venerdì 3 luglio 2009

I compagni di merende - di MASSIMO GIANNINI

ABBASSARE i toni, chiede il presidente della Corte Francesco Amirante. Come se la cena fra due giudici costituzionali, il capo del governo e il suo guardasigilli fosse una questione di fair play privato e di bon ton istituzionale, e non invece uno scandalo e una vergogna morale. Cos'altro deve accadere, perché si percepisca l'abisso etico-politico in cui il berlusconismo ha precipitato questo paese, riproducendo per partenogenesi le forme di un conflitto di interessi sempre più endemico, pervasivo, totalizzante? Cos'altro deve accadere, perché si comprenda l'imbarbarimento giuridico-normativo in cui il berlusconismo ha trascinato lo Stato di diritto, trasformandone i "servitori" irreprensibili in co-autori irresponsabili delle sue leggi ad personam? Le parole dei due giudici coinvolti nel caso si commentano da sole. A colpire, nell'eloquio di Luigi Mazzella e di Paolo Maria Napolitano, non è solo la corriva complicità di chi detta per lettera un "caro Silvio, siamo oggetto di barbarie", né la banale volgarità di chi obietta "a casa mia invito chi voglio". Un frasario da "compagni di merende", più che da principi del foro, che nessuna frequentazione presente o passata (per rapporti privati di amicizia o relazioni pubbliche d'ufficio) potrebbe oggi giustificare. Ma quello che inquieta e indigna è la condivisione di un format ideologico caro al presidente del Consiglio, che rovescia sugli avversari la sua visione illiberale e autoritaria del potere. "Un nuovo totalitarismo" che "malauguratamente dovesse privarci delle nostre libertà personali": ne scrive Mazzella, e sembra di sentire l'ennesimo comizio assurdamente resistenziale del Cavaliere. "Siamo vittime di un tentativo di intimidazione": ne sragiona Napolitano, e pare di ascoltare l'ennesima giaculatoria falsamente vittimistica del Caimano. Leggi tutto: http://www.repubblica.it/2009/06/sezioni/politica/lodo-alfano-cena-giudici/compagni-merende/compagni-merende.html

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