venerdì 4 giugno 2010

L’Italia s’è cinta la testa dell’Elmo di Scipio o della Kippah di Israele?

Viste le circostanze proponiamo questo piccolo cambiamento all’inno di Mameli, almeno fino a quando le politiche del governo italiano sono quelle che sono. L’attacco di Israele contro Freedom Flotilla, che probabilmente rimarrà nella storia del secolo per la sua ferocia inaudita, ha messo in evidenza ancora una volta la particolare debolezza del governo di Roma nei confronti dell’arrogante regime israeliano. Le cose sono andate così. Poche ore dopo l’attacco al convoglio e quando il mondo sta condannando Israele e persino in Europa paesi come Spagna, Francia e Svezia stanno convocando gli ambasciatori israeliani per esprimere la propria protesta, il sottosegretario Mantica tentenna dicendo che non ci sono gli elementi necessari per giudicare la questione(19 morti più il video dell’aggressione israeliana non sono elementi necessari), e il suo commento il giorno dopo viene definito “vergognoso” dalla sezione italiana di Freedom Flotilla. Frattini dice che in ogni caso l’uccisione di civili è inacettabile e già è qualcosa ma la diplomazia italiana torna sul binario di Israele quando si augura che i sei attivisti italiani arrestati da Israele decidano di essere espulsi subito e cioè sottoscrivano un documento in cui riconoscono di essere stati colpevoli di aver voluto entrare in Israele in maniera illegale. In altre parole Frattini auspica che gli italiani facciano il comodo di Israele per essere liberati ma poi si apprende che nessuno dei sei italiani è disposto a sottoscrivere tale dichiarazione preferendo la detenzione.
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Inchiesta G8: Anemone non risponde a pm

PERUGIA - Si e' avvalso della facolta' di non rispondere l'imprenditore Diego Anemone, arrivato questa mattina in Procura a Perugia. Anemone e' al centro dell'inchiesta sui Grandi eventi. (RCD)
http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Cronache/Inchiesta-Anemone-non-risponde-pm/04-06-2010/1-A_000109348.shtml

Donne e pensioni, dall‘800 al 2000

La Commissione Europea ci manda un nuovo ultimatum: sono inammissibili le misure adottate da Sacconi e Brunetta, per adeguare entro il 2018 l’età della pensione delle donne alla stessa età prevista per gli uomini, cioè a 65 anni. Perché si tratta di una norma discriminatoria. Detta così, molte donne italiane sorrideranno amaro. Discriminatorio il fatto di andare in pensione prima degli uomini? Sì. Intanto perché così, dopo retribuzioni più basse, lo sono anche le pensioni. E poi perché queste norme sono un retaggio antico, un “regalo” per le donne che lavorano che – come molte sanno bene – lavorano due volte, anzi tre o quattro: sul posto di lavoro, ma anche come mamme che accudiscono figli troppo spesso “dimenticati” da padri indaffarati. Mogli che accudiscono casa e marito. Figlie che si prendono cura di genitori quando non dei suoceri. Un regalo leggermente avvelenato: perché così le giovani nonne hanno anche più tempo per seguire gli adorati nipotini. Una vecchia storia, questo welfare in salsa italiana che – nel solco di una tradizione politica bipartisan – tanto piace al ministro Sacconi, che ci ha scritto un pomposo libro bianco che in due parole dice: il welfare pubblico costa troppo, il lavoro di cura lo facciano le famiglie. Cioè le donne. Una trappola in cui purtroppo molte cadono: il “privilegio” di essere l’angelo della casa, della famiglia, la custode del desco, del nido piace. Forse perché fanno finta di non vederne il paternalismo, l’implicito “stai al posto tuo, carina”.
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Effetti collaterali

Il blocco degli stipendi costa 1.700 euro a testa

ROMA - Da qui a tre anni gli stipendi degli statali perderanno, in media 1.700 euro. Soldi che sarebbero dovuti arrivare nelle buste paga dei dipendenti pubblici entro il 2012 grazie ai rinnovi contrattuali e alle normali progressioni di carriera, ma che il vento della manovra correttiva ha spinto via lontano. I redditi degli statali resteranno fermi, insensibili al costo della vita: così ha deciso la Finanziaria che dovrà mettere in sesto i conti dello Stato. Pochi tagli veri e propri, ma tanti pesanti freni: dalla sanità alla scuola, dai ministeri agli enti locali, alla magistratura.Meno soldi, ma in diversi casi anche meno lavoro: uno studio della Flc-Cgil stima, per esempio, che alla fine di questo buio periodo, l'Università si sveglierà con 26.500 precari in meno, occupati mandati a casa alla scadenza del tempo determinato. Di questi 20 mila sono docenti a contratto.Meno soldi, ma anche meno formazione: la manovra prevede che a partire dal gennaio 2011 le risorse destinate a tale voce siano tagliate del 50 per cento. Per la scuola, ciò vuol dire che i milioni a disposizione dagli attuali 8 diventino 4. E che - considerati tutti i lavoratori dalle elementari alle superiori - l'investimento pro capite sarà di 5 euro a lavoratore.
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http://www.repubblica.it/economia/2010/06/04/news/costp_blocco_stipendi-4560058/

