Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è sicuramente di altra stoffa rispetto al suo predecessore. Una cosa, prima di ogni altra, lo differenzia da George Bush: quella di essere stato eletto. Infatti, nell'euforia della appena terminata campagna elettorale e, nell'evidente esagerazione delle sue fantasmagoriche qualità democratiche, tutti hanno dimenticato che nel 2000 si verificò negli Stati Uniti qualcosa di molto simile a un colpo di stato. Nel quale un presidente legittimo — Al Gore, che stava vincendo, perfino in quella Florida dove la campagna elettorale era stata distorta da chiarissime irregolarità — venne detronizzato dalla decisione a maggioranza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che interruppe la riconta dei voti e assegnò la vittoria al perdente. Poi il silenzio cadde sull'intera vicenda e il mondo intero andò nella direzione in cui volevano che andasse gli organizzatori di quel colpo di stato, cioè in guerra. Tutti, ora, abbiamo misurato il disastro che quel gruppo di avventurieri provocò. E Obama eredita un paese in piena crisi, politica, prima ancora che economica e finanziaria. Una crisi che non ha precedenti, per gravità, nell'intera storia degli Stati Uniti d'America, a partire dalla sanguionosa, ma lontana, guerra civile.
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