E ora chi lo va a dire ad Agostino Saccà? Per archiviare il procedimento contro il presidente del consiglio e l'ex manager di Rai Fiction, la Procura di Roma è stata costretta a smentire le affermazioni, la filosofia e la stessa ragione di vita del suo indagato. Uno dei pilastri sul quale poggia l'atto che chiede il proscioglimento per Berlusconi e per il manager Rai è infatti la mancanza della qualifica di "incaricato di pubblico servizio" per Saccà (l'altra è la mancanza della prova dello scambio, del do ut des, tra il manager e il premier). Per i pm di Roma Saccà non può essere corrotto, né da Berlusconi né da altri, perché la fiction Rai, il suo regno incontrastato fino al dicembre scorso, non è vero servizio pubblico. Esattamente il contrario di quello che il manager diceva in ogni conferenza stampa o intervista. Quando c'era da presentare l'ennesima soap sull'anoressia o sul a mafia, quando c'erano da difendere gli investimenti miliardari per produrre serie dalla durata sterminata, il manager Rai ha sempre detto con orgoglio: «Questo è il servizio pubblico». Siamo noi, spiegava Saccà ai giornalisti, che abbiamo raccontato agli italiani il romanzo popolare del '900. Siamo noi che abbiamo affrontato le vicende spinose della Seconda guerra mondiale e la storia dei Corleonesi. Saccà rivendicava con fierezza il suo ruolo di civil servant. Proprio quello che i pm romani gli hanno tolto per salvare lui e il premier.
PUBBLICO O PRIVATO?
Se la Rai con i suoi sceneggiati facesse servizio pubblico, Saccà sarebbe un incaricato di pubblico servizio soggetto (in caso) ai reati di corruzione e concussione. Per questa ragione i pm per prosciogliere Berlusconi e Saccà sono costretti a "degradare" la sua attività culturale.
Continua ...
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/cosi-hanno-salvato-il-cavaliere/2069093&ref=hpsp
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