Scoppia un caso su Saviano - La Rai taglia la trasmissione

ROMA - Come il sarto di Gomorra, anche la Rai si prepara a usare le forbici. Contro Roberto Saviano. La trasmissione che lo scrittore condurrà su Raitre con Fabio Fazio rischia di essere ridimensionata, passando da 4 serate a due. Taglio netto. Che non si giustifica soltanto con la pubblica idiosincrasia manifestata dalla maggioranza e da Berlusconi per l'autore del best seller sulla criminalità organizzata. A Viale Mazzini infatti sono arrivate indiscrezioni sugli argomenti che Saviano vuole trattare in "Vieni via con me", il nome del programma. Una puntata sarà dedicata a Piergiorgio Welby, il malato che chiese e ottenne la sospensione dell'alimentazione forzata per morire. Un'altra alla 'ndrangheta. Ma sono i titoli delle altre serate ad attivare le antenne dei dirigenti al settimo piano. Saviano sta scrivendo due puntate che possono gettare un'ombra sui fiori all'occhiello del governo Berlusconi, peraltro già appassiti dopo l'inchiesta sulla cricca e Guido Bertolaso: una sulla ricostruzione post terremoto in Abruzzo, la seconda sulla vicenda dei rifiuti in Campania. Nella squadra di Fazio e Saviano l'allarme è già scattato. E la reazione a caldo è da arma finale. "Se ci tolgono due puntate non vanno in onda neanche le altre. Il programma non si fa", tuonano. O tutto il pacchetto o niente. Anche perché la scelta della Rai sarebbe inspiegabile dal punto di vista aziendale. Gli special di Saviano a "Che tempo che fa" hanno avuto enorme successo e la pubblicità per "Vieni via con me" si vende come il pane. Cancellare o ridimensionare la trasmissione è un autogol economico. CONTINUA ...
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/04/news/scoppia_un_caso_su_saviano_la_rai_taglia_la_trasmissione-4560133/

Il pomodorino nelle mani delle mafie alla fine il prezzo finsice triplicato

FONDI (LATINA) - Il pomodorino non si ferma mai. Si sposta sempre, da sud a nord e da nord a sud, scavalca l'Appennino, attraversa lo Stretto. Percorre le strade d'Italia e chilometro dopo chilometro il suo prezzo sale, s'impenna. Più viaggia e più costa. È uno dei tanti miracoli della mafia. Parte e ritorna nello stesso posto, gira e rigira per finire sempre a un passo da dove è nato.Noi abbiamo seguito il cammino di un "ciliegino", quello cresciuto nelle terre del signor Antonio di Fondi, tre ettari in mezzo alla magnifica valle di contrada San Raffaele. Campagna buona, zolle profumate, in fondo c'è il mare che entra fra le dune di sabbia. Il signor Antonio ha venduto i suoi pomodorini a 85 centesimi il chilo al grande circo dell'orto e della frutta e, tre giorni dopo, li ha ricomprati a 2,58 euro "da Enzo" che ha una piccola bottega sulla provinciale per Sperlonga. Tre volte di più a neanche due chilometri dalle sue serre. È l'incredibile andata e ritorno del "ciliegino" dei boss, è la tassa che fa diventare carissima la nostra tavola. Lasciando i campi di Antonio ci siamo addentrati nel labirinto di un grande affare criminale e ci siamo persi in una giungla di prezzi e di camion, di balzelli e di ricatti. Tutto sembra in ordine, tutto è avvolto dal silenzio, tutto è sotto gli occhi di tutti. Ma è davvero così?
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http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/04/news/il_pomodorino_nelle_mani_delle_mafie_alla_fine_il_prezzo_finsice_triplicato-4560777/

Altro che manovra: al ministero aumentano i dirigenti!

Al dicastero guidato da Matteoli si fanno spazio manager freschi di nomina che scavalcano tutti gli altri. Con l’avallo del ministro Brunetta.
Assomiglia un po’ al gioco delle tre carte: diminuire gli stipendi per i manager pubblici, ma aumentarne il numero. E’ questo il sospetto che qualcuno comincia ad alimentare. Il rischio è che ciò si verifichi proprio in sede ministeriale. Al ministero dell’Ambiente il delitto ai danni del rigore finanziario evocato dalla recente manovra economica potrebbe già essere stato commesso.
NUOVI DIRIGENTI – A lanciare l’allarme sono i parlamentari dell’opposizione. “Ai cittadini, specie agli impiegati della pubblica amministrazione, si impone una manovra lacrime e sangue - denunciano i senatori del Pd, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, preannunciando un’interrogazione parlamentare al premier Silvio Berlusconi - ma ai piani alti del ministero dell’Ambiente è tutta un’altra musica, con la nomina di nuovi direttori generali che declassano altri già presenti assumendone le funzioni e duplicando gli stipendi. Ci si domanda con che coraggio si possa in un periodo come questo dare un simile spettacolo, sperperando centinaia di migliaia di euro di soldi pubblici“.
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D’Addario e il sex gate, nell’indagine anche le notizie passate a Libero

