lunedì 20 gennaio 2014

Italia: tasse record!


Gino Strada:


Bisogna imparare a stare soli ...


Nuova legge elettorale


Perchè la stampa adesso non parla di ASSE BERLUSCONI-RENZI? Forse perchè c'è sempre stato?

I VITALIZI DEI CONSIGLIERI REGIONALI - Un’ingiustizia da cancellare


Possiamo accettare, due decenni dopo la riforma Dini, che un deputato regionale di 50 anni, l’età di Brad Pitt e Monica Bellucci, vada in pensione dopo una legislatura monca d’un triennio, prendendo il doppio di un operaio inchiodato 42 anni e un mese in fabbrica? È un insulto. E non ci si dica che «cosa fatta capo ha» perché si tratta di «diritti acquisiti», sacri e intoccabili come la mandibola di San Teodoro.
Sono anni che, strattonata dalla collera popolare, la politica giura d’essersi messa a dieta. E poi salta fuori che, mentre avevano tutti gli occhi addosso per le bravate di Franco «Batman» Fiorito & Co., al Consiglio regionale del Lazio, grazie a un cavillo maligno passato in Parlamento, han lasciato tutto come prima. Ignorando il decreto Monti che vietava i vitalizi prima dei 66 anni e con meno di due legislature.
Dice Confindustria che la crisi ha avuto effetti «paragonabili a danni di guerra». Che il Pil nazionale è crollato del 9,1%. La ricchezza pro capite dell’11,5%. La produzione del 24,6%. Gli investimenti del 27,7%. Bene: in questo contesto, 18 anni dopo la riforma delle pensioni che stravolse la vita di milioni di persone, i consiglieri laziali mandati a casa dagli scandali che avevano mozzato la legislatura hanno incassato nel 2013 (oltre alla «liquidazione») pensioni stratosferiche rispetto ai contributi pagati.

Per avere il vitalizio a 50 anni l’ex assessore Marco Mattei versò in tutto 60 mila euro. Dalla fine di ottobre 2013 ne prende 2.467 netti al mese: dal novembre 2015 sarà dunque, vita natural durante, a carico delle pubbliche casse. E se vivrà come un italiano medio (79,5 anni: auguri) riscuoterà, grazie a un aumento al 55° compleanno, 1.084.988 euro: 18 volte quanto versato. I cittadini si sono trovati alle prese con la «quota 102» (60 anni d’età e 42 di lavoro) o «quota 104»? Lui fa marameo da «quota 55». A Isabella Rauti Alemanno andrà ancora meglio. Per riprendersi i contributi pagati le basteranno 23 mesi e con l’aspettativa di vita delle donne (84,5 anni: auguri bis) prenderà 1.128.198 euro. Diciannove volte il versato. Quanto a Lilia D’Ottavi, subentrata a legislatura in corso, ha la pensione dopo esser rimasta in Consiglio un anno: neanche investire in cocaina le avrebbe fruttato di più. Ma è tutto il sistema vitalizi del Lazio a essere impazzito: per ogni euro versato, ne escono 48.

Tema: come possono i cittadini, esposti da anni a tagli che hanno intaccato pesantemente quelli che credevano fossero «diritti acquisiti» (si pensi agli esodati) rassegnarsi ora alla intoccabilità di quei trattamenti squilibrati e così offensivi nei loro confronti? Per questo, se vogliono fare pace con gli italiani, quanti hanno responsabilità di governo, nei partiti, nelle Regioni, devono farsi carico di una svolta. Subito. Non solo non deve succedere mai più. Ma è ora di andare a toccare, quando sono spropositati (si pensi ai casi citati o a certe pensioni di 91.337 euro al mese) anche quei privilegi che qualcuno vorrebbe sacrali. È una scelta politica. Ma la stessa Corte dei conti ha già detto: non è un dogma. E così la Corte costituzionale, la quale nel 1999 riconobbe che al legislatore «non è inibito emanare norme con efficacia retroattiva» purché «la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza». E cosa c’è di più ragionevole, in questi anni di crisi, che abolire un’offensiva ingiustizia? 
http://www.corriere.it/editoriali/14_gennaio_20/ingiustizia-cancellare-8e1acec8-819a-11e3-8a88-1094d7bd0d52.shtml

