domenica 11 dicembre 2011

Trasparenze


SCUDO


M.O.: Israele continua bombardare Gaza


M.O.: Israele continua bombardare Gaza
GAZA - L'aviazione israeliana ha lanciato ancora oggi missili su Gaza provocando il ferimento di una bambina di 12 anni e il suo padre. Lo riferiscono fonti mediche palestinesi. Anche l'esercito israeliano ha confermato l'attacco.

Iran:presto riproduzione del velivolo spia Sentinel Rq170


Iran:presto riproduzione del velivolo spia Sentinel Rq170
TEHERAN - Il vice presidente della Commissione esteri e sicurezza nazionale del Parlemento iraniano Hossein Ebrahimi ha detto citato dall’agenzia Fars che la Repubblica islamica potrebbe molto presto riprodurre il velivolo spia americano di ultima generazione Sentinel Rq170, catturato una settimana fa: "Affidandosi alla propria esperienza, le forze armate iraniane saranno in grado di riprodurre presto il velivolo Rq170".

Afghanistan: colpito Lince militare italiano


Afghanistan: colpito Lince militare italiano
KABUL - Un veicolo militare italiano è stato colpito da un ordigno improvvisato in Afghanistan. L'eplosione non ha provocato feriti. E' quanto riporta in una nota l'Isaf. Il fatto è avvenmuto questo pomeriggio alle 16.45 locali a sud del distretto di Bakwa. Nel corso di una attività operativa, un'unità della Task Force Sud-Est, su base reggimento San Marco della marina militare, è stata coinvolta nell'esplosione di un ordigno Ied. L'esplosione ha danneggiato un veicolo tattico Lince ma non ha provocato feriti.

Denuncia stupro, bruciano campo rom Poi la ragazza ritratta: ho inventato tutto


Clamoroa svolta a Torino. Intanto era partita una manifestazione punitiva contro i nomadi. Fassino: no ai linciaggi

ROMA - Clamorosa svolta nella vicenda di Torino, dove una ragazza di 16 anni aveva detto di aver subito uno stupro, mercoledì sera. «Non sono stata violentata», ha ammesso la giovane ai carabinieri. Nel pomeriggio in città era esplosa la rabbia e la violenza contro un campo nomadi, con baracche e roulotte date alle fiamme. I familiari si erano detti sicuri che a violentare la 16enne fossero stati due rom.

La 16enne aveva raccontato ai militari di essere stata avvicinata da due uomini, forse stranieri, di essere stata costretta a entrare nel portone di un palazzo nel quartiere Vallette, non lontano dalla sua abitazione, e di essere stata stuprata da uno dei due. Poi, in serata, la retromarcia. Un'ammissione arrivata troppo tardi, perché una parte del corteo organizzato in segno di solidarietà dai familiari della giovane aveva già riversato la sua rabbia contro un campo rom della città, indicato dal fratello della 16enne come il luogo dove andare a cercare i presunti aggressori.

Baracche rom a fuoco. Dopo aver fatto allontanare i nomadi dal campo i manifestanti hanno cominciato a danneggiare strutture, camper e auto e hanno appiccato il fuoco. Non ci sono stati feriti ma secondo testimoni, alcuni avevano bastoni e hanno minacciato fotografi e operatori televisivi. I carabinieri hanno fermato due persone.

Fassino: no ai linciaggi.
 In serata è intervenuto sulla vicenda il sindaco di Torino Piero Fassino: «È assolutamente inaccettabile che si dia luogo a manifestazioni di linciaggio nei confronti di persone estranee ai fatti per la sola ragione che sono cittadini stranieri. Torino è una città civile che ha saputo sempre rispettare ogni persona quale che sia il luogo in cui è nata, la lingua che parla, la religione che pratica. È dovere della nostra comunità respingere chi vorrebbe precipitare la vita della nostra città nell'intolleranza, nell'odio e nella violenza».

La testimonianza del fratello. A far scattare la violenza era stata la testimonianza del fratello della ragazza: «Siamo sicuri che si sia trattato di due zingari romeni che abitano in una cascina qui vicino - ha detto - li ho visti mentre fuggivano e ho provato a inseguirli, ma senza successo. Mia sorella è stata trascinata brutalmente su una montagnola di un parco di corso Molise, vicino a un ponte, e lì è stata violentata». La ragazza aveva raccontato di essere riuscita a divincolarsi e a raggiungere le case dove il fratello l'ha trovata, senza i jeans e con gli altri abiti danneggiati. I medici hanno confermato che la giovane ha avuto un rapporto sessuale.

