagnie aeree del Paese di pagare la tassa. "Non facciamo marcia indietro rispetto alla nostra legislazione, la legislazione verrà applicata alle compagnie che operano in Europa", ha detto il portavoce. L'esecutivo Ue, ha comunque sottolineato, "non ha ancora visto alcuna informazione dettagliata (su questo tema) da parte delle autorità cinesi".
Lo scorso dicembre la Cina si era dichiarata "ostile" alla "decisione unilaterale" dell'Unione Europea di imporre alle compagnie aeree che volano sul proprio territorio di acquistare una quota delle loro emissioni dei gas inquinanti CO2. Il portavoce del ministero degli Esteri, Liu Weimin, aveva affermato che la Cina "si augura che l' Ue agisca con prudenza e prenda una posizione pragmatica in consultazione con la Cina e gli altri partner".
Una posizione ribadita poche ore fa quando Pechino ha di fatto vietato alle compagnie aeree cinesi di pagare la nuova tassa sulle emissioni chiesta dall'Unione Europea. A scriverlo è stata l'agenzia Nuova Cina, citando l'amministrazione dell'aviazione civile. Secondo il comunicato, alle compagnie aeree cinesi "non è permesso pagare la tassa e neanche alzare i prezzi o aggiungere altre tasse in assenza di un permesso governativo". La norma viene avversata dalla Cina, che la considera una "pratica scorretta", ma anche da Stati Uniti, India e Canada.
TEHERAN, IRAN – “Israele ha bombardato l’Iran, colpite le centrali nucleari di Teheran, Natanz, Ramsar, Bonab e le miniere di uranio di Yazd e Saghand”: in un giorno di aprile potremmo leggere, sentire e vedere una notizia così. E il giorno dopo: “L’Iran ha attaccato le basi americane nel Golfo persico; razzi su Israele dal Libano e dalla Striscia di Gaza; bloccate le petroliere nello Stretto di Hormuz; sabotaggi nel Canale di Suez”. Di lì a poco, gli Usa potrebbero dichiarare guerra all’Iran e mezzo Medio Oriente potrebbe reagire dichiarando guerra a Usa e Israele. Uno scenario di guerra che potrebbe avverarsi per cinque ragioni, buone o cattive che siano, come spiega Franco Venturini sul Corriere della Sera.
1)L’Iran è arrivato a buon punto con il suo programma nucleare, secondo i servizi segreti occidentali, mentre non è affatto a buon punto la collaborazione con l’Agenzia Atomica. Insomma, in poco più di un anno Teheran potrebbe produrre la bomba atomica, e Israele teme che riesca a spostare il materiale per produrla in bunker antiaerei prima dell’autunno.
2) Le sanzioni di Europa e Usa non saranno efficaci. Perché quelle europee sono parziali e scattano a luglio, mentre il vuoto lasciato dagli americani lo colmerà la Cina, alla quale fa gola il petrolio iraniano. Perché, inoltre, il potere iraniano è diviso in due fazioni (Ahmadinejad vs Khamenei) e chi tratta è perduto, ovvero entrambe ci tengono a mostrarsi dure e pure con gli occidentali. E in ogni caso ai negoziati il primo a non crederci è Israele.
3) Il blocco dello Stretto di Hormuz, minacciato spesso dall’Iran, è di per sé un casus belli, una scintilla che può dare inizio alla guerra.
4) Gli Usa sono contrari a un’azione unilaterale da parte di Israele, ma Obama sarà in campagna elettorale fino a novembre e in caso di attacco israeliano il riflesso automatico di un presidente americano che non vuole dimostrarsi “molle” davanti agli elettori sarebbe quello di scendere in guerra al fianco dell’alleato Netanyahu.
5) I fautori della trattativa sperano che l’Iran adotti il “modello giapponese”: la capacità nucleare ce l’ho, ma le bombe non le produco e tu Agenzia atomica avrai libertà di verificare che non lo faccio. Però uno dei pilastri della sicurezza di Israele è, secondo Tel Aviv, il monopolio nucleare nel Medio Oriente. Messa così la questione, le promesse “giapponesi” non sarebbero sufficienti.
D’altro canto le ragioni di chi vuole evitare a tutti i costi questo conflitto sono molte: l’Iran diventerebbe più compatto e incattivito contro gli occidentali, il programma nucleare verrebbe solo rinviato, l’intera regione dalla Libia al Pakistan diventerebbe instabile, attentati terroristici porterebbero le scorie tossiche della guerra nelle capitali europee e americane. Per non parlare delle conseguenze di una nuova crisi petrolifera sull’Occidente già sfibrato dalle crisi finanziarie ed economiche.