ROMA - British Telecom avrebbe monitorato e registrato per mesi le abitudini di migliaia di utenti del web, per confezionare pacchetti pubblicitari personalizzati. E le associazioni per la tutela della privacy stanno affilando le armi per dichiarare guerra al colosso della telefonia, non nuovo ad accuse di questo tipo. La cosiddetta "behavioral advertising", ovvero la "pubblicità comportamentale", è l'ultima, discussa, frontiera del marketing. Un modo per rendere le campagne nettamente più efficienti e remunerative. Ma anche più invasive. C'è chi sostiene che con questo strumento i provider possano mettersi in tasca la bella cifra di 112 milioni di euro in più l'anno. In particolare BT, all'insaputa di circa trentamila abbonati Adsl, tra il 2006 e il 2007, con il sistema Phorm, avrebbe controllato il traffico online per confezionare pacchetti pubblicitari personalizzati. Ma, nodo fondamentale, gli utenti coinvolti, non erano stati avvertiti. "Il coinvolgimento diretto degli utenti avrebbe potuto influenzare il test", è stata la difesa da parte dell'azienda. "E' contro la legge. Aspettiamo di vedere quale sarà l'azione legale", è stata la replica di Richard Clayton, professore dell'università di Cambridge, nonché esperto di privacy nel settore informatica e telecomunicazioni e sviluppatore di software.
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