Si stanno concentrando sugli ambienti del tifo organizzato, in particolare della Juventus, le indagini delle forze dell'ordine sul raid incendiario compiuto ieri sera a Torino contro il campo rom abusivo della Continassa. Secondo quanto accertato dagli investigatori, il volantino che ha preannunciato la manifestazione sarebbe stato prodotto da uno dei gruppi di supporter della squadra bianconera

Pubblica amministrazione torna il tetto ai super-compensi


Si va verso limite di 290mila euro l'anno. 

La norma scatterà dal primo gennaio

Super-compensi nel mirino
ROMA - Mentre tra i parlamentari infuria la polemica per i tagli agli stipendi una piccola rivoluzione passa quasi in sordina: torna il tetto ai super-compensi della pubblica amministrazione. L'articolo 23 del decreto salva-Italia fissa la tagliola al 31 dicembre. Se entro questo termine non sarà stata fatta alcuna sforbiciata, il governo potrà intervenire fissando un massimo che dovrebbe aggirarsi sui 290mila euro all'anno.

La finanziaria di luglio. La Finanziaria di luglio fissava già dei tagli e indicava anche i destinatari: «titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o componenti di organismi, enti o istituzioni», ma anche «segretari generali, capi dipartimenti, dirigenti generali». Solo che non prevedeva una tempistica certa. Ora, invece, con la scadenza del 31 dicembre, la tempistica c'è.

Chi riguarda. Dentro alla manovra ci sono tutti: Senato, Camera, Corte costituzionale, organi di autogoverno della magistratura, Authority indipendenti (incluso l'Antitrust ma esclusa la Banca d'Italia), Consob, Aran e altro ancora. In passato ci aveva già provato il governo Prodi a introdurre un tetto di 289mila euro. Poi quello Berlusconi ha sostanzialmente fatto dietrofront.

Pensioni, no contanti per over 500 Scoppia polemica, "verso ricorso"

(Adnkronos)
Roma, 11 dic. - (Adnkronos) - Stop alle pensioni in contanti quando superano i 500 euro. E' quanto prevede una norma contenuta nella manovra targata Monti. Norma che sta suscitando polemiche.
"Non credo che i pensionati possano essere confusi con i potenziali evasori e quindi inviterei il governo a rivedere la norma della manovra relativa al divieto di pagare in contanti le pensioni superiori a 500 euro". Lo dice all'ADNKRONOS il presidente della commissione Esteri del Senato Lamberto Dini, che auspica "un ripensamento da parte dell'esecutivo". "Così come è congegnata - prosegue l'esponente Pdl - la norma rischia di creare problemi di consenso per il governo in una popolazione anziana, già colpita dalla crisi, e che si vedrebbe costretta ad aprire dei conti correnti per ottenere quanto le spetta, pagando oneri, magari limitati, ma comunque ulteriori rispetto a pensioni già esigue".
Per il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli "è un provvedimento costrittivo che potrebbe presentare profili di incostituzionalità se fosse accertata la non ragionevolezza del limite, tenuto conto della geografia del Paese e delle difficoltà in cui si potrebbero trovare molte categorie di persone". "Oltre ai costi di natura economica, che potrebbero essere superati, vanno analizzati anche i problemi di natura culturale e organizzativa - sottolinea Mirabelli all'Adnkronos - Chi vive ad esempio in zone di campagna, lontano dagli uffici postali, potrebbe trovarsi in difficoltà. Bisogna verificare dunque se questo provvedimento risponde a un criterio di ragionevolezza". "C'è da chiedersi - aggiunge - se in linea complessiva non ci siano strumenti più efficaci, rispetto ai controlli minuti, per portare all'emersione dell'evasione fiscale".
Dal canto suo il Partito dei Pensionati annuncia battaglia contro la norma giudicata "vergognosa": "Abbiamo già dato mandato al nostro ufficio legale di impugnare questa norma appena sarà licenziata dal Parlamento", dice all'ADNKRONOS Luigi Ferone, vicesegretario del Partito dei Pensionati. "I pensionati non meritano questo trattamento - prosegue Ferone - Anziché colpire i grandi evasori, in questo modo il governo colpisce chi le tasse non le ha mai evase. E poi non capiamo perché la tracciabilità per un cittadino normale si applica sopra i mille euro e per i pensionati invece, che hanno redditi fissi e tracciabili, il limite viene fissato a 500 euro: è estremamente penalizzante". "Molti pensionati fanno la fila alle poste la mattina proprio perché non hanno la possibilità economica di aprirsi un conto corrente - aggiunge Ferone - Si stenta a credere che il pensionato, che non arriva neanche a fine mese, possa essere il potenziale evasore di massa".
Sul fronte conto corrente interviene il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari: "Le banche italiane sono disponibili a ragionare su un conto corrente a zero spese per i pensionati al minimo". Aggiungendo anche una disponibilità in merito ai "costi delle carte di credito alla luce delle misure del governo". Tuttavia, Mussari ha precisato che non c'è la disponibilità a "dare gratuitamente servizi che costano alle imprese bancarie".


