martedì 3 gennaio 2012

Italia: sdraiato in mezzo binari, treno gli passa sopra, illeso


Italia: sdraiato in mezzo binari, treno gli passa sopra, illeso
LIVORNO - Si è sdraiato in mezzo ai binari poco prima che transitasse un treno che stava entrando in stazione: il convoglio gli è passato sopra senza che l'uomo, un nordafricano di 47 anni, riportasse alcuna lesione. È successo oggi intorno alle 13 a Livorno. L'uomo è stato comunque portato in ospedale per controlli e la polizia ferroviaria sta indagando per capire i motivi del suo gesto. Secondo quanto raccontato dal macchinista,. il quarantasettenne stava camminando lungo la ferrovia, a circa un chilometro e mezzo dalla stazione di Livorno, quando improvvisamente si sarebbe sdraiato in mezzo alla linea ferroviaria, parallelo ai binari, aspettando l'arrivo del treno. Il convoglio, lungo circa 150 metri tra locomotore e vagoni, gli è passato sopra senza provocargli ferite. Tra le possibili ipotesi sulle ragioni del gesto un ripensamento dopo l'intenzione di suicidarsi, ma anche un gioco ad alta pericolosità.

Iran chiede all'Ue chiarimenti su futuri negoziati ‎


Iran chiede all'Ue chiarimenti su futuri negoziati ‎
TEHERAN - L'Iran ha chiesto all'Unione europea di proporre ''una data e un luogo'' per riprendere i negoziati nucleari fra Teheran e le grandi potenze, interrotti da un anno. Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast citato dall'IRIB. ''Noi aspettiamo che una data e un luogo siano proposti dalla signora Ashton" (il capo della diplomazia dell'Ue per i negoziati fra l'Iran e il gruppo dei 5+1 ossia Usa, GB, Russia, Francia, Cina e Germania - ndr), ha detto il portavoce. "Quando la data e il luogo proposti da Ashton sarano annunciati, Saeed Jalili (il capo negoziatore iraniano - ndr) e la sua squadra forniranno il loro punto di vista e al termine dei contatti ci sarà un accordo finale", ha concluso.

Iran avverte Usa: non riportate la vostra portaerei nel Golfo Persico


Iran avverte Usa: non riportate la vostra portaerei nel Golfo Persico
TEHERAN - "Consigliamo vivamente alla portaerei americana che ha attraversato lo stretto di Hormuz e che attualmente si trova nel Mare di Oman, di non ritornare nel Golfo Persico". Sono le parole di Ataollah Salehi, Comandante in Capo delle Forze armate iraniane, riportate dall’agenzia IRNA. "La Repubblica Islamica non ha l’intenzione di ripetere questo consiglio". Il 29 dicembre l'Iran aveva comunicato che una portaerei americana era stata identificata nella zona delle manovre militari navali iraniane nei pressi dello stretto di Hormuz. La scorsa settimana, nel cuore delle 10 giorni di esercitazioni, la portaerei a propulsione nucleare 'Uss John C. Stennis' ha lasciato il Golfo Persico facendo rotta sul Mare di Oman e, contemporaneamente, gli Stati Uniti hanno minacciato di non tollerare «intralci al traffico marittimo nello Stretto di Hormuz»., proprio mentre la marina iraniana effettuava esercitazioni in tal senso. "Se la portaerei americana tornera' nel Golfo Persico, passeremo all'azione", ha precisato Salehi alla fine della manovra militare conclusasi ieri con il lancio di due missili a lungo raggio.

