giovedì 30 settembre 2010

Corruzione, la grande beffa

Ufficialmente oggi in Italia ci sono meno di cento imputati per mazzette, contro i duemila di 15 anni fa. Tutti diventati onesti? Macchè, è l'effetto delle leggi che hanno cancellato i reati. Ed ecco i dati veri.

Febbraio 1992: Mario Chiesa, politico socialista di livello comunale, viene arrestato a Milano mentre intasca una tangente di 7 milioni di lire. In carcere confessa. Fa arrestare otto imprenditori da lui favoriti. Che vuotano il sacco. Comincia Mani Pulite. Febbraio 2010. Milko Pennisi, politico berlusconiano di livello comunale, finisce in manette sotto Palazzo Marino mentre incassa una mazzetta di 5 mila euro. In banca è pieno di liquido. I pm interrogano una decina di imprenditori da lui favoriti. Nessuno parla. E Pennisi patteggia ammettendo quell'unica bustarella.Secondo flash. Il gruppo Eni, che fu travolto da Mani Pulite, è di nuovo sotto inchiesta per presunte maxi-tangenti versate in Nigeria per gas e petrolio. Negli Usa il colosso italiano patteggia, versando 365 milioni di dollari. In Italia rischia al massimo una multa da mezzo milione: manca solo il timbro finale della Cassazione.La corruzione ha vinto. Nel 2008 in tutta Italia sono diventate esecutive solo 255 condanne per mazzette, come rivelano i dati ottenuti da "L'espresso": un bilancio da paese normale, quasi immune dal malaffare. Invece, diciotto anni dopo Tangentopoli, l'Italia continua a restare in coda a tutte le nazioni civili nelle classifiche sulla legalità: Transparency, l'organizzazione internazionale che misura la "corruzione percepita", ci colloca al 63esimo posto nel mondo, allo stesso livello dell'Arabia Saudita. Ci battono, e di molto, tutti gli Stati occidentali (scandinavi, europei e anglosassoni), ma anche paesi africani come il Botswana e paradisi offshore come Hong Kong o l'ormai celebre isola di Saint Lucia. Le inchieste di Mani Pulite sembravano aver abbattuto il sistema delle tangenti: tra il '92 e il '93 solo a Milano si aprivano in media cinque indagini al giorno per corruzione. Ora, però, una serie di dati raccolti per la prima volta da "L'Espresso" documentano che il periodo di massiccia emersione degli scandali, con imprenditori e politici in coda per confessare, è durato in realtà poco più di un anno. Già dal '94 le inchieste e le denunce si sono ridotte a meno di un quarto. Che Tangentopoli non fosse un'invenzione dei magistrati, lo provano i risultati (parziali) dei primi dieci anni di processi del pool milanese: 1.408 condannati per concussione, corruzione, finanziamento illecito dei partiti e falso in bilancio. Ma da allora in poi, come mostrano i dati finora inediti, il numero degli indagati e dei condannati si è sempre più assottigliato. Un calo continuo, che si è accentuato in tre anni chiave (1997, 2002, 2005), in coincidenza con le più criticate leggi che hanno cambiato il codice penale e le regole dei processi. Oggi nel nostro Paese la lotta all'illegalità è ai minimi storici: sempre meno denunce, sempre meno condanne. L'effetto finale è una gigantesca bolla d'impunità. Che gonfia i costi dell'Azienda Italia, complicando l'uscita dalla crisi. E preoccupa le autorità internazionali, al punto da farci rischiare sanzioni dall'Ocse. Mentre il problema più grave, secondo gli esperti, è che una corruzione così pervasiva e vincente favorisce anche l'assalto mafioso all'economia. Continua ...

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/corruzione-la-grande-beffa/2135328

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