Russia: Medvedev, non accoglieremo richieste della piazza

Mosca, 11 dic. (Adnkronos/Dpa) - Il governo russo non intende accogliere la richiesta di ripetere le elezioni di domenica, come chiedono i manifestanti che ieri sono scesi in piazza accusando le autorita' di brogli. Lo ha precisato oggi il presidente russo Dmitri Medvedev sul suo profilo di Facebook. "Non appoggio alcuna delle dichiarazioni o richieste fatte ai raduni", ha detto il leader del Cremlino, riferendosi alla protesta che ieri ha riunito 100mila persone a Mosca. I manifestanti, che hanno sfilato anche in altre citta', chiedono inoltre la liberazione dei prigionieri politici e le dimissioni di una serie di alti funzionari, fra cui il capo della Commissione elettorale, Vladimir Churov.

Siria, ultimatum del governo agli attivisti: bombe su Homs se non cessa la protesta

(Xinhua)
Damasco, 11 dic. (Adnkronos/Ign) - Il governo siriano ha dato un ultimatum ai manifestanti di Homs: entro lunedì notte dovranno cessare le proteste, bisognerà consegnare le armi e i disertori dovranno arrendersi all'esercito. In caso contrario la città verrà bombardata. A denunciare l'esistenza dell'ultimatum è un esponente dell'opposizione, il colonnello Mohamed Hamdo del Libero Esercito Siriano, citato dalla Cnn. L'ultimatum, che sarebbe stato emesso ieri sera, non viene però riportato dai media ufficiali siriani.
Già venerdì, fonti dell'opposizione avevano accusato il regime di voler compiere un "massacro" a Homs, una delle roccaforti della protesta contro il presidente Bashar Assad.
Intanto, mentre in alcune zone della Siria è in corso lo sciopero generale contro Bashar al Assad, al Sud infuria la battaglia, una delle più dure dall'inizio della rivolta, tra esercito e disertori. Secondo quanto riferisce l'emittente al Jazeera che cita attivisti e testimoni, centinaia di disertori siriani hanno combattuto contro le truppe corazzate del regime che hanno preso d'assalto la città di Busra al-Harir.
Ed è ancora sangue nel Paese: sono almeno nove le persone che sono rimaste uccise dalle forze di sicurezza siriane. Il Local Coordination Committees in Syria, un gruppo di attivisti online che documenta la protesta anti governativa, ha denunciato oggi l'uccisione di due manifestanti nella provincia settentrionale di Idlib, due in quella centrale di Homs, quattro in quella centrale di Hama e un altro nella città meridionale di Daraa.

Durban, nella notte l'accordo salva-clima: il trattato globale sarà in vigore dal 2020

