giovedì 1 dicembre 2011

Sanzioni all’Iran : imprese italiane, ‘penalizzano l’Europa, non l’Iran e sono a favore di Cina e Russia’


Sanzioni all’Iran : imprese italiane, ‘penalizzano l’Europa, non l’Iran e sono a favore di Cina e Russia’
TEHERAN - «Le sanzioni? Sono contro l'Europa, non contro l'Iran. E aiutano la Russia e la Cina». A parlare è Franco Fabricio, 'branch manager' a Teheran per la Seli, società con sede a Roma che costruisce gallerie in tutto il mondo, ha lavorato alla linea B della metropolitana romana e ora lo fa per due lotti di quella della capitale iraniana.
Ma per effetto delle restrizioni nelle operazioni finanziarie connesse alle sanzioni già in atto contro Teheran, la riscossione dei pagamenti si rende ogni giorno più difficile. E soprattutto, per gli stessi motivi, «abbiamo perso il progetto per la metropolitana di Mashad - sottolinea Fabricio - e quello per l'autostrada per il Caspio già firmato 2-3 anni fà. E ora ci sarebbero altri quattro progetti che però non potremo firmare, e su cui gli iraniani stanno trattando con i cinesi». Tutto in seguito appunto alle sanzioni del 2010, che già hanno reso di fatto impossibili gli accordi interbancari per le lettere di credito e i pagamenti. A spanne, calcola il manager di origine friulana, con quei sei progetti mancati sono sfumati qualcosa come 750 milioni di euro a tutto vantaggio della concorrenza asiatica. Come sono sfumati i relativi posti di lavoro potenziali in Italia, visto che la Seli, prima ancora di dirigere i lavori in loco, costruisce ad Aprilia scavatrici d'avanguardia che sembrano navicelle aereospaziali, e conta 450 dipendenti italiani. Il 'book' della Seli, fondata nel 1950 da Carlo Grandori, è una sorta di manuale di geografia: i progetti in corso sono quelli per il passante di Firenze, la metro B di Roma e quelle di Copenaghen e Salonicco. E poi ci sono gallerie in Turchia, Hong Kong, Malesia, India, Cile, Panama e Venezuela. E anche Teheran, appunto, con la linea 7 della metropolitana. «E altri lavori in Iran dovrebbero partire ora - dice ancora Fabricio - Come quello nella regione di Rafjansan per irrigare 450 coltivazioni di pistacchi, con la costruzione di un tunnel da 56 chilometri, per 200 milioni di euro». Si tratta di opere civili se non addirittura «umanitarie», osserva, nulla insomma che debba cadere sotto la scure delle sanzioni per il controverso programma nucleare di Teheran. «Siamo una piccola azienda - rileva - ma dal 2002 ad oggi abbiamo lavorato molto in questo Paese. L'Iran ha un grande bisogno di progetti, c'è un enorme potenziale». Ma senza gli strumenti finanziari è appunto impossibile farsi carico di nuovi contratti. «Ed è un peccato aver lavorato tanto per costruire un mercato - osserva - e poi vederselo sgretolare cosi tra le manì». E per sanzioni, ribadisce, destinate a non centrare l'obiettivo. «Il petrolio l'Iran lo venderà all'India e alla Cina, che lo compra in cambio di progetti - conclude - mentre la Russia verrà a costruire gallerie e ferrovie».
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