Nella partita di Hormuz l’Iran cerca il profitto, non la guerra


La notizia della possibile chiusura dello Stretto di Hormuz ha fatto il giro del mondo, sollecitando l'analisi politico-strategica sui possibili scenari. Nel caso in cui la marina di Teheran bloccasse davvero il transito delle petroliere, la conseguenza sarebbe quella di affamare il Pianeta di energia, spingendolo verso una nuova recessione.
L'idea che il blocco dello Stretto non comporterà grandi cambiamenti si basa su due presupposti errati: il primo è che l'export di Teheran (2,4 mln b/g) è piuttosto basso rispetto al fabbisogno mondiale (84 ml b/g); la seconda è che il rapido ritorno della produzione libica compenserà l'esclusione dal giro di quella iraniana. In realtà, la situazione non è così rosea. Primo, dallo Stretto passano 15,5 mln b/g, ossia tutto l'export dei Paesi del Golfo: il 17% del petrolio consumato a livello globale, il 30% di quello che circola via mare e del 40% di quello destinato alle esportazioni. Secondo, il trend della produzione libica non è così florido come le previsioni dei media raccontano.
Razionalmente l'Iran non farà nulla, visto che il blocco danneggerebbe innanzitutto il proprio export, senza contare le inevitabili ritorsioni militari che il mondo scatenerebbe. Ma è importante che tutti credano che stia per fare qualcosa.
Facciamo un salto indietro di alcuni mesi. Teheran ha provato ad alterare le quotazioni già in primavera, in concomitanza della guerra in Libia, quando nel vertice OPEC di giugno aveva compattato il fronte dei produttori non arabi dietro la decisione di non aumentare le loro quote, mettendo così in minoranza i produttori del Golfo. Per la prima volta in vent'anni, i membri OPEC non riuscivano a raggiungere un accordo. L'Arabia Saudita aveva deciso di andare avanti da sola, aumentando unilateralmente la sua offerta sul mercato a 10 mln b/g. Ma ciò non è bastato a smorzare il prezzo del barile, stabilmente sopra quota 90, e talvolta 100. Questo perché il greggio saudita non poteva sostituire automaticamente quello libico, di migliore qualità. I maggiori costi di raffinazione si sono così tradotti in un aumento del prezzo di mercato. Con i sentiti ringraziamenti delle finanze persiane.
Nel successivo vertice OPEC, tenuto in metà dicembre, Ryadh ha portato a casa una parziale rivincita, ottenendo la legittimazione dell'attuale livello produttivo di 30 mln b/g stabilito in giugno, più elevato del 20% rispetto ai 24,84 mln b/g fissati tre anni fa. L'Iran non ha sollevato alcuna obiezione perché cercava un un accordo che mantenesse efficacemente lo status quo. Tuttavia, Teheran aveva anche bisogno di un impegno da parte dell'Arabia Saudita e degli altri produttori del Golfo di ridurre le proprie quote per fare spazio al futuro ripristino della produzione libica. Ma come ha dichiarato il ministro saudita del petrolio Ali al-Naimi, "se la Libia aumenta la produzione non significa necessariamente che l'Arabia taglierà la propria".
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Facebook sotto accusa "Causa un terzo dei divorzi"


Ricerca del sito Divorce online su 5mila richieste di rottura del matrimonio: nel 33 per cento dei casi è citato il celebre social network, dove è facile scoprire comportamenti inappropriati del proprio o propria partner. E in tribunale i post vengono usati sempre più come prove

LONDRA - I social network nefasti per la vita di coppia?Facebook, in particolare, è già stato riconosciuto come causa di litigi e separazioni, ma ora pare avviarsi a diventare una delle principali causa di divorzio, almeno in Gran Bretagna: secondo una ricerca del sito Divorce-Online, che fornisce servizi alle coppie che vogliono interrompere il matrimonio, un terzo dei casi è dovuto proprio al celebre social network.

"Facebook è diventato il mezzo primario di comunicazione - spiegano gli autori della ricerca, eseguita su un campione di 5.000 richieste di divorzio - ed è il posto più facile dove avere un'avventura extraconiugale. Le persone devono stare più attente a quello che scrivono, anche perché in tribunale si sta iniziando ad usare i post come fonte di prova".

