ACCOUNTABILITY. In italiano si potrebbe tradurre come "resa del conto". E' un istituto che negli Stati Uniti ha una sua previsione funzionale e un proprio organico: esiste infatti il Gao (Government accountability office) che è il luogo dove la burocrazia deve dar conto dei suoi atti. L'ufficio dove la politica rende al singolo cittadino il suo conto: cosa ho fatto, perché l'ho fatto. Dei conti, in senso molto lato, in Italia invece si occupa una magistratura speciale: la Corte dei conti. I giudici contabili dovrebbero sorvegliare, controllare e, in casi in verità sempre più rari, persino punire i pubblici ufficiali che hanno speso male i soldi dell'erario chiedendo loro con la forza di un titolo esecutivo di risarcire alla collettività il danno procurato ed accertato. Dovrebbero. La legge non aiuta a controllare e il controllore poi ha piccole debolezze che custodisce con assoluta discrezione. I magistrati della Corte dei conti sono sulla carta 615. Un numero non spropositato, poiché il difetto genetico della cattiva spesa risiede nell'assenza quasi totale di controlli con efficacia cogente. E già qui bisogna mettere un punto. I Procuratori della Corte indagano e inquisiscono, gli altri magistrati - riuniti nelle varie sezioni di controllo - devono controllare. Ma piano. Controllare, ma con gentilezza. Il Parlamento ha infatti voluto che il loro controllo sia "collaborativo": possono bacchettare ma non punire, esortare ma non intervenire. Dei seicento e passa solo quattrocento circa sono però i magistrati effettivamente all'opera. E qui viene il bello, anzi il brutto. Perché parecchi di essi, già stremati dalle carte e dai conti che non tornano, trovano il tempo di dedicarsi a un dopolavoretto. Nel 2006 il 30,8 per cento dei magistrati contabili si è preso una boccata d'aria, mezz'ora di libertà. A volte un pomeriggio. O anche giornate intere: uno studio, o una serie di seminari universitari. Una consulenza, o più consulenze. Retribuite con poche migliaia di euro o molte migliaia di euro. Per il 2006 sono ventitrè le pagine fitte di nomi di magistrati che hanno avuto conferito un incarico extra. O che sono stati autorizzati all'extra. La differenza non è di poco conto. La Corte ha l'obbligo di prestare (conferire, appunto) ad altre amministrazioni dello Stato i propri dipendenti per l'esercizio di funzioni di garanzia o di controllo. A questi si aggiungono coloro che richiedono l'autorizzazione per un impegno esterno: piccino e gratuito, o grande e a pagamento. Nel 2007, ma riferita solo al primo semestre, la percentuale si attesta al 15,2 per cento. In linea, quando si tireranno le somme, con il totale dei cumulanti registrato l'anno precedente. I nomi, le pagine, i lavori, i soldi extra sono riportati, e bisogna ricordare che fu l'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli a rendere obbligatoria questa pubblicità, nel sito della Corte (www. corteconti. it). Poi ci sono i magistrati fuori ruolo. Sono giudici che ricevono lo stipendio di giudice senza fare il giudice. Fanno altro: incarico presso Amministrazioni o Autorità dello Stato. E aggiungono un secondo stipendio al primo. I magistrati collocati fuori ruolo fino a qualche mese fa erano nove. Dei nove, secondo una nota dell'ufficio stampa della Corte, "due sono collocati in aspettativa senza assegno". Due. E gli altri sette? E così i controllori, già pochi, hanno spesso le ore contate, gli impegni a cascata, l'agenda fitta. I controlli sulla massa degli enti che spendono e sprecano sono realizzati a campione. Pochissimi gli sventurati che non la fanno franca. E per gli amministratori scalognati, chiamati a rendere conto e pagare il danno, è giunto in soccorso un condono, l'ultimo nato della grande famiglia dei condoni berlusconiani: se il fatto contestato è antecedente al 1 gennaio 2006 lo Stato accetta di chiudere la controversia in appello in cambio del pagamento del 30% del valore del danno accertato nel giudizio di primo grado. Pochi controlli e tanta cortesia.