Si ricomincia dai tumulti, come sette anni fa a Genova per il G8. Certo a Chiaiano non si riuniscono i Grandi, la guerra è su una discarica. E tuttavia sembra destino ineluttabile del Cavaliere impattare da subito, appena riconquistatato Palazzo Chigi, con la protesta di piazza. Corsi e ricorsi. Logico che il premier, a Porto Rotondo in cerca di relax, guardi con qualche apprensione ai fatti di Napoli. Segue ora per ora la piega degli eventi, informato dal portavoce Bonaiuti. Non cambia idea: Berlusconi resta convinto che l’inflessibile fermezza sia senza alternative. Ha telefonato a Maroni per dirgli di andare avanti (così filtra dal Viminale che mette le mani avanti, casomai dovesse finir male).
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Chi è contro il manganello sta ai margini del Parlamento o addirittura fuori. A sinistra come a destra. E con gli stessi argomenti. «Le botte alla popolazione campana sono un pessimo segnale»: l’ha detto per caso l’ex ministro bertinottiano Ferrero? No, è un commento di Storace. E chi si è incontrata con i centri sociali, battendosi per far scarcerare i dimostranti? La Mussolini. Sgobio, del Pdci, invoca l’intervento dell’Unione europea, considerata forza d’opposizione al Cavaliere. La Palermi grida «vergogna!» all’indirizzo del governo. E Migliore denuncia «il silenzio sulle violenze della polizia», quasi a evocare i fantasmi della scuola Diaz.
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