lunedì 30 dicembre 2013

Il cyber racket dell’estorsione online: il virus che ti chiede soldi

Il cyber racket dell’estorsione online: il virus che ti chiede soldi
Si chiama Cryptolocker: il virus entra nel tuo pc, lo blocca e poi ti chiede una somma di denaro per il riscatto: ecco come difendersi.    “Se stai leggendo questo testo, significa che tutti i tuoi file sono stati bloccati”. È questo il messaggio che appare sul pc del malcapitato utente infetto da “Cryptolocker”, il virus che sta facendo il giro del mondo e che, di recente, è sbarcato anche in Italia. L’accesso a tutti i file (word, fogli di calcolo, immagini, programmi, ecc.) risulta impedito e in ogni cartella compare solo un testo in cui si spiega come sbloccare il computer: pagare un riscatto di 200 euro circa. Dopo aver versato la somma, il criminale informatico provvede a sbloccare, in remoto, il pc della vittima.   Una corsa contro il tempo: il pirata informatico stabilisce una deadline, un tempo di scadenza entro cui pagare il riscatto. Se entro il giorno e l’ora indicata non avviene alcun versamento, il computer è ormai irrimediabilmente compromesso.   Cryptolocker è un ransomware, ossia un malware [1]: esegue una cifratura dei file, che possono essere sbloccati solo attraverso una chiave crittografica.   La minaccia informatica si sta diffondendo a macchia d’olio. In Italia i dati ufficiali degli utenti infetti non ricalcano quelli effettivi: la gente, piuttosto che rischiare la completa perdita dei dati, preferisce pagare subito senza informare le autorità. La denuncia non viene vista come una soluzione, per via delle lungaggini burocratiche e dello scetticismo nella capacità, da parte delle Forze dell’Ordine, di risolvere il problema. Così non si ha contezza di quanto sia davvero diffuso il virus nel nostro Paese. Certo è che, nel resto del mondo, Crypyolocker è diventato un serio problema per tutti gli utenti, piccoli e grandi. In Inghilterra sono migliaia le persone che hanno subito questo tipo di “infezione”.   Di virus simili negli ultimi tempi se ne sono visti parecchi, ma agivano in maniera differente: spesso utilizzavano loghi e strutture di enti pubblici. Famosi quelli “Polizia di Stato“, “Guardia di Finanza“, “Polizia Postale” e altri che contestavano un reato informatico alla vittima, bloccando l’accesso al computer e promettendo lo sblocco attraverso il pagamento di una sanzione amministrativa (in realtà una truffa).
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