Cade a Bari l’accusa di stalking nei confronti del tenente colonnello Paglino. E crolla anche l’ipotesi di complotto internazionale avallata da Panorama e Libero nel caso D’Addario. Il quotidiano di Belpietro interessato alle indagini su Vendola.
Nei confronti del tenente colonnello della Guardia di Finanza, Salvatore Paglino, la Procura di Bari non ha raccolto indizi gravi tali da poter contestare il reato di stalking: lo scrive – a quanto si è saputo – il gip Sergio Di Paola nel provvedimento di arresti domiciliari notificato la sera dell’1 giugno scorso all’ufficiale.
RESTA L’ACCUSA DI PECULATO – Paglino è stato arrestato per peculato (per l’utilizzo di telefono e auto di servizio), mentre è indagato a piede libero per episodi di stalking ai danni della escort barese Terry De Nicolò – che ha rivelato in alcune interviste di essere stata perseguitata dall’ufficiale – e di una giornalista, e per rivelazioni di segreto d’ufficio in favore di tre croniste, una delle quali – secondo la Procura - è anche la vittima di stalking. Il giudice non ha accolto la richiesta di arresto per lo stalking per difetto dell’elemento psicologico, esprimendo dubbi sul fatto che la giornalista sia stata realmente vittima della persecuzione compiuta dall’ufficiale anche perchè la donna, subito dopo le presunte molestie ricevute, cercava l’ufficiale per avere notizie; per la contestazione di stalking, di cui è vittima la escort, il giudice ha ritenuto mancanti le minacce e il cambiamento dello stile di vita da parte della donna a causa del presunto stalking. Paglino sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia domani mattina nel Palazzo di giustizia di Bari.
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Cronacadi Redazione Nastri di Fassino: dopo Paolo Berlusconi spunta anche Ghedini

Nel caso delle telefonate pubblicate sul Giornale che riguardavano l’ex segretario dei Ds fa capolino anche l’avvocato del Premier. Intanto il fratello ammette alcuni incontri con Favata.
Paolo Berlusconi ammette: è stato il tramite tra la Rcs e Palazzo Chigi in una trattativa d’affari per portare un appalto che riguardava la Romania alla società milanese che si occupava delle intercettazioni della Procura di Milano. Ma nega l’incontro ad Arcore in cui sarebbe arrivato il passaggio di telefonate con i Berlusconi. E intanto nella storia spunta anche un ruolo per l’avvocato del premier, Niccolò Ghedini. Che non si è ancora presentato a testimoniare adducendo motivi personali.
PAOLO NON RICORDA – In una deposizione scritta rilasciata ai magistrati, Paolo Berlusconi dice di ricordare di aver svolto un ruolo nella questione degli appalti della Rcs, tanto da aver aiutato l’azienda a incontrare a Palazzo Grazioli Valentino Valentini, il sottosegretario alla presidenza del consiglio. Ma nega, ovviamente, le circostanze che portarono alla pubblicazione, da parte del Giornale, della telefonata tra Fassino e Consorte nel quale il segretario dei DS si vantava di “avere una banca”. L’appalto, comunque, non si sbloccò, e per questo Paolo è indagato dalla procura per aver preso dei soldi promettendo un’intermediazione svolta poi senza alcun successo. Poi c’è l’accusa di ricettazione, per quanto riguarda i nastri, per la quale i magistrati cercano ulteriori prove.
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Spunta la seconda lista della cricca: nomi eccellenti e cifre a sei zeri

E’ di nuovo mistero intorno ai documenti ritrovati nell’indagine sul G8. Gli inquirenti cercano di accertare casi di corruzione. E intanto continuano a indagare su Propaganda Fide.
Decine e decine di lavori della lista Anemone non sono mai stati pagati, oppure sono stati versati molti meno denari in pagamento rispetto ai valori di mercato dell’esecuzione delle opere. L’inchiesta sul costruttore che, servendosi di Angelo Zampolini, si era creato una fitta rete di relazioni a Roma tra governo e Vaticano continua a rimbalazare attorno agli elenchi di nomi: gli inquirenti stanno cercando di capire cosa significhino e che ci sia dietro.
LA NUOVA LISTA – Ma gli inquirenti lavorano anche ad un altro aspetto della faccenda. Ovvero, a una “nuova” lista ritrovata negli uffici di un geometra della ditta di Anemone: una trentina di nomi con cifre corrispondenti accanto, che adesso dovrà essere decifrata e compresa. I nomi stavolta sono tutti “eccellenti”, ovvero al loro interno non ci sono molti perfetti sconosciuti come nel primo listone, ma i “clienti” stavolta sarebbero tutti vip. Si cerca di capire se questi abbiano avuto incarichi di consulenza o se abbiano dato qualcosa in cambio al costruttore, abusando del loro potere.E’ stato nel frattempo ascoltato il fratello di Diego, Daniele, che ha detto che nelle liste erano presenti soltanto sopralluoghi e preventivi effettuati per conto di clienti che poi non hanno voluto dare seguito ai lavori.
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