giovedì 5 novembre 2009

I PROTETTORI DI BERNARDO PROVENZANO

Anche via D'Amelio potrebbe essere stata fatta per riscaldare la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perche' capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si puo' dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici».C'e' da restare allibiti perche' a parlare e' il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Una “voce dal sen fuggita” la sua, oppure una cinica visione della lotta alla mafia che nel «salvare la vita a molti politici», come dice lo stesso Grasso, accetta il sacrificio di Paolo Borsellino e di cinque uomini e una donna della sua scorta?Il dato di fatto e' che anche il massimo responsabile del contrasto a Cosa Nostra ammette, senza turbamenti, che una trattativa tra Stato e la mafia ci sia stata e sia cominciata non dopo, ma addirittura tra le due piu' grandi stragi di mafia degli anni Novanta: tra il massacro di Giovanni Falcone e l'eccidio di via D'Amelio. E questo se da un lato dimostra che tranne che per la liberazione di Aldo Moro, lo Stato ha sempre scelto la scorciatoia della trattativa con le sue controparti, siano esse composte da camorristi (vedi affare Cirillo), mafiosi, insorti iracheni o talebani, dall'altro inguaia in maniera irrimediabile quello che a lungo e' stato considerato un baluardo contro Cosa nostra: il Ros dei carabinieri, lo speciale reparto di cui il generale Mario Mori e' stato a lungo una figura di primo piano.Dopo l'assoluzione dello stesso Mori e della figura un po' patetica del tenente colonnello Sergio De Caprio, il “mitico” “capitano Ultimo”, dall'accusa di non aver perquisito in tempo il covo palermitano di Toto' Riina - che oggi sappiamo non essere stato catturato dai carabinieri, ma consegnato da Bernardo Provenzano - oggi Mori e' imputato, assieme ad un suo fedelissimo, il colonnello Mauro Obinu, in un altro processo. Un processo ignorato dalla stampa, ma strettamente connesso all'altro e che riguarda un'ulteriore, diciamo cosi', manchevolezza: la mancata cattura del capo di Cosa nostra. Bernardo Provenzano, appunto.
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http://www.lavocedellevoci.it/news1.php?id=119

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