In particolare, Facebook è pericoloso perché si tende a cercarvi gli ex partner. Si comincia con un messaggio innocente, ma da lì a cadere in tentazione il passo è breve, sostiene la ricerca. Secondo le cifre presentate, Facebook è citato nel 33 per cento delle richieste di divorzio presentate a Divorce-Online: un balzo notevole, visto che la cifra era del 20 per cento nel 2009; gli altri social network come Twitter non arrivano invece allo 0,5 per cento. A creare problemi in particolare sono i messaggi con toni da flirt e foto del proprio o della propria partner con qualcuno che non si conosce o con cui non avrebbero dovuto essere. 
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http://www.repubblica.it/tecnologia/2012/01/03/news/facebook_responsabile_un_terzo_divorzi-27542357/

Iran minaccia: "Via portaerei Usa dal Golfo" Stati Uniti: "Continueremo a dispiegare navi"


Il capo delle forze armate di Teheran avverte la Difesa americana: se la nave che ha attraversato lo stretto di Hormuz tornerà nel Golfo agiremo. La risposta della Casa Bianca: "Minacce dimostrano debolezza".  Il ministro degli Esteri francese chiede maggiori sanzioni. Sei mesi di prigione per la figlia dell'ex presidente Rafsanjani

TEHERAN - "Consigliamo alla portaerei americana che ha attraversato lo stretto di Hormuz e si trova nel mare dell'Oman di non tornare nel Golfo persico", ha minacciato il generale iraniano Attaollah Salehi, aggiungendo che "la Repubblica islamica dell'Iran non ha intenzione di ripetere il suo avvertimento". Non si è fatta attendere la risposta di Washington: gli Stati Uniti continueranno a dispiegare le loro navi da guerra nel Golfo, ha detto il comandante Bill Speaks, un portavoce della Difesa Usa, all'agenzia Reuters. "Si tratta di movimenti regolarmente programmati e in accordo con i nostri impegni a lungo termine per la sicurezza e la stabilità della regione e in sostegno alle operazioni in corso", ha detto Speaks. Poi, il commento della Casa Bianca: gli avvertimenti di Teheran mostrano che l'Iran è in una "posizione di debolezza" e sta cercando di distogliere l'attenzione dai suoi problemi interni, ha affermato il portavoce Jay Carney.

L'intervento del Pentagono
.''Lo spiegamento della nostra flotta nella regione del golfo Persico continuerà, come è stato per decenni'', ha fatto sapere il dipartimento della Difesa, che ha anche spiegato che il transito attraverso lo stretto di Hormuz è necessario per rifornire le missioni americane nell'area. Però, ha tenuto a precisare il Pentagono, gli Stati Uniti non stanno affatto cercando "il confronto" con l'Iran sul transito dei mercantili e delle unità militari attraverso lo Stretto di Hormuz: "Il nostro interesse è nel passaggio sicuro delle navi che transitano per Hormuz. Questo è il nostro desiderio", ha spiegato il portavoce della Difesa, George Little, aggiungendo che ora "è importante abbassare i toni".

Cresce la tensione. Chiunque minacci la nazione iraniana ''pagherà un alto prezzo'', ha dichiarato il capo di Stato maggiore delle forze armate iraniane, generale Hassan Firouzabadi, alla parata di unità navali che hanno partecipato ai dieci giorni di esercitazioni 1 nello stretto di Hormuz. ''Ogni mese, siamo testimoni dei progressi scientifici e di tecnologia militare dell'Iran e ogni nuova manovra presenta una nuova e potente arma proporzionata alle minacce - ha aggiunto - La dottrina e la strategia dell'Iran sono difensive e preventive e questo dimostra che la nazione iraniana non può essere minacciata''.
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http://www.repubblica.it/esteri/2012/01/03/news/iran_minaccia-27528124/

