Ivan Strozzi è diventato amministratore unico, presidente e amministratore delegato della municipalizzata capitolina. Ma su di lui c'è un'indagine in corso da parte della Procura di Patti (Me). Lui si difende: "Agito con massima correttezza. Sono a disposizione dei pm"
Per risollevare un’azienda indebitata fino all’orlo, il sindaco di Roma Ignazio Marino ha nominato un manager di esperienza, ma indagato. Per l’Ama, la municipalizzata capitolina che si occupa di rifiuti, con oltre 7 mila dipendenti, il primo cittadino ha scelto, nei giorni scorsi, Ivan Strozzi, con il ruolo di amministratore unico, presidente e amministratore delegato insieme. Strozzi non dovrà solo rilanciare l’azienda, puntando su moralità e trasparenza, ma anche rispondere alle accuse dellaProcura di Patti in provincia di Messina.
“Abbiamo scelto una figura di rifermento in Italia come Ivan Strozzi” spiegava Marino qualche giorno fa. Il nuovo manager di Ama è, però, indagato per traffico illecito di rifiuti, inadempimento di contratti in pubbliche forniture e frode in pubbliche forniture, nella qualità di (ex) amministratore delegato di Enia, l’azienda multiservizi che operava a Parma, Reggio Emilia e Piacenza, oggi Iren. L’avviso di conclusioni indagini, che ilfattoquotidiano.it ha letto, è stato notificato agli indagati lo scorso ottobre, firmato dal procuratore capo Rosa Raffa. L’indagine coinvolge 18 persone tra manager e amministratori, i reati sono a rischio prescrizione. I fatti riguardano l’attività svolta dall’Enia a Messina e il contratto stipulato nel 2005 con l’Ato Me 1.
Il piano regionale dei rifiuti della Sicilia ha previsto, ad inizio 2000, la nascita degli ato, ambiti territoriali ottimali, che si sono rivelati un fallimento in termini di risultati, differenziata e impianti zero, con un salasso economico per la collettività. Nel 2002 a Messina viene costituito l’Ato Me 1 Spa, composto dalla provincia di Messina e 33 comuni. Nel 2004 viene bandita la gara per il servizio di raccolta dei rifiuti per 7 anni. A vincerla per un importo intorno ai 110 milioni di euro è un raggruppamento temporaneo di imprese, con capogruppo una società bolognese e tra le mandanti anche l’allora Agac di Reggio, poi Enia (ora Iren, ndr). Il raggruppamento si riunisce in una società consortile, la Nebrodi Ambiente, con lo scopo di gestire l’appalto vinto.
Legambiente, che all’argomento dedica un puntuale dossier, lo definisce un gioco di scatole cinesi. Secondo la Procura la gestione e l’esecuzione di quell’appalto ha comportato la commissione di diversi reati. Il primo è quello di traffico illecito di rifiuti che coinvolge i vertici dell’Ato e delle società vincitrici, tra questi anche Ivan Strozzi come amministratore delegato di Enia Spa. Secondo l’accusa il servizio di raccolta è stato effettuato prima dalla società consortile Nebrodi e successivamente da altre sigle, tutte sprovviste dei requisiti tecnici e legali di legge, usando mezzi di altre società, in violazione del dispositivo autorizzativo, “non avviando – si legge nel capo di imputazione – le operazioni di recupero dei rifiuti speciali che venivano conferiti presso centri comunali di raccolta privi delle autorizzazioni, conferendo presso le isole ecologiche rifiuti speciali pericolosi”.
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