giovedì 18 settembre 2008

Su Clementina Forleo e Luigi de Magistris e' calato il silenzio totale.

Eppure ciò che sta accadendo in questi giorni non ha precedenti nella storia repubblicana. In questi mesi e in queste settimane, e prima ancora che il Csm decidesse (il 22 luglio scorso) di trasferire da Milano il gip Clementina Forleo con la fantasiosa motivazione della “incompatibilità ambientale”, la procura e l’ufficio gip di Milano hanno fatto di tutto per fare “melina” sulla storiaccia delle scalate Unipol-Bnl-Antonveneta-Rcs: in pratica, hanno preso tempo e non hanno iscritto sul registro degli indagati (come potevano fare) il senatore Nicola Latorre.Invece di fare ciò che potevano (e forse dovevano) fare, quegli stessi magistrati hanno solo dato a vedere di volerlo fare con urgenza.E così, con una sottigliezza degna di un gesuita del Seicento, hanno scippato il caso delle scalate bancarie dalle mani del gip Forleo, che era ed è (visto che il trasferimento non è ancora scattato) il giudice competente.La vicenda è gravissima, ripetiamolo, non soltanto perché è stato scippato un caso al giudice che lo stava trattando, ma soprattutto perché dimostra che davanti alla legge non tutti sono uguali e che invece ci sono soggetti, come scrive George Orwell, più uguali degli altri.Vediamo come sono andate le cose, mettendo assieme date e documenti.Dopo la nota ordinanza del gip Forleo (quella dei “complici e non semplici tifosi”) sull’operazione Unipol-Bnl-Antonveneta-Rcs, la Camera dei deputati aveva dato il nulla osta all’iscrizione dei parlamentari sul registro degli indagati, affermando che non era necessaria l’autorizzazione del Parlamento.Restava da decidere solo il caso di Latorre, per il quale si doveva esprimere la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato.Nella sua ultima seduta del 22 gennaio 2008, la Giunta propone al Senato di restituire gli atti all’autorità giudiziaria perché – sostiene la Giunta - la questione rientra nell’ambito di applicazione del terzo comma dell’articolo 68 della Costituzione.In altri termini – questo è il senso della decisione della Giunta –, poiché in questo caso non si sta chiedendo di intercettare un parlamentare, ma di utilizzare le sue conversazioni con altri indagati in quanto si ritiene di poter ricavare a carico di quel parlamentare elementi utili all’indagine, quel parlamentare può essere iscritto sul registro degli indagati.
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