«Sono stupefatto che si continui ad insistere sulla pazienza mentre i nostri fratelli e le nostre sorelle palestinesi sono crocifissi. La pazienza è una virtù nella quale io credo. Ma non c’è alcuna virtù nell’essere pazienti con la sofferenza degli altri», dice. E poi aggiunge: «Tengo ugualmente a ricordare ai miei fratelli e sorelle israeliani che, anche se hanno lo scudo protettore degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza, nessun atto di intimidazione cambierà la Risoluzione 181, adottata 61 anni fa, che invita alla creazione di due Stati.» Parole del presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, Miguel D'Escoto Brockmann . Il linguaggio del politico di oggi riflette ancora quello del prete di ieri. D’Escoto, un nicaraguense nato a Los Angeles nel 1933, era infatti uno dei più eminenti sacerdoti che aderirono alla teologia della liberazione e al movimento sandinista, prima di essere sospeso “a divinis” da Giovanni Paolo II, su istanza del suo allora braccio destro Joseph Ratzinger. Oggi come allora, D’Escoto porta nelle istituzioni parole di fratellanza universale e temi radicali. Una piccola riscossa su Ratzinger, poter essere investito di un’autorità che - fra gli uomini - ha un’estensione formale più vasta di quella di Benedetto XVI. Le parole sono sopravvissute alla scomunica. La sua persona è scampata perfino a un tentativo di avvelenamento della CIA. La sua attuale denuncia delle condizioni dei palestinesi dovrà sopravvivere agli attacchi in stile maccartista della Anti-Defamation League e – all’opposto, al silenzio dei media che ha avvolto queste dichiarazioni.L’occasione del pronunciamento era il rapporto del Segretario generale Ban Ki-moon sulla situazione in Palestina, esaminato il 24 e 25 novembre 2008 dall’Assemblea generale dell’ONU.
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