(Xinhua)
Durban, 11 dic. (Adnkronos) - Il summit sul clima di Durban si è chiuso con un accordo in extremisdopo una maratona finale, che ha prolungato il dibattito di 36 ore oltre il previsto. I 193 paesi membri della Un Framework Convention on Climate change hanno stabilito di concludere entro il 2015 un accordo legalmente vincolante sul clima che dovrà entrare in vigore entro il 2020. I negoziatori hanno anche formalizzato l'istituzione del Green Climate Fund da 100 miliardi di dollari annui, per aiutare i paesi più poveri a scegliere la strada dello sviluppo sostenibile e ad affrontare le conseguenze dei mutamenti climatici. Un lungo applauso ha salutato l'annuncio dell'accordo, che impegna i partecipanti lungo una road map per combattere i cambiamenti climatici.
L'accordo sul Mandato di Durban, raggiunto alle 4 di questa mattina, comprende l'impegno a mantenere in vigore i meccanismi e i limiti alle emissioni di Co2 fissati del protocollo di Kyoto fino al prossimo summit del clima, fissato per il dicembre 2012 in Qatar. La road map sulla quale è stata trovata un'intesa si basa su una proposta portata avanti da Unione europea, l'Alleanza delle piccole isole (Aosis) e il blocco dei paesi meno sviluppati (LDcs). Il principio fondante è che solo un accordo legalmente vincolante sui limiti delle emissioni di CO2 di tutti i Paesi partecipanti potrà ridurre l'aumento del riscaldamento globale entro il limite massimo di due gradi. Ma l'India ha puntato a lungo i piedi, opponendosi all'idea di un trattato legalmente vincolante che limiti le sue emissioni di CO2 sulla stessa base dei paesi industrializzati. E a sostegno di Nuova Delhi si è schierata la Cina.
Il compromesso è stato poi raggiunto, quando un diplomatico brasiliano ha proposto la formula di un accordo con "forza legale", che alla fine è stato accettato. "E' una storica pietra miliare, è stato fatto un gigantesco passo in avanti", ha commentato soddisfatta Maite Nkoana-Mashabane, ministro degli Esteri del Sudafrica, che ha presieduto la 17esimo conferenza Onu sul clima.
"L'accordo di Durban è la piattaforma globale per lo sviluppo di tecnologie e sistemi in grado di assicurare riduzione delle emissioni e crescita economica". E' quanto dichiarato dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini al termine della conferenza sui cambiamenti climatici. Il ministro è soddisfatto in quanto "siamo usciti dal 'cono d'ombra' di Copenaghen" dichiara, il precedente vertice in cui le posizioni dei Paesi erano rimaste distanti. Mentre l'accordo di Durban che "supera i limiti del Protocollo di Kyoto e ha una dimensione globale, offre all'Europa la possibilità di costituire, con le grandi economie emergenti di Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa - afferma - la 'piattaforma' per lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie e dei sistemi in grado di assicurare nello stesso tempo la crescita economica e la riduzione delle emissioni. Questo è il nuovo fronte della competitività". "L'Italia è nel gruppo di testa dei Paesi che hanno voluto l'accordo di Durban, - spiega - ed ora siamo impegnati a dare seguito all'accordo nelle politiche nazionali, nella nostra partecipazione alle decisioni europee e nel rafforzamento del nostro partenariato con Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa".

Manovra, Monti vede i sindacati.

Mario Monti
Roma, 11 dic. (Adnkronos/Ign) - Mario Monti è rientrato a Roma con il treno in serata. Il presidente del Consiglio è giunto alla stazione Termini con il Frecciarossa intorno alle 18. Sempre guardato a vista dai suoi bodyguard, il professore ha lasciato il treno ed è salito sull'auto blu tra i flash dei fotografi senza rilasciare dichiarazione alla stampa. Monti è atteso a Palazzo Chigi dove intorno alle 20 incontrerà i sindacati per fare il punto agli emendamenti sulla manovra e alla vigilia dello sciopero generale indetto dai sindacati per domani.
All'incontro sarà presente anche Elsa Fornero come annunciato dallo stesso ministro del Lavoro ospite da Lucia Annunziata nella trasmissione 'In ½ ora'. Quanto allo sciopero generale di Cgil, Cisl e Uil, Fornero è incerta che vi possano essere margini per scongiurarlo nel corso della trattativa di questa sera.
Intanto, il governo stringe sugli emendamenti. Nel pomeriggio contatti con le forze politiche per trovare una sintesi delle varie richieste arrivate dal Parlamento e trovare le coperture previste. Sul tavolo resta la necessità di intervenire su casa e previdenza e il nodo da sciogliere è sempre quello dei 5 miliardi di euro per assicurare le risorse. I tempi, infatti, sono stretti, visto che le 'correzioni' al decreto con le misure anti-crisi devono essere presentate domani entro le 14 e martedì il provvedimento approderà in Aula.
Secondo fonti parlamentari, dopo il summit di ieri, dovrebbe tenersi un nuovo incontro questa sera (intorno alle 19), a Montecitorio, tra il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, e i rappresentanti dei gruppi parlamentari di Pd Pdl e Terzo Polo per fare il punto della situazione. Allo stato non c'è nessuna convocazione, ma alcuni partiti sono stati preallertati.

