martedì 3 gennaio 2012

“Hanno lasciato morire mio marito”


La scomparsa di Gregorio Durante, 34 anni, epilettico, accusato di non essere davvero infermo da parte dei vertici della casa circondariale
“Quello che è successo a mio marito è peggio del caso Cucchi. Mio marito non l’hanno curato, l’hanno lasciato morire senza aiutarlo, con cattiveria, senza somministrargli la terapia prescritta dai medici e negli ultimi giorni di vita lo hanno ridotto a vegetare su una sedia a rotelle, con il pannolone, inebetito, non mangiava, non beveva più. E lui lo aveva detto e lo aveva anche scritto in una lettera: aiutami, ho paura, mi stanno facendo morire”.
VOGLIAMO GIUSTIZIA - È il racconto di Virginia, una donna di 29 anni, da 15 anni compagna di Gregorio Durante, di 34 anni, di Nardò, in provincia di Lecce, morto il 31 dicembre nel carcere di Trani, dove era detenuto dall’aprile scorso, trasferito dal carcere di Bari per l’eccessivo sovraffollamento. Virginia, che è madre di due figli avuti dal suo compagno, e la mamma del detenuto morto a Trani, Ornella, chiedono giustizia non solo per loro ma anche – dicono – “per tutti i detenuti che si trovano oggi nelle stesse condizioni di Gregorio”. Le due donne denunciano una situazione che ha dell’incredibile perchè il loro congiunto, gravemente malato, secondo i vertici del carcere simulava di star male.
IN ARRIVO L’AUTOPSIA - E sono state sempre respinte le numerose istanze presentate dagli avvocati della famiglia, Francesco Fasano e Nicola Martino, che sostenevano la incompatibilità delle condizioni di salute di Durante con il regime carcerario. Per la morte dell’uomo al momento ci sono 14 indagati: il direttore della struttura penitenziaria tranese, Salvatore Bolumetti, e 13 medici tra quelli della Asl che si occupano del carcere di Trani e del reparto di psichiatria di Bisceglie, dove Gregorio Durante era stato ricoverato dal 10 al 13 dicembre scorso proprio per l’aggravarsi delle sue precarie condizioni di salute causate dall’epilessia. Nel pomeriggio, intanto, si è conclusa l’autopsia compiuta sul corpo del detenuto e sui primi risultati c’è riserbo da parte dei consulenti nominati dalla Procura e anche dei consulenti di parte.
Continua ...

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