NAPOLI - Giorgio Nugnes era agli arresti domiciliari dal 6 ottobre scorso per un'inchiesta legata alla rivolta del quartiere di Pianura contro l'apertura di una discarica. Ma c'era un'altra indagine che lo terrorizzava: il presunto coinvolgimento in una storia di appalti in odore di camorra. Un coinvolgimento probabilmente marginale, ma che gli faceva temere di essere trascinato in uno scandalo. Due giorni prima di morire, giovedì scorso, Giorgio Nugnes telefona in redazione per chiedere un appuntamento. "Ho bisogno di parlare". Chiama dalla sede della Regione Campania a Santa Lucia. Avrà incontrato qualcuno del suo partito, il Pd. Ha fretta. "Meglio subito, c'è qualcosa di grave". Facile pensare a un'intervista per accusare, rivelare, denunciare: precipitato nell'inchiesta sui disordini di Pianura, chissà quante cose avrà subito, magari il gelo del partito, e vuole raccontare. L'incontro è fissato alle 16.15, in un bar di piazza dei Martiri. Arriva in anticipo. Irriconoscibile, "sto male, come vuole che stia?", capelli ormai bianchi, più magro, un po' curvo, gli occhi segnati e spenti dai pensieri. Assessore del Pd al Comune di Napoli, ex Margherita, Pianura è la sua roccaforte elettorale. A gennaio seguiva con il sindaco Iervolino gli incontri per la discarica nel quartiere. Era l'ufficiale di collegamento tra la giunta e Pianura. Ma vennero captate sue telefonate in cui avvertiva i capi della rivolta che erano in arrivo i blindati della polizia, "che vanno bloccati". Il 6 ottobre vengono arrestati politici e ultrà del Napoli calcio. Nugnes va ai domiciliari per "concorso in devastazione", si autosospende da assessore, quindi si dimette. Riappare adesso, giovedì 27, al bar di piazza dei Martiri. Parte da lontano. "Ho riletto la rassegna stampa di Pianura, voi giornalisti stavate dentro le cose". Giri di parole, poi arriva al dunque: "C'è una cosa che non mi quadra. Ho fatto cinque telefonate quella notte di gennaio. Nei verbali ne manca una, quella a una giornalista".
Si tenta di spiegargli che quella telefonata non è inerente l'inchiesta ed è stata esclusa. Insiste: "Vuol dire molto, invece, io telefonavo per dare la notizia. A lei come agli altri". Si obietta: non è lo stesso, informare una cronista o i capi della rivolta perché sbarrino la strada alla polizia. Ma Nugnes non ha chiesto l'appuntamento per parlare. Solo per sapere. Si capisce quando gli diciamo: "Se erano intercettati i cellulari dei capi della rivolta, è ovvio che non sia stata captata la telefonata con la giornalista". Reagisce. "Eh no, intercettato ero io. Prima di Pianura". C'è un'altra inchiesta, quindi? "Appunto". Sicuro? "Sicuro?". Una delle tante sul Comune? Lungo silenzio.
Continua ...
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/rifiuti-campania/incubo-casalesi/incubo-casalesi.html
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