sabato 24 ottobre 2009

L’ipocrisia del proibizionismo

Si spendono fiumi di parole sull’argomento, si accendono dibattiti violenti che vedono coinvolte le Istituzioni ai livelli più alti, la Magistratura e soprattutto la Chiesa. Si restringe o dilata la dose minima consentita a seconda che il Governo sia di destra o di sinistra ma guai a parlare di legalizzazione: in quel caso levate di scudi bipartisan ed accuse di indegnità morale e collusioni con la delinquenza. I pochi che hanno cercato di proporre una visione alternativa sono stati costretti a gesti clamorosi, come quando Marco Pannella si fece arrestare per aver fumato marijuana in pubblico o, in tempi più recenti Caruso confessò di aver piantato semi di "erba" all’interno della Camera. Ma qualcuno si è mai accorto che il proibizionismo non riguarda il problema della tossicodipendenza e del disagio di tanti giovani ed anzi nemmeno lo sfiora da vicino? Nei tanti anni di lavoro volontario presso centri di recupero per tossicodipendenti ho sentito storie di ogni genere e conosciuto persone di tutti i tipi e di diverse estrazioni sociali; ho gioito per recuperi che sembravano impossibili e pianto persone che non ce l’hanno fatta; ho partecipato al dibattito sul metadone ed assisitito al boom della cocaina prima ed a quello delle nuove droghe sintetiche poi. Una sola cosa non ho mai visto e di certo non vedrò mai: qualcuno che abbia smesso perchè la droga è proibita. Ma cosa volete che importi a che decide di trasgredire o a chi è così disperato da rischiare la vita infilandosi un ago nelle vene della minaccia di una sanzione amministrativa, del ritiro della patente o magari anche dell’arresto? E poi siamo davvero sicuri che la droga sia proibita?
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