ISLAMABAD - Gli Stati Uniti hanno sospeso gli attacchi con droni in Pakistan in seguito al raid del 26 novembre al confine afghano, in cui erano rimasti uccisi 24 soldati pakistani. Lo rende noto Javed Ashraf Qazi, capo della commissione pakistana per la Difesa, spiegando che la scelta di Washington ha l'obiettivo di "non peggiorare" i legami con Islamabad, già piuttosto tesi. Secondo l'ufficiale, la tregua sarebbe eliminata solo in caso di voci confermate sulla presenza di obiettivi terroristici di alto profilo. Secondo il Long War Journal, blog che riporta notizie sulla guerra statunitense contro il terrorismo, non vengono lanciati attacchi missilistici dal raid della Nato di novembre scorso, ovvero da 33 giorni. Si tratta della tregua più lunga dall'inizio delle operazioni della Cia nel 2004 contro al-Qaeda e talebani, lanciate in segreto nelle regioni tribali pakistane al confine afghano.
- DI CHEMS EDDINE CHITOUR – Mondialisation.ca -
"Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti. Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di controllare l’emissione del denaro, dapprima attraverso l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le compagnie che nasceranno intorno alle banche priveranno il popolo dei suoi beni finché i loro figli si ritroveranno senza neanche una casa sul continente che i loro padri hanno conquistato". Thomas Jefferson, presidente degli Stati Uniti dell’America
Dopo l’implosione dell’impero sovietico, abbiamo avuto, usando le parole di Fukuyama, “la fine della storia“, e una “pax americana” che sembrava potesse durare mille anni. Il popolo americano, che credendosi il “popolo eletto” ci vuole persuadere del suo “destino manifesto“, vuole illuminare il mondo, all’occorrenza col napalm. […] In una congiuntura caratterizzata dalla scarsità di materie prime, il 90% delle terre rare sono in Cina, che le vende con parsimonia. Il crollo finanziario degli Stati Uniti e dell’Europa ha portato gli Stati Uniti e l’Europa a non sovraccaricarsi troppo di “principi“, prendendo con la forza le risorse dai paesi deboli, come nel caso di Gheddafi messo in croce dall’Occidente, che non smette mai di destabilizzare, sotto le sembianze di una democrazia che non inganna più nessuno.
"Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti. Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di controllare l’emissione del denaro, dapprima attraverso l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le compagnie che nasceranno intorno alle banche priveranno il popolo dei suoi beni finché i loro figli si ritroveranno senza neanche una casa sul continente che i loro padri hanno conquistato". Thomas Jefferson, presidente degli Stati Uniti dell’America
Dopo l’implosione dell’impero sovietico, abbiamo avuto, usando le parole di Fukuyama, “la fine della storia“, e una “pax americana” che sembrava potesse durare mille anni. Il popolo americano, che credendosi il “popolo eletto” ci vuole persuadere del suo “destino manifesto“, vuole illuminare il mondo, all’occorrenza col napalm. […] In una congiuntura caratterizzata dalla scarsità di materie prime, il 90% delle terre rare sono in Cina, che le vende con parsimonia. Il crollo finanziario degli Stati Uniti e dell’Europa ha portato gli Stati Uniti e l’Europa a non sovraccaricarsi troppo di “principi“, prendendo con la forza le risorse dai paesi deboli, come nel caso di Gheddafi messo in croce dall’Occidente, che non smette mai di destabilizzare, sotto le sembianze di una democrazia che non inganna più nessuno.
Perché l‘inquadramento mondiale del pianeta?
Sappiamo che la marina americana solca i mari e si avvicina di tanto in tanto alla costa, per mostrare il suo potere come ai vecchi tempi della Guerra Fredda, tessendo una rete sempre più fitta di basi americane fuori dal territorio degli Stati Uniti. Infatti, la gran parte delle fonti di informazioni su questa materia (principalmente C. Johnson, il Comitato di sorveglianza della NATO, l’International Network for the Abolition of Foreign Military Bases, eccetera) ci rivela che gli statunitensi possiedono od occupano tra le 700 e le 800 basi militari in tutto il mondo. Un documento del 2002 ci permette di notare la presenza dei militari statunitensi in 156 paesi, la presenza delle loro basi in 63 paesi, di basi costruite di recente (dopo l’11 settembre 2001) in sette paesi, per un totale di 255.065 effettivi. Secondo Gelman, che si basa sui dati ufficiali del Pentagono del 2005, gli Stati Uniti possederebbero 737 basi all’estero (1).
Secondo il professor Jules Dufour, la presa delle forze armate statunitensi di potere sul mondo è notevole e non smette di aumentare. Gli americani considerano la superficie terrestre come un campo da conquistare, occupare e sfruttare. La divisione del mondo in unità di combattimento e di comando illustra molto bene questa realtà. In questo contesto, l’umanità è così controllata, se non addirittura legata, alle catene i cui anelli sono formati dalle basi militari. Il processo di dispiegamento delle nuove installazioni militari è condotto con la forza, la violenza armata e l’intervento attraverso i cosiddetti accordi di “cooperazione“, le cui velleità di conquista sono reiterate senza tregua nella struttura delle pratiche del commercio e degli scambi. Lo sviluppo economico è assicurato dalla militarizzazione o dal controllo dei governi e delle società, e una quantità immensa di risorse viene sacrificata per consentire questo controllo che nella maggior parte dei casi viene esercitato su regioni dotate di ricchezze strategiche, per poter consolidare i presupposti dell’impero. (1)
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