venerdì 27 gennaio 2012

Hanno rovinato l’Italia e li fanno ancora parlare


Hanno rovinato l’Italia e li fanno ancora parlare
Lui, il principale responsabile del disastro italiano, Silvio Berlusconi, soltanto qualche giorno fa ha avuto il coraggio di affermare: “È cambiato il governo ma le cose non sono migliorate. Mi aspetto che mi richiamino”. Il suo omologo Umberto Bossi gli ha intimato di dare la sfiducia ad un “governo infame”, senza provare nemmeno un po’ di vergogna per il cumulo di nefandezze compiute in dieci anni di governo e undici di dissennata alleanza.
Come se non bastasse tutto questo spettacolo indecente, i loro fogli, “Libero” e “Il Giornale”, quotidianamente sparano a zero sui provvedimento economici del governo Monti, come se l’ex presidente della Bocconi fosse a palazzo Chigi da venti anni e si portasse appresso la responsabilità delle disastrose politiche economiche che hanno gettato sul lastrico la maggior parte della popolazione italiana.
Naturalmente, la realtà è esattamente il contrario di quella disegnata da queste fonti inattendibili e dal giornalismo propagandistico che le anima. Le drammatiche condizioni economiche in cui versa il nostro Paese sono da addebitare, al cento per cento, alla incapacità del governo Berlusconi e dei suoi ministri, dimostratisi molto più inetti di quanto anche la più pessimistica previsione potesse mai ipotizzare. Quando erano al governo, il differenziale fra i titoli di Stato tedeschi e italiani era arrivato a superare i 550 punti base (ora sono sotto la soglia dei 400), mentre il premier era oramai un uomo isolato e dileggiato da tutte le Cancellerie europee e mondiali.
L’attuale governo, pur con difficoltà quasi insormontabili e non sempre con equità, ha provveduto ad approvare norme sulle liberalizzazioni che finalmente potrebbero (ma il condizionale è obbligatorio) aprire il mercato dei servizi fino ad ora in mano a corporazioni medievali che decidono i prezzi da praticare e il numero degli operatori, scaricando sui consumatori la loro agiatezza economica, perlomeno quella degli anni di vacche grasse. Il centro-destra non ha fatto che coprire queste categorie – il famoso “ceto medio” affluente che ogni giorno Maurizio Belpietro difende come se fosse una razza in via di estinzione, quando la percentuale di poveri in Italia ha superato oramai la soglia del 14 per cento – mistificando poi la propria azione come una “rivoluzione liberale” propugnata dal monopolista televisivo miliardario, capo del ramo di azienda definito Pdl.
In un Paese serio, come ad esempio la Spagna dove Zapatero non si sa più nemmeno che cosa faccia, dopo che si è responsabilmente assunto le colpe della crisi economica, diverse bocche che oggi strepitano ed annaspano nelle pagliacciate parlamentari in stile leghista, rimarrebbero rigorosamente cucite, provando vergogna per la situazione prodotta dalla loro incompetenza. Ed invece Giulio Tremonti pubblica un nuovo libro di profezie, Berlusconi è continuamente intervistato, ai soldatini pagani si concedono titoli di testa e servizi televisivi, quando invece meriterebbero soltanto un lungo quanto repentino oblio politico ed una influenza pari a quella della “Sudtiroler Volkspartei”.
Per fortuna che gli elettori sembrano aver compreso la necessità di archiviare il centro-destra berlusconiano, relegandolo nei sondaggi  sempre più in basso e mostrando più fiducia nella competenza di Mario Monti. Ed ora, che il Pdl sembra volersi sfilare dalla maggioranza che sostiene l’attuale governo e puntare ad elezioni anticipate, sarebbe forse il caso che lo stesso Monti diventasse il leader di una coalizione di centro-sinistra per continuare nella sua opera di ricostruzione delle macerie di diciassette anni di berlusconismo. In questo modo, l’Italia potrebbe entrare nuovamente in un periodo di crescita, con una classe dirigente finalmente all’altezza dei complessi problemi che deve affrontare, lasciando al magnate di Arcore la frequentazione delle sue allegre olgettine e a Umberto Bossi le serate degli ossi mangiati con i membri del suo cerchio magico.

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