Il vice premier britannico "furioso" con Cameron


Per il primo veto nella storia dei rapporti tra Gran Bretagna ed Europa. Nick Clegg considera uno "spettacolare fallimento" l'isolamento di Londra rispetto alla Ue. Ma la maggioranza degli inglesi è d'accordo con la linea del primo ministro. E altri due ministri criticano il premier

LONDRA - Nick Clegg, vice-premier britannico e leader dei Lib-Dem è "furioso" con il premier David Cameron per la "partita giocata male" a Bruxelles con la decisione di porre il primo veto nella storia dei rapporti tra Gb e Ue.  "E' un male per la Gran Bretagna"-  ha dichiarato alla Bbc - "Sono amaramente deluso dal risultato del summit della  settimana scorsa, perchè penso che vi sia il pericolo di un Gran Bretagna isolata e marginalizzata all'interno dell'Unione Europea... Non è una buona cosa per il lavoro, per la City, per la crescita e le famiglie".

Clegg ha detto di essere stato informato dei risultati del verticie con una telefonata del primo ministro, il conservatore David Cameron, giunta alle 04.00 del mattino, poco prima della conferenza stampa che annunciava la posizione britannica. "Ho risposto che per me era impossibile dare il benvenuto", ad un simile esito, ha raccontato all'emittente. Una Gran Bretagna "fuori dall'Europa sarebbe considerata irrilevante da Washington e un pigmeo nel mondo, mentre voglio che resti alta e guidi il mondo", ha sottolineato il vicepremier.

Clegg ha tuttavia aggiunto che Cameron si è trovato a dover fronteggiare "l'intransigenza" di Francia e Germania ed è stato messo "in una posizione molto difficile" dagli euroscettici del suo partito.
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http://www.repubblica.it/esteri/2011/12/11/news/il_vice_premier_britannico_furioso_con_cameron-26419715/?ref=HREC1-3

"Se non ora, quando?" Le donne tornano in piazza


"Se non le donne, chi?" è il titolo della nuova iniziativa del comitato femminile, dopo la manifestazione dello scorso 13 febbraio. A piazza del Popolo a Roma, un'iniziativa per inviare al governo Monti messaggi precisi sul ruolo delle donne nell'uscita dalla crisi: "Serve una democrazia paritaria". Tra proposte, strategia e tanta musica

ROMA - Le donne del movimento "Se Non Ora Quando 1" tornano in piazza oggi, a quasi un anno di distanza dal 13 febbraio. A Roma l'iniziativa è a piazza del Popolo a partire dalle 14.00. "Le donne hanno mostrato che la loro dignità è la dignità dell'Italia. E ora vogliono cambiarla, l'Italia" dice il movimento rinnovando l'appuntamento in piazza. "Il nuovo governo dice ciò che da tempo sosteniamo: non c'è crescita, né democrazia senza le donne, i loro interessi sono gli interessi del Paese. Ma sappiamo che è solo un inizio". 

Su queste basi,"Se non ora quando?" torna in piazza con le sue idee sul lavoro, maternità e servizi, rappresentanza e comunicazione. Per la giornata di oggi lo slogan sarà: "Se non le donne, chi?". "Senza una presenza forte e autonoma delle donne, il cambiamento non ci sarà", questa la base di partenza dell'iniziativa. E l'obiettivo della giornata è messo nero su bianco sul sito del comitato: "Vogliamo segnare questa stagione politica con la nostra forza, contare sulla scena pubblica. Vogliamo far capire che l'uscita dalla crisi passa attraverso il lavoro e il Welfare per le donne, e che per questo serve una democrazia paritaria e una nuova rappresentazione della donna nei media". 
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http://www.repubblica.it/politica/2011/12/11/news/se_non_ora_quando_le_donne_tornano_in_piazza-26400745/?ref=HRER2-1

Addio al re del più brutto Tg1 della storia di tutta la Rai


Gli ascolti perdono colpi, l'imparzialità non è più una virtù

Le foglie che ingialliscono lungo i viali non ci danno il senso della caducità terrena quanto l'avvicendarsi dei direttori Rai. Pare sia suonata l'ora per Augusto Minzolini, direttore del Tg1. Pare che il suo futuro (peraltro dorato: stesso stipendio, stessi fringe benefit) sia stato deciso. 