I 186 morti di carcere nel 2011


La loro età media non arrivava a 40 anni Nel corso del 2011 sono stati 186 i morti tra i detenuti nelle carceri italiane. La loro eta’ media non arrivava a 40 anni (39,3). Gli ultimi due solo nella notte di San Silvestro: alle Vallette di Torino un romeno si e’ impiccato poche ore prima delle mezzanotte con un lenzuolo, un altro detenuto e’ morto nel penitenziario di Trani per cui e’ stata aperta un’inchiesta.
L’INTERNATO - Il 2012 ha gia’ segnato un nuovo caso, in un ospedale psichiatrico giudiziario: a Barcellona Pozzo di Gotto un internato e’ morto a 56 anni. Il suo e’ stato il terzo decesso negli ultimi mesi nella struttura carceraria. La fotografia sulla situazione dell’anno appena trascorso e’ stata resa nota da Ornella Favero di ‘Ristretti Orizzonti’, da Patrizio Gonnella di ‘Antigone’ e Luigi Manconi per ‘A Buon diritto’ che chiedono di ‘fermare la strage’ e puntano il dito contro il sovraffollamento: in tutti gli istituti nei quali si e’ registrato piu’ di un suicidio il sovraffollamento era superiore alla media nazionale. Caso limite, quello di Castrovillari (Cosenza) con due suicidi sui 285 detenuti presenti e una media di sovraffollamento del 217%. A livello nazionale il tasso medio e’ del 150% (68 mila detenuti per 45 mila posti).
TROPPI SUICIDI – Dei 186 morti nelle carceri del 2011, 66 sono stati i suicidi, 23 invece le cause da accertare per le quali sono in corso indagini giudiziarie, 96 le cause naturali e un omicidio. A togliersi la vita sono stati 45 detenuti italiani e 21 stranieri. In prevalenza uomini (64), due le donne. Molto bassa l’eta’ media, che non arriva a 38 anni (37,8). Si sono impiccati 44 reclusi; 12 hanno invece inalato gas da bombolette di butano; 6 si sono avvelenati con farmaci, droghe o detersivi; 4 infine hanno scelto di mettere fine alla loro vita soffocandosi con un sacco infilato in testa.
LE SEZIONI - Tra i morti suicidi, 46 erano carcerati in sezione ‘comune’, 9 internati in ospedale psichiatrico giudiziario e uno in una casa di lavoro; 4 si trovavano in ‘isolamento’; 3 nella sezione ‘protetti’; 2 in quella ‘infermeria’ e 1 nella sezione di ‘alta sicurezza’.Dei 66 detenuti suicidi del 2011, 28 erano stati condannati con sentenza definitiva, 27 erano in attesa di giudizio, 3 condannati in primo grado e 8 invece avevano una misura di sicurezza detentiva. 
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Gli onorevoli al capezzale di Lele Mora


Farina e Papa vanno a trovare l’ex agente in carcere
Irriconoscibile, dimagrito di 35 chili, con la barba incolta: cosi’ il parlamentare Renato Farina ha descritto Lele Mora, che ha visitato nel carcere di Opera insieme al deputato Alfonso Papa e alla Radicale Annalisa Chirico.
CONDIZIONI PESSIME - In mattinata Chirico e Papa hanno visitato anche San Vittore, mentre Farina e’ andato al carcere di Monza. Papa, che a Natale e’ gia’ stato nel carcere di Poggioreale e ha promesso che continuera’ il suo impegno per migliorare la condizione dei detenuti e stimolare la riflessione sull’amnistia, ha detto di avere trovato Mora molto smagrito e soprattutto ‘molto depresso’. ‘Vive un disagio – ha aggiunto – cosi’ come tanti che fanno l’esperienza di essere detenuti senza condanna definitiva’.
IMPRESSIONANTE – Secondo Papa e’ ‘impressionante anche la condizione di isolamento di Mora in relazione alla sua depressione manifesta’. L’ex agente dei vip, infatti, e’ in cella da solo. ‘Trova conforto nella fede’ ha aggiunto il parlamentare Pdl sottolineando anche la ‘vicinanza affettuosa di Silvio Berlusconi’. Per Farina quella di oggi e’ stata la terza visita a Lele Mora. ‘L’ho trovato dal punto di vista fisico in condizioni pessime – ha spiegato – con la barba lunga e irriconoscibile’.

