UNA PERSONALIZZAZIONE impersonale e irresponsabile caratterizza la politica italiana. Una democrazia mediatica, affollata di volti e nomi noti e visibili. Che, tuttavia, ha ridotto e quasi abolito la possibilità, per gli elettori, di esprimere scelte e preferenze "personali". Visto che ormai la costruzione delle rappresentanze politiche e parlamentari è un fatto praticamente esclusivo dei partiti, ridotti a cerchie di gruppi dirigenti ristrette e centralizzate. Eppure, quasi vent'anni fa, la storia era cominciata diversamente. La crisi del sistema politico era stata sancita, è vero, dal referendum del 1991, che riduceva le preferenze elettorali a una sola. Ma si trattava, allora, di ridimensionare un sistema partitocratico, nel quale le preferenze costituivano uno strumento di controllo della società e, al tempo stesso, un elemento di scambio fra gruppi di potere. In seguito, siamo passati a sistemi elettorali che personalizzano il rapporto fra elettori ed eletti. Anzitutto a livello locale, con l'elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di Provincia e, quindi, di Regione. Un rapido processo di presidenzializzazione diffusa, che il sistema elettorale della Camera e del Senato ha assecondato attraverso il maggioritario di collegio, che rende più immediato e trasparente il rapporto tra i parlamentari, i cittadini e il territorio. Quel modello, ne siamo consapevoli, non ha ridotto la frammentazione dei partiti, tanto meno il distacco fra sistema politico e società. Ha, tuttavia, segnato una frattura, almeno a livello simbolico. Partiti contro presidenti. Riassunto dell'opposizione fra vecchio e nuovo, come ha osservato Mauro Calise.
D'altronde, i partiti si sono, anch'essi, personalizzati tutti. Dal 1994 ad oggi. Dall'archetipo insuperato, Silvio Berlusconi, fino a Walter Veltroni. Da Forza Italia all'Ulivo. Dal Partito democratico al Popolo della libertà. Passando per le diverse liste. Per limitarci alle principali: Lista Pannella e Bonino, la Lista di Pietro. Ma anche Alleanza nazionale, prima di confluire nel Pdl, nonostante disponesse di identità e organizzazione, era un soggetto identificato con il suo leader, Gianfranco Fini. E nell'Udc, ormai, la C evoca l'iniziale di Casini.
Leggi tutto su:
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/politica/diamanti-7settembre/diamanti-7settembre/diamanti-7settembre.html