domenica 30 marzo 2008

Quando la religione è la consacrazione del futile e la sublimazione del superfluo.

L'etimologia di religione mi induce ad una riflessione e ad un giudizio morale sulle forme di potere che incarnano questo termine così immanente ed ingerente nel vivere quotidiano, anche attraverso quotidiani di proprietà.Religione deriva infatti da religàre, cioè legare insieme, il che può essere riferito sia all'atto del vincolare l'uomo alla divinità, sia all'unione di un gruppo di persone sotto l'egida di un sistema normativo così rigido dal divenire un vero e proprio culto a livelli differenziati d'integralismo.Quindi, dal neutro punto di vista etimologico, la religione sembrerebbe cosa buona e giusta, in quanto è un qualcosa d'imprescindibile nella necessità della natura quello d'avere un sistema di leggi comuni finalizzate alla regolamentazione dei rapporti sociali. Ed è anche apodittico che, in un essere dotato di coscienza come dovrebbe essere l'uomo, vi sia l'epifania del peso di questa caratteristica nella talvolta esasperata ricerca di qualcosa che vada al di là dell'apparenza strettamente materiale del mondo in cui costui si ritrova, suo malgrado, a vivere. Infatti, senza i grandi interrogativi metafisici ed ontologici sulla natura dell'esistenza, cioè su quello che potremmo definire il divino in senso lato, l'evoluzione del pensiero umano sarebbe stata castrata e non avrebbe raggiunto il livello di speculazione filosofica necessaria per la progettazione di "macchine pensanti" quali sono a tutti gli effetti i computer. [Nota: pensante è diverso da cosciente] Continua ... http://oknotizie.alice.it/go.php?us=5801005880c82b4f

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