“Hanno lasciato morire mio marito”


La scomparsa di Gregorio Durante, 34 anni, epilettico, accusato di non essere davvero infermo da parte dei vertici della casa circondariale
“Quello che è successo a mio marito è peggio del caso Cucchi. Mio marito non l’hanno curato, l’hanno lasciato morire senza aiutarlo, con cattiveria, senza somministrargli la terapia prescritta dai medici e negli ultimi giorni di vita lo hanno ridotto a vegetare su una sedia a rotelle, con il pannolone, inebetito, non mangiava, non beveva più. E lui lo aveva detto e lo aveva anche scritto in una lettera: aiutami, ho paura, mi stanno facendo morire”.
VOGLIAMO GIUSTIZIA - È il racconto di Virginia, una donna di 29 anni, da 15 anni compagna di Gregorio Durante, di 34 anni, di Nardò, in provincia di Lecce, morto il 31 dicembre nel carcere di Trani, dove era detenuto dall’aprile scorso, trasferito dal carcere di Bari per l’eccessivo sovraffollamento. Virginia, che è madre di due figli avuti dal suo compagno, e la mamma del detenuto morto a Trani, Ornella, chiedono giustizia non solo per loro ma anche – dicono – “per tutti i detenuti che si trovano oggi nelle stesse condizioni di Gregorio”. Le due donne denunciano una situazione che ha dell’incredibile perchè il loro congiunto, gravemente malato, secondo i vertici del carcere simulava di star male.
IN ARRIVO L’AUTOPSIA - E sono state sempre respinte le numerose istanze presentate dagli avvocati della famiglia, Francesco Fasano e Nicola Martino, che sostenevano la incompatibilità delle condizioni di salute di Durante con il regime carcerario. Per la morte dell’uomo al momento ci sono 14 indagati: il direttore della struttura penitenziaria tranese, Salvatore Bolumetti, e 13 medici tra quelli della Asl che si occupano del carcere di Trani e del reparto di psichiatria di Bisceglie, dove Gregorio Durante era stato ricoverato dal 10 al 13 dicembre scorso proprio per l’aggravarsi delle sue precarie condizioni di salute causate dall’epilessia. Nel pomeriggio, intanto, si è conclusa l’autopsia compiuta sul corpo del detenuto e sui primi risultati c’è riserbo da parte dei consulenti nominati dalla Procura e anche dei consulenti di parte.
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Norvegia, 20 tonnellate di aringhe trovate morte sulla spiaggia


Secondo gli esperti potrebbero essere stati spinti verso
la terraferma da altri pesci o da mammiferi marini

MILANO - Migliaia di aringhe spiaggiate sono state ritrovate sulla costa occidentale della Norvegia: lo ha riferito l'Istituto della ricerca marina. Il fenomeno e le sue dimensioni hanno lasciato gli esperti perplessi. Secondo la stampa locale, sono circa 20 le tonnellate di pesce individuate alla fine di dicembre sulla spiaggia di Kvaenes, a Nordreisa, Norvegia settentrionale: «Abbiamo visto aringhe spiaggiate in precedenza, ma mai così tante», dice il biologo Ole Kristian Berg, della Università di Scienze e tecnologia di Trondheim.
CORRENTE - Secondo lui, i pesci potrebbero essere stati spinti verso la terraferma da altri pesci o da mammiferi marini. Le aringhe potrebbero anche essere rimaste vittima della corrente o di alti livelli di acqua dolce portati nell'area da un fiume che sfocia in mare. Secondo l'amministrazione di Nordreisa, la maggior parte dei pesci è stata ora respinta in mare dalla marea.

Gaetano Riina, arresto annullato: il gip «copia e incolla» l'atto dei pm


Il giudice avrebbe ripreso il testo senza neanche
cambiare le parole «questo pm» con «questo gip»

