domenica 21 settembre 2008

Se la professione diventa una colpa - di ILVO DIAMANTI

Sembra lontano il tempo in cui il lavoro e la professione costituivano il riferimento principale dell'identità, rivendicato con orgoglio. Scolpito nella biografia, di generazione in generazione. Intere zone del Veneto, dove risiedo, sono affollate da famiglie che di cognome fanno Tessaro e Lanaro, eredità della tradizione tessile. Vocazioni produttive tradotte nella (carta di) identità. Dirsi operai e, di più, metalmeccanici, negli anni Settanta; oppure, nei decenni seguenti, imprenditori e artigiani, e non più "padroni": era un segno di appartenenza collettiva e personale. Per altro verso, alcune importanti figure pubbliche vengono riconosciute, nel linguaggio comune, attraverso un riferimento professionale. Senza bisogno di "nominarle". L'Avvocato, il Professore, l'Ingegnere, il Contadino. Più di recente, l'orizzonte del mercato del lavoro è stato punteggiato dalle nuove professioni espresse dalla new economy. Consulenti finanziari, broker, esperti di comunicazione, maghi della rete e dell'informatica. Nuovi miti di successo - e dell'ascesa sociale. Quest'epoca sembra finita, in modo rapido quanto irreversibile. Il lavoro e le professioni, oggi, stentano a definire l'identità privata e sociale delle persone. Semmai servono, al contrario, come bersagli della pubblica indignazione.
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http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/alitalia-29/diamanti-mappe/diamanti-mappe.html

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