Dopo il rinvio a giudizio per peculato, il Cda della Rai si riunirà martedì per rimuoverlo dalla carica. Peculato è un parola grossa: Minzolini, detto Minzo, avrebbe usato la carta di credito aziendale per pagare i ristoranti, frequentati in Italia e all'estero anche nei giorni di riposo. Sui «pasticci» delle note spese esiste un'ampia letteratura: per anni, sconosciuti e solerti contabili hanno dovuto fare i salti mortali per giustificare bottiglie di champagne, allegre signorine, gite in hotel a cinque stelle come rimborsi legati al mestiere dell'inviato, sfuggente e capriccioso come pochi. Una volta in Rai, così dicono, scoprirono che certe fatture del Dubai erano stampate da una tipografia di Trastevere. In un Paese in cui è tollerata la cresta, dall'amministratore delegato alla badante ucraina, solo Minzo deve diventare l'agnello sacrificale? Minzo è accusato di essere fazioso, berlusconiano di stretta osservanza. 

Difficile però trovare un direttore Rai che non sia stato scelto per fedeltà politica, che non abbia in Parlamento un suo azionista di riferimento. È una consuetudine triste e antica: al vincitore delle elezioni spettano le spoglie di Viale Mazzini. A fazioso succede fazioso, al congenito opportunismo la vanesia disponibilità dei singoli, fino a quando la Rai non troverà una sua autonomia. Se mai la troverà.

E poi quegli editoriali, così urticanti, risentiti, irrituali! Sì, bisogna ammetterlo, l'editoriale non è stato il suo forte: per uno cresciuto a fare il bracconiere di notizie non dev'essere stato facile indossare le vesti di guardacaccia, come se il Tg1 fosse una sorta di Lady Chatterley di cui abusare. 

Le foglie ingialliscono, gli ascolti del Tg1 perdono colpi, la concorrenza si fa sotto, l'imparzialità non è più una virtù, l'arte di nascondere le notizie più importanti prende piede, i servizi sulle vacanze e sulle stravaganze inutili aumentano a dismisura. E Minzo, che fa Minzo? Beh, una piccola colpa gliela si potrebbe imputare: ha fatto il più brutto Tg1 della storia della Rai. 

«Basta segreti su conti e patrimoni. Ora possiamo battere i furbi»


Befera: ci sono gli strumenti per farcela. Solo la Grecia peggio di noi

Dottor Befera, perché Equitalia è entrata nel mirino del terrorismo? 
«Non sono un inquirente. Certo è che le campagne di odio contro Equitalia creano il clima favorevole ad atti criminali ed esecrabili come quello contro il dottor Cuccagna».

Nel web la bomba riceve consensi. 

«Consensi figli della disinformazione: casi particolari enfatizzati dai media come se fossero la regola; politici locali e nazionali che cavalcano proteste ingiustificate come quelle dei pochi che non vogliono pagare le multe sulla violazione delle quote latte oppure cavalcano disagi reali come quelli della Sardegna, dimenticando che tocca al governo locale e nazionale decidere eventuali moratorie fiscali e non all'esattore. Equitalia non è un ammortizzatore sociale».

Quote latte, ovvero Umberto Bossi. Sardegna, ovvero Mauro Pili. Le risulta che il sindaco di Bari, Michele Emiliano, si sia mobilitato contro Equitalia e, al tempo stesso, non paghi l'Ici ai Comuni vicini dove la sua giunta ha acquisito immobili? 
«Lasciamo da parte le personalizzazioni. Quanto a Bari, un tempo era così, ma poi magari il Comune si è messo in regola. Onestamente, in questo momento non saprei dire».

Pili raccoglie le firme per una legge di iniziativa popolare contro Equitalia. 
«Chiedo: andava bene quando 40 società di matrice bancaria riuscivano a riscuotere 1,5 miliardi l'anno di cartelle esattoriali o il Monte dei Paschi, esattore di Roma, avviava una sola procedura nell'intero 2003 e a Napoli chiamavano sfogliatielle le cartelle esattoriali? O non va meglio adesso che Equitalia, con tre sole società operative, ne recupera per 10 miliardi? Quale Paese vogliamo?».

