giovedì 18 giugno 2009

Non siamo in Iran. Siamo in Italia. Censura.

Centinaia di manifestanti in strada chiedono democrazia e trasparenza; contestano il despota ciarlatano. Egli si rifugia sull'elicottero presidenziale e si barrica in una blindatissima caserma attorniato da pochi fedeli "pasdaran". Alcuni dissidenti vengono fermati e schedati. La tv di stato ignora gli avvenimenti ed oscura la protesta. Non è l'Iran, è successo ieri a L'Aquila. Da Teheran almeno qualche immagine dei dissidenti trapela. Uno slalom tra giornalisti e contestatori. La 14esima visita di Silvio Berlusconi all'Aquila, dopo il terremoto del 6 aprile scorso, somiglia a una corsa a ostacoli. Il programma ufficiale prevede che dall'aeroporto Berlusconi vada alle piattaforme antisismiche sulle quali saranno costruiti gli edifici della "città nuova". Ma arriva subito il cambio di programma: il premier sorvolerà le piattaforme compiendo una ricognizione dall'alto. Intanto all'esterno della caserma della Guardia di Finanza di Coppito, dove il presidente del Consiglio deve incontrare imprenditori ed esponenti del centrodestra locale, si radunano alcuni sfollati e gli operai della Transcom, gli stessi che avevano manifestato ieri a Roma a Montecitorio e a Palazzo Grazioli. Ma Berlusconi "dribbla" i dimostranti che chiedono una ricostruzione partecipata e trasparente. Il premier, infatti, arriva in caserma direttamente in elicottero. A Schio, invece, nel corso di un comizio, il leader della Lega, a modo suo, prende le difese del presidente del consiglio sul nuovo filone di indagini a Bari: «Non credo riesca ad andare con tutte le donne che gli attribuiscono», osserva. Pausa. «Forse se fosse iscritto alla Lega... ce l'avrebbe duro», prosegue già abbondantemente oltre il confine del grottesco: «Non diciamoglielo altrimenti ci chiede la tessera», prosegue la sua presa in giro. PS - "Si, anche Umberto Bossi è un ministro della Repubblica italiana".
http://www.ilblobber.com/2009/06/non-siamo-in-iran-siamo-in-italia.html

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