Rapporto europeo sulle violazioni italiane dei diritti dell'uomo:
nel 2010 aumenati i casi del 30% rispetto all'anno precedente.
ROMA - Un piccolo passo avanti dell’Italia nel rispetto dei diritti dell'uomo che però non salvano il Paese da quasi 8 milioni di euro di indennizzi. Sono due dati riportati nel rapporto della Corte europea per i diritti dell’uomo che ammonisce l’Italia sul 41 bis, l’articolo dell’ordinamento penitenziario che prevede il carcere particolarmente duro per alcuni reati molto gravi. Per il Cedo l’Italia lo dovrebbe affievolire. Da notare che i ricorsi di cittadini italiani presso la Cedu contro l’Italia sono oltre il 7% di quelli europei, pari a 10mila procedimenti con un aumento, rispetto al 2009, del 30%. Di conseguenza aumentano anche le sentenze contro l’Italia.
L’Italia, nel 2010, occupa la settima posizione nella classifica dei quarantasette stati membri del Consiglio d’Europa che commettono più violazioni in materia di diritti umani. Il dato è sempre negativo - siamo preceduti da Turchia, Russia, Romania, Ucraina, Polonia e Bulgaria - ma è pur sempre un passo avanti rispetto al 2009, quando il nostro paese occupava la sesta posizione nella graduatoria dei paesi maglia nera nel rispetto dei diritti della persona. Il dato è riportato nella relazione al parlamento, realizzata dalla presidenza del Consiglio dei ministri, sulla “Esecuzione delle pronunce della Corte europea dei Diritti dell’Uomo nei confronti dello Stato italiano”, presentata stamani alla Galleria Sordi alla presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Alla presentazione del rapporto, tra gli altri, c’erano il primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo e il procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito.
Per quanto riguarda i ricorsi pendenti innanzi alla Cedu contro l’Italia, il loro numero ammonta a 10 mila 208 (erano 7 mila 150 nel 2009), e rappresentano il 7,3% del totale dei ricorsi riguardanti tutti i 47 paesi aderenti alla Convenzione, con un incremento - spiega il rapporto - «di circa il 30% rispetto al 2009».
L’Italia, nel 2010, occupa la settima posizione nella classifica dei quarantasette stati membri del Consiglio d’Europa che commettono più violazioni in materia di diritti umani. Il dato è sempre negativo - siamo preceduti da Turchia, Russia, Romania, Ucraina, Polonia e Bulgaria - ma è pur sempre un passo avanti rispetto al 2009, quando il nostro paese occupava la sesta posizione nella graduatoria dei paesi maglia nera nel rispetto dei diritti della persona. Il dato è riportato nella relazione al parlamento, realizzata dalla presidenza del Consiglio dei ministri, sulla “Esecuzione delle pronunce della Corte europea dei Diritti dell’Uomo nei confronti dello Stato italiano”, presentata stamani alla Galleria Sordi alla presenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Alla presentazione del rapporto, tra gli altri, c’erano il primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo e il procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito.
Per quanto riguarda i ricorsi pendenti innanzi alla Cedu contro l’Italia, il loro numero ammonta a 10 mila 208 (erano 7 mila 150 nel 2009), e rappresentano il 7,3% del totale dei ricorsi riguardanti tutti i 47 paesi aderenti alla Convenzione, con un incremento - spiega il rapporto - «di circa il 30% rispetto al 2009».
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