A chi vince il 55% dei seggi: ecco l’Italicum

Premio a livello nazionale in entrambe le Camere. Liste bloccate di 4-6 candidati e mini collegi
La Camera dei deputati (Ansa)
ROMA - L’ultimo nodo per la presentazione oggi dell’Italicum (il nuovo modello elettorale su cui hanno trovato l’accordo il segretario del Pd Matteo Renzi e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, con il coinvolgimento ieri dell’Ncd di Angelino Alfano) è stato quello del premio di maggioranza per la coalizione vincente. La governabilità e la stabilità dovrebbero essere assicurate per la coalizione che raggiunga almeno il 35 per cento dei voti su base nazionale da un premio di un 20% di seggi in più, che permetterebbe di raggiungere complessivamente il 55 per cento dei seggi, alla coalizione vincente . 
SOGLIA DI COALIZIONE - La proporzione tra questi due numeri - coalizione al 35 per cento e un premio del 20 per cento dei seggi - è uno dei punti più delicati del progetto. Sono stati espressi dei dubbi al riguardo: se cioè non sia troppo alto il premio previsto o troppo bassa la percentuale richiesta per ottenerlo. Ieri si parlava in alternativa di una soglia di coalizione al 33 per cento e un premio del 18 per cento. O dell’asticella della soglia di coalizione addirittura alzata al 38 per cento. Il problema è stato al centro di contatti tra Renzi e gli altri leader politici e con il Quirinale. Resta fermo però il fatto che né Renzi né Berlusconi intendono rischiare di far rimanere la coalizione vincente sul filo di lana del solo 50 per cento. Soprattutto perché il sistema attuale non è più bipolare. «Un premio del 20 per cento con una soglia del 35 in un turno unico, a me sembrano opzioni entrambe rispettose della sentenza della Corte, che non può peraltro essere stiracchiata oltre quanto non dica, verso il proporzionale puro», commenta il costituzionalista Stefano Ceccanti. Se nessuna coalizione dovesse raggiungere il 35 per cento dei consensi a livello nazionale, i seggi verrebbero ripartiti proporzionalmente in base ai risultati raggiunti da ciascun partito e da ciascuna coalizione . 
RISCHIO INGOVERNABILITÀ - Ceccanti, in ogni caso, difende l’accordo tra Renzi e Berlusconi richiamando «alcuni elementi di concretezza che un politico accorto deve assumere come vincoli, pena l’inconcludenza». Il punto «è che in assenza di riforma si andrebbe a votare con la legge uscita dalla sentenza della Corte che avrebbe due conseguenze alquanto scontate: una necessaria intesa di governo con Forza Italia (a causa della formula proporzionale con sbarramenti medio-alti) e uno spappolamento interno dei partiti per le preferenze usate nella mega-circoscrizioni del Porcellum» . 
IL SENATO - L’Italicum riguarderà anche il sistema elettorale del Senato.In attesa della riforma costituzionale che abolirà il bicameralismo perfetto («E questo sarà fondamentale per la governabilità», aggiunge Ceccanti), il Senato verrà eletto attribuendo un premio nazionale. In questo modo verrà superata la bocciatura della Corte costituzionale relativa ai premi regionali previsti dal Porcellum. E sarà garantita quella governabilità che a Palazzo Madama, invece, è stata letteralmente minata a partire dal 2006, coi premi regionali. 
COLLEGIO UNICO NAZIONALE - La distribuzione dei seggi avverrà a livello nazionale, in base a un sistema proporzionale. Quindi, la ripartizione dei voti tra i vari partiti sarà attribuita in un collegio unico nazionale. Questo sistema servirà a garantire anche le formazioni più piccole. Ma per evitare che il risultato elettorale sia in balia delle formazioni poco rappresentative, è stato pensato uno sbarramento del 5 per cento (il Ncd vorrebbe del 4%) per i partiti che facciano parte di una coalizione e uno più alto, dell’8 per cento, per i partiti non coalizzati. 
LISTE «BLOCCATE» MA «CORTE» - Come verranno scelti i candidati? Questo è stato uno dei talloni d’Achille del Porcellum . Ebbene, la Corte ha stabilito il principio che i candidati devono essere facilmente individuati dagli elettori, che i cittadini devono sapere per chi votano. Non ha però censurato il sistema delle liste bloccate in sé: ha solo evidenziato il problema costituito da liste con troppi nomi che impediscono all’elettore di sapere chi alla fine verrà eletto e riducendo, di fatto, al minimo il suo potere decisionale. Ebbene, nell’Italicum, il numero dei seggi, pur attribuito su scala nazionale, consentirà di eleggere i candidati presentati dai vari partiti in circoscrizioni su base provinciale o su subprovinciale. E su liste «corte» e «bloccate» di 4 o al massimo 6 candidati. Non ci saranno quindi preferenze da esprimere, ma il rapporto con l’elettore verrà assicurato dai pochi nomi per partito che appariranno sulla scheda. 
http://www.corriere.it/politica/14_gennaio_20/a-chi-vince-55percento-seggi-ecco-l-italicum-4a2519f2-81a0-11e3-8a88-1094d7bd0d52.shtml

La soglia del ridicolo


VENDO SORRISI ...


EINSTEIN


I cattolici