Gaetano Riina
Gaetano Riina
PALERMO - Il gip copia o si limita a riassumere le tesi accusatorie della Procura di Napoli e per questo il tribunale del riesame del capoluogo campano annulla l'arresto di Gaetano Riina, fratello del boss di Cosa nostra, Totò, avvenuto il 14 novembre scorso. L'accusa era di concorso esterno in associazione camorristica. Il gip, scrive il Giornale di Sicilia, si sarebbe limitato a riassumere la richiesta di arresto della Procura di Napoli, incappando peraltro in una serie di errori e non sostituendo nella sua ordinanza neanche le parole «questo pm» con «questo gip».
Gaetano Riina rimane in carcere perchè arrestato nel luglio scorso per associazione mafiosa in quanto considerato nuovo capo del mandamento di Corleone. I magistrati della Dda partenopea stanno esaminando gli atti relativi all'inchiesta per valutare una eventuale nuova richiesta di misure cautelari dopo l'annullamento dei provvedimenti restrittivi. Il Riesame di Napoli (presieduto da Angela Paolelli) ha infatti annullato le ordinanze nei confronti non solo di Gaetano Riina, ma di altri otto indagati (tra cui Nicola Schiavone, fratello del capo del clan Casalesi Francesco Schiavone detto Sandokan) motivando la scarcerazione col fatto che il gip di Napoli Pasqualina Paola Laviano, che aveva emesso le ordinanza di custodia cautelare, si era limitato a copiare o riassumere la tesi accusatoria della procura. A quanto si è appreso solo tre indagati, quelli meno gravati dalle accuse, sono stati scarcerati mentre gli altri sono tuttora detenuti in quanto destinatari di provvedimenti restrittivi emessi nell'ambito di diverse inchieste. L'indagine della procura di Napoli - coordinata dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho e dai pm della Dda Francesco Curcio e Cesare Sirignano - ha accertato l'esistenza di una spartizione degli affari all'interno dei mercati ortofrutticoli da parte delle principali organizzazioni criminose del nostro Paese e il monopolio del settore dei trasporti su gomma da parte del clan dei Casalesi, alleato con la mafia siciliana.

Inghilterra, resti umani nel bosco della regina


Ritrovati il primo gennaio, sarebbero di una donna. Difficili le indagini: il corpo è rimasto lì per qualche tempo


MILANO - La polizia del Norfolk sta indagando sul ritrovamento dei resti umani nel bosco della residenza reale di Sandringham, dove la famiglia reale, a partire dalla regina Elisabetta II sta trascorrendo le vacanze. Il caso è stato classificato come omicidio. L'ispettore Jes Fry ha fatto sapere che il corpo apparteneva a una donna.
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Iran: Pentagono,abbassare toni su Hormuz

(ANSA) - WASHINGTON - Gli Stati Uniti non cercano lo scontro con Teheran sullo stretto di Hormuz, e' importante ''abbassare la temperatura''. Lo rende noto il Pentagono. ''Il nostro interesse e' garantire la sicurezza del passaggio marittimo alle navi che transitano nello stretto di Hormuz'', ha spiegato il portavoce del Pentagono George Little aggiungendo che ''nessuno in questo governo cerca lo scontro su Hormuz. E' importante abbassare la temperatura''. 

Luttwak: "La crisi dell'euro è terzo appuntamento con follia dopo il 1914 e 1939"

Edward Luttwak
Washington, 3 gen. (Adnkronos) - Il "fattore dominante" degli scenari internazionali nel 2012 sarà "la questione delle finanze pubbliche europee". Non ha dubbi Edward Luttwak nel tracciare una previsione per l'anno appena iniziato. La crisi del debito dell'eurozona, ricorda parlando con l'Adnkronos, "causa un rallentamento dell'economia globale".
L'economista e politologo Usa, che si definisce "storico dilettante", traccia un inquietante parallelo con due crisi del secolo scorso, quando, dice, "gli europei diventarono folli: il 1914 e il 1939, e il risultato fu una crisi globale. Ora, siamo al terzo appuntamento con la follia: la crisi dell'euro".
"Nonostante l'enorme crescita di Cina e India, l'Europa rimane comunque centrale", afferma Luttwak, che non ha peli sulla lingua nell'evocare "la follia dei governanti dei Paesi dell'Europa del sud ossessionati dall'idea di farsi accettare da Francia e Germania". E che, sostiene, a causa di questa "ossessione", "stanno sacrificando i loro figli per rimanere nel club dell'euro".
L'alternativa alla moneta unica per "i Paesi che non ce la fanno"? La risposta e' semplice: "Uscire dall'euro e pagarne le conseguenze, ma anche averne i benefici che ne deriverebbero". E i benefici, dice Luttwak, "si chiamano competitivita' e lavoro per i giovani, invece di disoccupazione".
Tra i Paesi vittime di questa "ipnosi collettiva", l'economista Usa inserisce ovviamente anche l'Italia e "l'ostinazione di fare qualcosa di aritmeticamente impossibile", come uscire dalla crisi del debito attraverso "l'imposizione fiscale, che non fa altro che deprimere l'economia". E' "aritmeticamente impossibile".
C'e' quindi un "nuovo fattore" negli scenari internazionali tracciati a tinte fosche dal politologo ed economista americano per il 2012. "Si tratta del disprezzo crescente che c'e' fuori dall'Europa per l'Europa: se tu vai a Londra, a Washington, a Singapore, a Pechino, a Tokyo il nuovo fattore e' il disprezzo per l'Europa. Perche' gli europei fanno finta di non sapere che la crisi del debito non e' risolvibile".

