lunedì 31 agosto 2009

Il «mini dossier» che accusa Boffo spedito ai vescovi

L’intestazione: riscontro a richiesta di informativa Il testo consegnato a tutti i prelati tre mesi fa
MILANO — Il suo anonimo estensore, chiunque sia, l’ha in­titolato «Riscontro a richiesta di informativa di Sua Eccellen­za»: e la prima osservazione, in effetti, è che nessun atto giudi­ziario tecnicamente definibile come tale porterebbe mai una intestazione del genere. Fatto sta che la famosa «nota» di cui tutta Italia sta parlando da tre giorni è questa qui: un foglio con 30 righe dattiloscritte in cui figurano espressioni tipo «prefato», «attenzionato», non­ché un discreto «sconcie» con la «i» a descrizione delle telefo­nate che sarebbero valse a Di­no Boffo, direttore dell’ Avveni­re , quei 516 euro di ammenda patteggiati nel 2004 davanti al tribunale di Terni. La prima notizia di cui si è avuta definitiva conferma ieri è che quel foglio, appunto, non è un atto giudiziario ben­sì una lettera anonima. La se­conda è che si tratta dello stes­so foglio che praticamente tut­ti i vescovi d’Italia avevano ri­cevuto per posta, insieme con la fotocopia assai più stringata dell’effettivo decreto di patteg­giamento, addirittura tre mesi fa: e che tutti quanti, a suo tempo, avevano buttato nel ce­stino. A questo proposito può vale­re per tutte la dichiarazione ri­lasciata sabato da monsignor Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze a sua volta citato nel foglio in questione: «Quanto ai fogli anonimi che circolano in questi giorni, assurti al rango di 'informativa', li ho sempre ritenuti degni del cestino della spazzatura, quella spazzatura da cui provengono e devono tornare». Riassumiamo. Siamo a fine maggio. Anche se il caso «Berlusconi-Noemi», in quel periodo, si è già trasfor­mato ormai da settimane nel­l ’assai più ampio caso «Berlusconi+altre» lo scontro con Avvenire sulla morale del premier è ancora ben al di là da venire: gli interventi del di­rettore Dino Boffo sull’argo­mento, infatti, prendono il via solo il mese scorso. Eppure è già allora, tre mesi fa appunto, che sulle scrivanie delle curie italiane arrivano due fogli A4 spillati insieme e spediti da non si sa chi. Uno è la fotocopia di un ve­ro certificato del casellario giu­diziale di Terni (GUARDA) . Vi si leggono solo gli estremi di un decreto penale che il 9 agosto 2004 con­dannava Dino Boffo alla «am­menda di 516 euro» per il «rea­to di molestia alle persone commesso in Terni nel genna­io 2002»: nessun dettaglio ulte­riore. Il secondo foglio (GUARDA) è quello di cui si diceva in principio. Chi lo scrive non lo intesta né a un giudice né a un pm, ma appun­to a una fantomatica «Eccellen­za » che gliene avrebbe fatto «ri­chiesta »: ora è vero che questo è il titolo dei vescovi ma è an­che quello, per esempio, dei prefetti. E il linguaggio del do­cumento non assomiglia per niente a chi si intende di cose di Chiesa.
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