Siete accusati di tassi usurai. 
«Bugie. Il 30% si riferisce alle sanzioni. Cancellandole, quanti ancora pagherebbero?».
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Tutti i numeri dell'evasione, dai gioielli alle auto di lusso


Lavoratori autonomi, proprietari di case e commercianti nel mirino

ROMA - Vale dieci volte la manovra del governo Monti. E quindi basterebbe non solo a evitare le lacrime di un ministro e di milioni di italiani ma anche a mettere per sempre in sicurezza i nostri conti pubblici. Stima l'Istat che in Italia in un anno l'evasione fiscale e il sommerso raggiungano i 275 miliardi di euro. È la stessa cifra che fattura l'industria mondiale del legno, oppure quella nazionale (ma fiorente) della corruzione russa. Tradotta in denaro sottratto al Fisco sono 120 miliardi, secondo il direttore dell'Agenzia delle entrate Attilio Befera. In media vuol dire che ogni contribuente nasconde allo Stato 2.093 euro, il 13,5% del proprio reddito, uno stipendio. Solo che anche in campo fiscale bisogna applicare la regola dei polli di Trilussa.

Pochi mesi fa l' Herald tribune ha scritto che l'evasione è il nostro vero sport nazionale. E allora, come per tutti gli sport, si può fare un ritratto sociologico del Paese, vedere dove è praticato di più e da chi. Gli uomini evadono più delle donne, i giovani più degli anziani. E se il grosso del buco nero è al Nord in media quelli più furbi vivono al Centro. Ma la vera differenza sta nella fonte del reddito. Secondo il rapporto del gruppo di lavoro sulla riforma fiscale i veri campioni appartengono a due categorie: i lavoratori autonomi o gli imprenditori che dichiarano la metà del loro reddito reale nascondendo al Fisco più di 15 mila euro a testa. E, soprattutto, i proprietari di case, negozi e appartamenti che dalla dichiarazione tengono fuori oltre l'80% delle loro entrate, quasi 18 mila euro ciascuno. Altro che i 2 mila euro a testa calcolati alla Trilussa. C'è poi un altro settore che fa venire qualche dubbio, il commercio. Queste non sono stime ma le dichiarazioni del 2008, ultimo anno disponibile per gli studi di settore.
Le discoteche e i locali da ballo sono addirittura in perdita: dichiarazione media meno 6 mila euro. Sotto zero, e quindi sotto la soglia della povertà se non della fame, anche i centri benessere con meno 3.200 euro e gli impianti sportivi con meno 1.300. Ma anche chi qualcosa la guadagna è costretto a una vita monastica: i ristoratori dichiarano in media 13.800 euro, i parrucchieri 12.500, i gioiellieri 16.300. Tutti intorno ai mille euro lordi al mese. Come un ragazzo al primo contrattino che si porta il panino da casa. Possibile?
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«Il Parlamento taglierà gli stipendi»


Fini e Schifani in una nota congiunta assicurano: «Adegueremo l'indennità agli standard europei»

Fini e Schifani (Ansa)Fini e Schifani (Ansa)
MILANO-I presidenti delle Camere Gianfranco Fini e Renato Schifani prendono carta e penna per dimostrare la volontà di dare un esempio «in sintonia con il rigore» imposta dalla crisi economica. Quindi il taglio degli stipendi ci sarà. E sollecitano il presidente dell'Istat, dottor Giovannini, a «concludere nel più breve tempo possibile i lavori della commissione» incaricata all'adeguamento delle indennità agli standard europei.
LA SMENTITA- Fini e Schifani non ci stanno, perché «non corrisponde pertanto al vero quanto ipotizzato da alcuni organi di informazione circa la presunta volontà del Parlamento di non assumere comportamenti in sintonia con il rigore che la grave crisi economica-finanziaria impone a tutti». E così metteno nero su bianco le volontà del Parlamento.
LA NOTA- «Come dimostrano anche le recenti decisioni autonomamente assunte dagli Uffici di Presidenza di Senato e Camera sulla nuova disciplina dei cosiddetti vitalizi -scrivono i presidenti delle Camere- il Parlamento è pienamente consapevole dell'esigenza di dar vita ad atti esemplari e quindi anche di adeguare l'indennità dei propri membri agli standard europei, secondo quanto già votato in Aula nei mesi scorsi sia a Palazzo Madama che a Montecitorio». Da qui la sollecitazione al presidente dell'Istat, dottor Giovannini, a concludere nel più breve tempo possibile i lavori dell'apposita commissione per poter immediatamente procedere alle conseguenti determinazioni attraverso i deliberati degli Uffici di Presidenza».