Crisi: Eures, in Italia un suicidio al giorno tra i disoccupati

Roma, 3 gen. - (Adnkronos) - Un suicidio al giorno tra i disoccupati e record di casi per motivi economici. Una ricerca dell'Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, relativa al 2009, delineava gia' un aumento dei suicidi legati alla crisi economica. Dallo studio sul fenomeno negli ultimi 30 anni, emerge l'aumento di suicidi tra i disoccupati e record di casi per motivi economici. A pagare sempre piu' sono gli uomini, come attestano anche gli ultimi casi di craonca che hanno visto imprenditori ma anche un pensionato con problemi economici, togliersi la vita.

Inchiesta P3, chiesto il giudizio per Carboni, Verdini, Dell'Utri e altri 17

Roma, 3 gen. (Adnkronos) - Venti rinvii a giudizio. E' la richiesta della procura di Roma a conclusione dell'inchiesta sulla P3 che ha coinvolto Flavio Carboni, il coordinatore del Pdl Denis Verdini, il senatore Marcello Dell'Utri e a vario titolo altre 17 persone. Violazione della legge Anselmi sulle società segrete e associazione per delinquere sono i principali reati contestati.
Flavio Carboni, uomo d'affari, Pasquale Lombardi, ex giudice tributario, Arcangelo Martino imprenditore, Denis Verdini, parlamentare coordinatore del Pdl e Marcello Dell'Utri, senatore Pdl per la Procura di Roma devono essere processati per aver violato la legge Anselmi sulle società segrete e per associazione per delinquere attraverso la costituzione, l'organizzazione e la direzione della P3. Un sodalizio impegnato "a realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso d'ufficio, illecito finanziamento dei partiti, diffamazione e violenza privata".
Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pubblico ministero Rodolfo Sabelli hanno tirato le somme della clamorosa indagine che ha rivelato una serie di imbarazzanti situazioni e qual era l'obiettivo della P3, cioè quello "di condizionare il funzionamento degli organi costituzionali". E perciò hanno chiesto al gup di rinviare a giudizio 20 persone.
In particolare, il rinvio a giudizio è stato chiesto per Fabio Porcellini e Alessandro Fornari (imprenditori indicati come finanziatori), Ignazio Farris (presidente di Arpa Sardegna), Pinello Cossu (presidente del consorzio Tea impegnato nell'attività di risanamento ambientale), Marcello Garau (dirigente Tea), Antonella Pau (indicata come prestanome di Carboni), Maria Scanu Concas (moglie di Carboni e sua prestanome), Stefano Porcu (direttore di banca), Giuseppe Tomassetti (prestanome di Carboni) e Pierluigi Picerno (imprenditore e indicato come finanziatore).
Accanto a questo filone principale ce n'è un altro che a vario titolo è entrato nell'indagine. Si tratta in particolare di Nicola Cosentino, accusato di diffamazione e violenza privata nei riguardi di Stefano Caldoro, per aver, secondo l'accusa, tentato di indurlo a ritirarsi dalla competizione elettorale che poi lo ha visto essere eletto governatore della Campania, del deputato del Pdl Massimo Parisi, imputato per finanziamento illecito dei partiti, del governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, accusato di abuso d'ufficio, dell'ex primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, imputato di corruzione, e di Ernesto Sica, imputato di violenza privata e diffamazione sempre nei riguardi di Stefano Caldoro.
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http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Inchiesta-P3-chiesto-il-giudizio-per-Carboni-Verdini-DellUtri-e-altri-17_312815859776.html