Le chiamano missioni umanitarie. Impegnano attualmente il nostro Paese in alcune aree del mondo, tra cui il Libano, la Libia, il Kosovo e l’Afghanistan. 29 missioni internazionali in 21 Paesi diversi con un dispiegamento di 7.165 militari nel primo semestre di quest’anno e un costo che ha già superato il miliardo e mezzo di euro all’anno. La maggioranza degli italiani, circa l’80%, si dice contraria a interventi militari, eppure l’Italia è impegnata fino al collo in malcelate operazioni di pace. In primis in Libia, a un passo da casa nostra, dove tra valzer diplomatici e accordi traditi, il nostro Paese bombarda “a buon fine”, come hanno recentemente fatto sapere dalla Nato. Ma nessuno ha il coraggio di chiamarla guerra.
I costi del conflitto
Il 6 maggio il ministro Frattini annunciava che la guerra di Libia sarebbe durata poche settimane, anzi, sarebbe finita ottimisticamente in pochi giorni. Dopo più di un mese nessuna tregua. Proprio mentre il Congresso chiede a Obama una giustificazione sull’intervento americano in Libia, la cui prosecuzione fino a settembre sottrarrà alle casse statunitensi oltre un miliardo di dollari, si fa insistente la voce di un attacco di terra da parte degli Usa previsto per ottobre, secondo un’informazione divulgata da Infowars.com. Non sembrano profilarsi all’orizzonte motivi per pensare che la guerra finirà a breve. Intanto l’Italia bombarda Tripoli più degli altri Paesi impegnati nella missione, con i Tornado dell’Aereonautica e gli AV-8B Plus della Marina. Non si tratta di semplici interventi di ricognizione o esplorazione, ma di veri e propri attacchicondotti nell’ambito della coalizione. Circa il 30%, in nome della Nato.
Continua ...
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